Categoria: <span>coronavirus</span>

Coronavirus e salute mentale

La salute mentale riguarda lo stato di benessere emotivo e psicologico delle persone, mentre la salute in generale si riferisce alla buona qualità e durata di vita per tutti. Il rapporto stretto tra Coronavirus  e salute mentale  ha prodotto negli individui varie e molteplici  conseguenze psicologiche. L’urgenza degli interventi psicologici hanno prodotto sostanziali modifiche nei processi di cura. Nei DSM (Distretti di Salute Mentale) presenti sul territorio italiano, dove si interviene sulla psicopatologia, gli interventi psicologici si sono potenziati.  I servizi ed i singoli studi degli psicologi hanno dovuto far fronte alla fragilità emotiva dell’essere umano che ha perso l’innata capacità di preservare la condizione ottimali di efficienza a livello individuale, sociale ed economico.  Il benessere psicofisico naturale di fronte alla pandemia pare si sia squilibrato e abbia evidenziato le diverse manifestazioni di disagio  personale  o di psicopatologia fino a questo momento tenute sotto controllo e nemmeno lontanamente pensate.

Diffusione della malattia mentale

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, già nel 2019, considera  l’anno successivo 2020, un anno fortemente critico per la malattia mentale, a prescindere dallo scoppio della pandemia. Secondo la stima fatta dall’OMS, la malattia mentale, infatti, raggiunge il secondo posto tra le patologie mondiali più diffuse. Essa si è posizionata, per la forte incidenza sulla popolazione, prima delle malattie oncologiche e dopo le malattie cardiovascolari. La causa di questa ascesa è  individuata negli stressors costanti e le richieste sempre maggiori a cui la società dinamica ed esigente sottopone gli individui quotidianamente. A questo proposito, Coronavirus e salute mentale risultano strettamente interconnessi concorrendo al potenziamento della malattia mentale.

Coronavirus e salute mentale: la piattaforma disciplinare Headway 2020

A livello europeo, nell’Ottobre del 2019, è stata proposta Headway2020 una piattaforma disciplinare, apparsa nel 2017, in grado di confrontare le differenti esperienze europee nella sanità. Il confronto è realizzato dal punto di vista sanitario, ma anche dei luoghi di lavoro, delle scuole e della società più ampia, grazie all’impegno di esperti provenienti da Italia, Spagna e Polonia. Ad oggi,  la minaccia Covid-19 risulta portatrice di paura, allarmismo e caos, oltre ogni previsione. Essa ha messo fortemente a rischio la salute fisica e psichica dell’intera popolazione mondiale.  I servizi e le strutture di cura sul territorio italiano  sono risultati  invasi da molteplici problematiche presentatesi in modo inatteso. Ciò è confermato dalla diretta  esperienza vissuta nel Centro di Salute mentale dell’Aquila, della psicologa e psicoterapeuta, dottoressa Floriana De Michele. La criticità  maggiormente riconosciuta è stata  la mancanza di coordinamento all’interno dei sistemi sanitari.

Dipartimento di Salute Mentale (DSM)

Il Dipartimento di salute mentale è una strutture composta da diversi servizi che si fanno carico della domanda legata alla cura, all’assistenza e alla tutela della salute mentale nell’ambito di un territorio definito dall’Aziende Sanitarie Locali (ASL). Secondo regolamentazione, i servizi facenti parte del DSM sono basati su un modello di cura centrato sulla comunità e organizzato in base a distretti corrispondenti a diverse aree geografiche. All’interno dei DSM operano équipe multidisciplinari, composte da psichiatri, psicologi, consulenti per la riabilitazione, infermieri, terapisti occupazionali e operatori sociali. Le  équipes  sono così formate per garantire un’ampia gamma di cure che vanno dal trattamento d’emergenza alla riabilitazione a lungo termine.

Coronavirus e salute mentale: blocco delle attività

Dall’8 Marzo 2020, il blocco di tutti i servizi di cura ha riguardato le Regioni che hanno dovuto recepire i provvedimenti adottati dal governo. Si è dovuto ridurre al minimo il rischio di contagio e dovuto sviluppare piani emergenziali. Si è provveduto  alla chiusura immediata delle unità ambulatoriali meno gravi. Le strutture rimaste aperte sono state i servizi ambulatoriali urgenti come la dialisi, la chemioterapia ed alcuni servizi adibiti alla cura mentale e all’abuso di sostanze. Una delle problematiche più gravi, in questo periodo di pandemia, è stata proprio la gestione degli interventi in questi servizi. L’assenza di linee guida specifiche per gli operatori e tutto il personale sanitario, almeno inizialmente, ha reso difficoltoso l’approccio alla situazione.

Centri di Salute Mentale (CSM)

I singoli dipartimenti sono stati costretti a sviluppare dei piani d’emergenza propri e particolareggiati in pochissimo tempo. Pur di continuare ad effettuare i lavori di cura, riabilitazione o di consulenza, si sono dovute modificare al meglio l’interazione, il setting e la gestione della struttura sanitaria. Per i pazienti si è provveduto ad effettuare incontri online. I Centri di Salute Mentale sono centri di primo riferimento per i cittadini con disagio psichico. Ad essi solitamente è affidato il coordinamento in ambito territoriale di tutti gli interventi di prevenzione, di cura e di riabilitazione dei cittadini con patologie mentali. In periodo di coronavirus e salute mentale le visite sono state limitate solo a quei pazienti definiti psichiatrici gravi, bisognosi di interventi individuali a cadenza settimanale o necessitanti di un trattamento farmacologico.

L’aggiornamento delle professioni sanitarie

In questo periodo, a tutto il personale è stata richiesta una conoscenza approfondita di una parte prettamente burocratica ed amministrativa che permettesse l’assunzione di una più accurata e specifica condotta professionale. Il Ministero della Salute ha immediatamente organizzato un corso FAD tramite il suo portale per l’aggiornamento di tutte le professionalità sanitarie. I pazienti del CSM,  più di tutti gli altri, al fine di evitare ogni possibilità di contagio o infezione hanno il bisogno di saper trattare le informazioni e riflettere sull’importanza di conoscere ed eseguire alla lettera le procedure suggerite dal governo e dal Ministero della Salute. Ecco perché la buona condotta dell’operatore sanitario, è stato il maggior intervento educativo verso i pazienti.

Il piano di Emergency ONG ONLUS

Emergency ONG Onlus, attiva dal 1994 nel mondo, e dal 2006, anche in Italia, ha preparato una documentazione destinata alle figure professionali. Tale materiale illustra in modo dettagliato l’approccio migliore alla gestione delle strutture sanitarie durante l’epidemia. L’approccio in questione è nato da una revisione del piano emergenziale Ebola ed ha previsto il dover considerare tutti come possibili portatori del virus e, pertanto, tutti soggetti contagianti. Ogni struttura ospedaliera è stata considerata come un luogo di rischio e di contaminazione.  Ciò ha portato a limitare determinati servizi di cura, a compartimentare luoghi, ambienti e persone ( distanza minima di 1 metro).  Per la stessa ragione,  il materiale ha una collocazione precisa da dover rispettare, con una manovra di continua e specifica igienizzazione. Lì dove è possibile, l’utilizzo delle strumentazioni viene limitato al necessario. Tale approccio è stato adottato anche nel CSM e nelle altre locazioni adibite alla cura mentale. All’interno dei reparti sono state sviluppate delle procedure d’isolamento, in base alle condizioni architettoniche locali e funzionali.

Vigilanza sulla sintomatologia Coronavirus (Covid-19)

La vigilanza sulla sintomatologia Covid-19 è dunque aumentata ed è stato revisionato anche il meccanismo di dimissione dei pazienti più gravi. I pazienti sono stati educati ed informati al meglio sul contagio e sui rischi d’infezione. Le somministrazioni farmacologiche sono modificate. Si pone una maggiore vigilanza sull’uso degli antipsicotici, possibili responsabili di un’alterazione dei riflessi deglutitori e di depressione respiratoria. Si pone, inoltre, un’attenzione minuziosa all’assunzione congiunta di differenti medicinali. Si riducono al minimo le benzodiazepine e, dove è necessario, si usano solo quelle a emivita breve.

Esperienze internazionali

La Cina per prima ha dovuto affrontare la problematica legata alla gestione dell’emergenza Coronavirus, sia nelle persone psicologicamente sane che nella popolazione di pazienti psichiatrici, riscontrando diverse criticità, mai affrontate prima. Molti pazienti con psicopatologie, hanno avuto difficoltà a comprendere e ad aderire al distanziamento sociale e agli altri regolamenti, aumentando la probabilità di diffondere il virus. Di conseguenza, prendendo esempio dall’esperienza della sanità cinese, le altre nazioni hanno sentito la necessità di distribuire ed utilizzare in maniera più efficace le risorse a disposizione.

I centri di diagnosi e cura per i malati psichiatrici con coronavirus

Sulla scia di tali necessità appena considerate, il 25 Marzo 2020, lo Sheba Medical Centre, in Israele, ha aperto il primo servizio psichiatrico di diagnosi e cura dedicato esclusivamente ai pazienti positivi al Covid-19. Anche a Codogno è stato possibile delimitare prontamente una zona per i pazienti affetti dal virus, attrezzando una parte del SPDC, divisa dal resto della struttura da un area “cuscinetto”, adibita alla vestizione e svestizione degli operatori. Per quanto riguarda i pazienti psichiatrici meno gravi, l’accesso è stato fortemente limitato, ma le terapie non sono state arrestate. Sono state implementate le attività in videoconferenza del personale e gli incontri attraverso webcam o telefonate con i pazienti, seguendo minuziosamente l’esempio del lavoro condotto prima in Cina, che si è dimostrato valido ed efficace.

Uso della strumentazione tecnologica

Il presidente della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP), Starace, ha affermato l’estrema utilità dei servizi di cura mentale fornendo istruzioni d’uso per i DSM. Si ritiene, infatti, la valutazione del miglioramento continuo della qualità delle pratiche e delle procedure adottate, uno degli obiettivi di intervento del CSM. Seguendo quest’ottica si è promosso l’uso della strumentazione tecnologica come approccio sostitutivo al tradizionale. Conseguentemente l’uso di telecomunicazioni come possibile alternativa alle comunicazioni vis a vis, è divenuto frequente, ma le criticità presentate nelle diverse strutture, dovute alla pandemia, non sono state del tutto risolte. Basti pensare ai Centri Diurni dove solitamente il lavoro viene svolto in un gruppo durante tutto l’arco della giornata ed il rischio di addensamenti è maggiore.

Aspetti psicologici e Coronavirus (COVID-19)

Introducendo il significato di episodio ansioso acuto, con manifestazioni psicopatologiche successive alla pandemia, si può osservare come il Covid-19 abbia apportato dei cambiamenti nella psiche della popolazione in generale, e non solo nei pazienti con psicopatologie. A tal proposito, facendo riferimento alle caratteristiche d’incontrollabilità e  imprevedibilità dell’evento e di intensa stimolazione sensoriale, si può parlare di trauma.

La necessità di un supporto psicologico

Nello specifico si può parlare di trauma collettivo, dato da una catastrofe sociale e causata da un evento sociosanitario: lo scoppio imprevisto dell’epidemia. Anche persone che non hanno mai avuto necessità di un intervento terapeutico, prima della pandemia, si sono ritrovate a chiedere un supporto di natura psicologica.  La sofferenza, l’ansia, la depressione ed una serie di emozioni negative dettate dall’incertezza, dallo stress e dalla difficoltà nell’elaborazione del trauma hanno destabilizzato la comunità. Molti individui, soprattutto residenti nelle zone dell’Italia settentrionale, hanno perso familiari, amici e conoscenti a causa della malattia virale. Altri hanno perso il lavoro, a causa del lockdown e della chiusura di aziende e locali. Altri ancora sono stati costretti ad una convivenza forzata con familiari problematici o dipendenti da sostanze. Ci si è ritrovati ad affrontare una situazione mai verificatasi prima, senza avere le informazioni, le abilità e le risorse adeguate per poterla superare al meglio.

Necessità di assistenza psicologica per i malati di coronavirus

Ad oggi, andando oltre ogni genere di previsione, secondo quanto riportato dal Presidente del CNOP Lazzari, 8 italiani su 10 hanno bisogno di assistenza psicologica e viene chiesto al sistema pubblico sanitario di assicurare un sostegno per gestire al meglio la fase critica. Anche sotto questo aspetto le hotlines telefoniche si sono dimostrate il più efficace strumento di supporto e di risposta, sostitutivo all’incontro e alla consulenza tradizionali.

Attivazione del numero verde 800 833 833

Così, dal 27 Aprile 2020, il Ministero della Salute e la Protezione Civile, hanno attivato anche il numero verde 800 833 833. Quest’ulteriore linea telefonica si presenta con un’organizzazione a due livelli di risposta, uno mirato ad affrontare il disagio attraverso una consulenza; l’altro invece attraverso un numero maggiore di colloqui. La linea è attiva dalle 8 alle 24 e, riportando quanto detto dal Ministro Speranza, è nata come una risposta strutturata, accurata e prontamente disponibile a tutti i componenti di una data società. Dunque, oltre al mantenimento continuo della cura per i pazienti con psicopatologie già diagnosticate, ciò a cui i servizi di salute mentale mirano è la promozione di un equilibrio psicofisico per la popolazione generale e l’ evitamento di possibili ricadute, come conseguenti reazioni disadattive al trauma.

Il Mental health Psycho-Social Support

I servizi di salute mentale mirano al mantenimento continuo della cura per i pazienti con psicopatologie già diagnosticate, alla promozione dell’equilibrio psicofisico per la popolazione generale e all’ evitamento di possibili ricadute, come conseguenti reazioni disadattive al trauma. Per affrontare il coronavirus e salute mentale, una delle possibili strategie è la risposta MHPSS (Mental Health Psycho-Social Support), inserita dal 2007, nelle linee guida del Comitato Permanente Inter-agenzie (IASC). La risposta MHPSS indica, tra le strategie pluriformali principali, proprio il trattamento dei disturbi psicopatologici. Qualsiasi tipo di supporto, di prevenzione e protezione per promuovere la salute ed il benessere psicosociale deve fare riferimento al trattamento del disagio psicologico.

Mappatura delle competenze nelle strutture sanitarie

La componente MHPSS nella risposta Covid-19 deve essere fondata sul contesto. A tal fine, è di fondamentale importanza mappare le competenze delle strutture di cura esistenti in ogni regione, comprese quelle private oltre che pubbliche. La mappatura funge da meccanismo base per coordinare, riunire e mobilitare tutte le risorse, funge da strategia per la risoluzione delle criticità date dall’assenza di linee guida specifiche.

Webcam e telefonata come strumenti terapeutici

L’adattamento dei servizi esistenti devono essere continui e costanti alle nuove condizioni ed al cambiamento dei modelli di ricerca al fine di minimizzare il rischio di contagio e per non interrompere il supporto necessario dato alla comunità, anche a distanza. In quest’ottica, l’intervento attraverso la webcam o la telefonata è stato utilizzato  come ausilio momentaneo per l’interazione e come sostituto funzionale all’interruzione della cura. Tra le varie tipologie d’intervento è stata prediletta anche l’informazione mediatica, promuovendo messaggi educativi e rassicuranti e prestando particolare attenzione soprattutto ai gruppi più vulnerabili.

Consapevolezza dello stato di salute e promozione del benessere psicofisico

Il bisogno di relazione è insito nell’uomo ed è, perciò, legittimo provare angoscia o sentire il peso del distanziamento sociale, per questo i messaggi di sanità pubblica, riguardanti l’isolamento e le difficoltà, sono stati modificati ed adeguati anche alle persone “emarginate”. L’aspetto psicologico va curato su ogni fronte ed è di fondamentale importanza continuare a promuovere ed alimentare la consapevolezza del proprio stato psicofisico. Come servizio di cura della salute mentale sul territorio, composto dalle differenti strutture di riferimento, il DSM ha la responsabilità morale, sociale e professionale di garantire cura e supporto a chiunque ne necessiti, a partire da chi non ne ha mai avuto bisogno fino a giungere a chi invece soffre di gravi disturbi diagnosticati.

Bibliografia

• A.Onofri, C. La Rosa. Trauma, abuso e violenza. Andare oltre il trauma (2017) Edizioni San Paolo.

• Addressing Mental Healt and Psychosocial aspects of Covid-19 outbreak. (2020) IASC Reference Group on Mental Healt and Psychosocial Support in Emergency Settings, OMS.

• A.D’Agostino, B. Demartini, S. Cavallotti, O. Gambini, Mental healt services in Italy during the Covid-19 outbreak. Vol 7, May 2020, Lancet Psychiatry.

• S. Lìu, L. Yang, C. Zhang et al. Online mental healt services in China during the Covid-19 outbreak. Feb 18, 2020, Lancet Psychiatry.

• G. Martinotti, La gestione del paziente psichiatrico durante l’emergenza Covid-19 (2020), University “G.D’Annunzio”, Departement of Neuroscience, Imaging, Clinical Sciences.

• Emergency ONG ONLUS, Protocolli Covid-19, 10 Marzo 2020,

A cura della Tirocinante Gina Ragusa – Tutor Dott.ssa Floriana De Michele

Se hai trovato interessante questo articolo, puoi leggere anche: Stalker – Identikit: I cinque tipi di Stalker

Chiamami con Whatsapp

Distanziamento sociale e senso di morte

Le relazioni sociali si svolgono all’interno di una continua dialettica tra momenti di condivisione profonda e momenti di separazione dall’altro.  Si tratta di due processi complementari che accompagneranno tutte le relazioni umane e aiutano il processo d’individuazione personale. La vicinanza e il contatto relazionale continuo, tipico delle società moderne, ha riattivato meccanismi primordiali di attaccamento.  Tutte le gioie ed i conflitti insiti in questo tipo di relazioni, la fragilità relazionale fino ad ora contenute ed elaborate all’esterno della famiglia, sono messi a nudo dal Coronavirus.  Il lockdown ha costretto tutte le organizzazioni istituzionali della società (famiglia lavoro scuola) ad un ritiro personale. Obbligati al distanziamento sociale  di sicurezza dagli altri e al rifugio all’interno della propria famiglia , per chi ne possiede una!

Attaccamento e distacco

Il primo momento di condivisione intima risale alla nascita.  In quel momento il piccolo essere umano appare indifeso, dipendente e assolutamente bisognoso della presenza di una figura che si prenda cura di lui. La presenza fisica di tale figura nei primi mesi ed anni di vita significa sicurezza per il piccolo uomo e la paura di separarsi da lei è il primo grande terrore che egli deve affrontare. Questo comportamento d’attaccamento ha una funzione auto conservativa. I neonati, così come i cuccioli delle altre specie animali, fanno in modo di restare vicini alla madre per assicurarsi protezione dai pericoli del mondo esterno.

L’individuazione del Sé

A un certo punto, la crescita spinge all’affermarsi di Sé come soggetto che desidera essere separato. Lo stato di fusione materno viene abbandonato ed inizia l’avventura lungo la strada dell’autonomia e dell’individuazione. L’esperienza simbiotica che, dunque, è l’espressione massima della vicinanza e dell’attaccamento non è sufficiente al bambino perché si senta riconosciuto nel proprio Sè. Occorre mettere distanza, occorre separarsi. L’atto di separazione, anche fisico, si collega all’emergenza del bambino di uscire dallo stato fusionale, che non riconosce l’alterità, o la diversità per costruirsi un’ identità propria. Così scorre la vita in un tempo fatto di gioco libero tra in primis nella relazione terapeuta-paziente. e distanziamento. La condivisione profonda, dunque, comporta il distacco, ma il distacco ri-cercherà la condivisione. E ciò che all’origine accade nella relazione madre-bambino si ripeterà nelle relazioni sociali tutte.

L’analista come specchio

Nella psicoanalisi diventatale modello relazionale diventa occasione di cura. Il tradizionale setting freudiano è strutturato in modo tale da creare una distanza fisica tra l’analista e il paziente. Il paziente, durante le sedute, veniva fatto sdraiare sul lettino con l’analista alle sue spalle. Una scelta che rifletteva la necessità di un distacco emotivo dal paziente, il quale veniva lasciato in balia dei propri pensieri inconsci. In questo modo l’espressione del viso del clinico non poteva influenzare il flusso dei pensieri del paziente. Freud, a tal proposito, descrisse l’analista come uno specchio opaco che si limita a “riflettere” le emozioni del paziente. Un’immagine del terapeuta basata sul presupposto della neutralità come prerogativa per una conoscenza oggettiva e scientifica dell’essere umano.

distanza e vicinanza relazionale

Secondo Freud abbandonandosi lui stesso, durante l’ascolto, ai propri pensieri inconsci, l’espressione del suo volto avrebbe potuto offrire al paziente materiale che lo avrebbe influenzato e indirizzato nella comunicazione. Gli ulteriori sviluppi della psicoanalisi porranno maggiormente l’accento sull’importanza della partecipazione affettiva empatica e personale del clinico dinnanzi al materiale del paziente (il controtrasfert). La partecipazione del terapeuta non sarà più un elemento di interferenza nel trattamento analitico, ma verrà vista come uno strumento di lavoro che facilita la comprensione dell’altro. Si afferma così l’importanza di cercare il giusto equilibrio tra un’attività osservativa – interpretativa (funzione Io-osservante e distante) ed una empatico – partecipativa (funzione Io-partecipante e vicina).

La distanza è un fattore terapeutico

Una vicinanza eccessiva, secondo Saraval, faciliterebbe l’identificazione proiettiva ossia la proiezione di parti di sé nell’altro che potrebbe inficiare la relazione umana. Questo processo, infatti, invischierebbe la relazione terapeutica con aspetti intrusivi e simbiotici, poco utili nella comprensione del paziente. Per contro, una relazione caratterizzata da un’eccessiva distanza comporterebbe un clima emotivo freddo e connotato da aspetti narcisistici e individualisti. Questo implica fasi di avvicinamento e allontanamento psicologico tra terapeuta e paziente, entrambi alla ricerca di un confine. Lo stesso confine che se da un lato li delimita lo spazio corporeo di ognuno, consentendo di vedersi, dall’altro mette a contatto le persone potendosi così conoscere.

Effetti del distanziamento sociale nella pandemia

Che cosa succederebbe se la normale dialettica tra avvicinamento-allontanamento fosse impedita? Che cosa succederebbe se i nostri confini fossero solo delle barriere e perdessero la loro funzione di punti di contatto? Il distanziamento sociale, quell’ insieme di azioni (non farmacologiche) intraprese per rallentare la diffusione del coronavirus, ci impone una distanza di almeno un metro gli uni dagli altri. La prossemica, scienza che studia l’uso che gli individui fanno dello spazio personale e sociale, ci conferma che lo spazio fisico, che ci separa dall’altro, è rappresentativo della distanza mentale che decidiamo di tenere in quella relazione. Se tra due persone vi è una relazione intima, esse tendono a ridurre al minimo le distanze. Per contro, tenere qualcuno a distanza indica che la relazione è stata, in qualche modo, minacciata. Data la corrispondenza tra distanza fisica e mentale, possiamo pensare che le regole introdotte dal distanziamento sociale avranno grandi ripercussioni anche a livello emotivo.

Tipi di distanziamento interpersonale

Hall distingue quattro tipi di distanza interpersonale: Intima (da 0 a 45 cm circa). A questa distanza possono accedere solo coloro che hanno un rapporto di fiducia e, chiunque vi possa accedere senza il consenso viene percepito come aggressore. Denota pertanto i rapporti intimi, come quelli tra partner, tra madre e bambino. Personale (da 45 a 120 cm circa). Questo spazio viene frequentemente occupato da coloro che hanno con le persone relazioni sociali familiari, con le quali si ha un rapporto quotidiano e confidenziale. In questa zona possono accedervi familiari, amici, colleghi, che non hanno un rapporto intimo, ma con le quali si comunica con piacere. Sociale (da 120 a 360 cm circa). La distanza sociale è riservata a relazioni formali e impersonali. In essa si affrontano le questioni di lavoro, si negozia, si contratta. A questa distanza non è possibile avere il contatto fisico con l’altro. Pubblica (da 360 cm circa in poi). Questo spazio è utilizzato nelle situazioni pubbliche. Chi comunica in questa zona non intende stabilire con ogni partecipante un rapporto di coinvolgimento.

Senso di sicurezza

Il distanziamento sociale va ad abolire quelle che, secondo la prossemica, sono le distanze intime e personali. Un’ intimità e una prossimità che, come abbiamo visto, sono necessarie all’uomo per assicurarsi la sopravvivenza. Da un punto di vista genetico quindi, l’essere umano è programmato per mantenere la vicinanza fisica con i suoi simili. La presenza degli altri è responsabile, a livello neuro-chimico, dell’innalzamento degli oppiodi endogeni nel cervello, i quali producono effetti di piacevolezza simili a quelli prodotti dagli oppiacei (droghe). Al contrario, la solitudine produce un abbassamento degli stessi che innesca una sorta di crisi d’astinenza: quanto più siamo lontani dagli altri, tanto più li desideriamo. Un aumento del desiderio che, in questo periodo, potrebbe rivelarsi pericoloso in quanto potrebbe spingere molte persone a infrangere le norme relative al distanziamento sociale che la comunità ha adottato per mettere in sicurezza le nostre vite.

Sensazione di libertà

Come ci ricorda Freud, siamo entrati in società disposti a barattare un po’ di felicità per un po’ di sicurezza. La libertà individuale, al contrario di quello che si può pensare, non è il frutto del nostro ingresso in società. Essa era massima prima di ogni civiltà e subisce delle limitazioni proprio ad opera dell’incivilimento, il quale impone delle restrizioni per tutti. Il vivere in società comporta disagio perché, di base, vi è in un perenne contrasto tra i nostri bisogni/desideri individuali e gli imperativi che la società ci impone. Il distanziamento sociale, imposto dall’avvento del coronavirus, rappresenta un imperativo che va contro il soddisfacimento di un bisogno umano universale, quello di socialità.

Il disagio della società

La corrente pandemia potrebbe così scatenare una sofferenza psichica di massa dai connotati mortiferi. Come ci ricorda Freud nel “Disagio della civiltà”, i gruppi si possono ammalare e quando tutti i membri sono ammalati diventa difficile comprendere lo stato della patologia nella quale si è immersi. La malattia psichica può divenire onnipotenza, negazione o persecuzione verso l’altro. Le attuali restrizioni sociali potrebbero determinare l’affermarsi di un nuovo “ordine psicopatologico” legato a questo cambiamento sociale. Infatti, come tutti i cambiamenti storici, anche questo influenza le nostre dinamiche inconsce. Dirà Fiumano: “Col variare delle forme del legame sociale anche l’organizzazione psichica del singolo cambia, nelle forme del sintomo e delle sindromi”.olitudine  e senso di morte

Il senso di solitudine

Socialità e solitudine sono speculari l’una all’altra. La solitudine è connessa al senso di morte. A livello ontogenetico il senso di morte porta l’eco del primo grande timore del bambino, quello di separarsi dalla madre; a livello filogenetico invece, secondo meccanismi ancestrali, si collega al timore di non poter sopravvivere da soli. La società moderna è riuscita ad allontanare dalla coscienza sociale la paura della morte concentrando il suo interesse su ogni forma di piacere e benessere umano  possibile. Il virus  rivelatosi come altamente mortifero ha obbligato tutti alla distanza dagli altri, e a ricontattare la paura originaria della solitudine dovuta alla separazione . Parlare della morte oggi è diventato un tabù in quanto mette l’essere umano di fronte al suo limite, ridimensionando notevolmente il senso del benessere onnipotente che caratterizza la società odierna. La morte viene negata perchè non è più vista come conclusione inevitabile e naturale dell’esistenza umana, ma come nemico da “combattere e battere” grazie ai progressi della scienza.

Il senso di morte

Un tempo si moriva a casa, nel proprio letto e circondati dalle persone care. La morte rappresentava un avvenimento importante nella vita delle famiglie che si accettava anche se con tanto dolore. Oggi la morte viene sottratta dalle case e perfino dallo sguardo dei congiunti. Il tentativo di nascondere la morte è avvenuto anche in questa situazione pandemica, quando una lunga colonna di mezzi militari ha trasportato, di notte, fuori dalla città di Bergamo i feretri delle vittime del coronavirus che non hanno trovato posto nel cimitero della città a causa dei lunghi tempi di cremazione. Il professor Galimberti, parlando di tale avvenimento, dice che l’operazione compiuta di notte è in linea con la cultura occidentale che ha completamente rimosso l’idea della morte. La stessa idea di morte che il Coronavirus ci ripropone ogni giorno obbligando alla convivenza col male. Una convivenza che, a causa della distanza a cui costringe le persone, rende più acuta la mancanza e la perdita dell’altro, vissuto come abbandono e come sensazione di terrore che la morte possa colpire improvvisamente con la sua falce senza darne conto a nessuno.

distanziamento non più sociale ma fisico

Pur di non risvegliare la paura atavica della morte si preferisce non parlare più di distanziamento sociale che evoca un vissuto affettivo profondo in tutti relativo alla fine vita. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia di sostituire questo termine con quello di distanziamento fisico perché è importante, nella lotta contro il virus, distanziarsi fisicamente dagli altri, ma potendo restare affettivamente e socialmente connessi e vicini ai propri cari.

Bibliografia

Corbella S. (2003). Storie e luoghi del gruppo. Cortina, Milano.

Fiumano M. (2010). L’ inconscio è il sociale, Mondadori, Milano.

Freud S. (1912). Consigli al medico nel trattamento psicanalitico, Bollati Boringhhieri, (OSF), Torino.

Freud S. (1971). Il disagio della civiltà e altri saggi, Bollati Boringhieri (OSF), Torino.

Hull E. T (1969). La dimensione nascosta, Bompiani, Milano.

Savaral A. (1988). “La tecnica psicoanalitica e la sua evoluzione” in Trattato di psicoanalisi, A.A. Semi (a cura di), vol. I, Raffaello Cortina, Milano

Viorst J. (2019). Distacchi, Mondadori, Milano.

A cura della Tirocinante Ambra Cialfi – Tutor Dott.ssa Floriana De Michele

Se hai trovato interessante questo articolo, puoi leggere anche: Stalker – Identikit: I cinque tipi di Stalker

Chiamami con Whatsapp

distanziamento e sexting

Sessualità Sexting e Coronavirus. Come si cambia per non morire

Una nuova sessualità a distanza

La necessità di ridurre i casi di Covid-19 e di contenere il contagio ha imposto l’impossibilità di avere contatti, di uscire e di frequentare posti, con la conseguente limitazione sempre più forte della socializzazione. Il Coronavirus è un potentissimo stressor a causa della paura del contagio che obbliga alla distanza fisica e psichica delle persone. La maggiore attenzione al rischio di contrarre la patologia ha condotto ad una totale revisione delle abitudini in termini di sicurezza, a partire dal sesso. La gente oggi tende a pensare in primis alla tutela della propria ed altrui salute, applicando precauzioni efficaci ed astenendosi dai comportamenti rischiosi. Con la pandemia c’è stato un radicale cambiamento del modo di vivere ed un consequenziale riadattamento. Alla ridotta possibilità di occasioni ed incontri si è sostituita una forma di comunicazione a distanza, veicolata dalle strumentazioni tecnologiche.

I social network

Quando si era liberi dai divieti ed indipendenti dal contesto, i social network sono stati considerati come la causa della riduzione dei contatti fisici e concreti. Ad oggi invece, in quarantena, gli smartphone, i pc ed i tablet sono diventati lo strumento di connessione e fonte di relazioni sessuali.

La nuova pratica del sexting

È così che si è iniziato a parlare della pratica del sexting, come sostituto al rapporto tradizionale e come antidoto, derivante dalle parole “sex” e “texting”, riguardante appunto l’invio di foto, testi ed immagini sessualmente esplicite attraverso internet. Il sesso virtuale consente di mantenere viva l’eccitazione, di conseguenza, tiene unite le coppie distanti, che vedono limitata la possibilità di raggiungersi, che non possono incontrarsi pur essendo nella stessa città o addirittura nello stesso quartiere. In alcuni casi, con lo stress e la preoccupazione per l’avvenire, si è andati incontro ad un calo della libido.

Anche il sexting può aiutare

Ecco che il sexting è diventato la chiave per alimentare l’aspetto intimo e confidenziale, il mezzo per accrescere la sessualità e la sensualità. L’isolamento mette a dura prova l’equilibrio psicofisico ed emotivo della persona, così questa pratica, insieme all’autoerotismo, può fungere da ausilio.  Si va oltre l’aspetto corporeo, per raggiungere una dimensione quasi ludica, per evadere dalla pesantezza della vita quotidiana. La stimolazione attraverso le fantasie erotiche può aiutare a raggiungere il piacere.

Come aiutare la sessualità nel coronavirus

Dunque, sempre in misura controllata e responsabile, il sesso online, così come l’uso funzionale di pornografia, possono risultare una risorsa utile per la carenza di stimoli. Forniscono una gratificazione immediata ed aiutano a superare la paura. Per quanto riguarda la pornografia, nel periodo di quarantena, l’Italia è stato il Paese dove si è registrato il maggior incremento di interesse femminile, con una crescita del 36%, rispetto al 24% degli uomini. Secondo quanto riportato dal sito web Pornhub, in generale c’è stato un incremento delle visite di oltre il 50%, soprattutto durante le ore notturne, conseguenza della vita sedentaria e del disordine dei ritmi circadiani.

Le iniziative di Cybersex nel web

A tal proposito, alcuni siti pornografici hanno proposto degli abbonamenti gratuiti. È stato costatato che il sexting oramai è una pratica che si sta facendo man mano strada anche tra le coppie più tradizionaliste. Ne sono una prova i dati statistici, che riportano un incremento del 58% delle donne e del 47% degli uomini. Le app di dating, come Meetic o Badoo, hanno avuto un picco subito dopo il decreto #iorestoacasa ed un successivo calo con l’avanzare delle restrizioni e delle successive misure preventive. C’è stato un aumento del 30% di traffico dall’inizio di quarantena, soprattutto nel Nord Italia e, tra le tante più note, Tinder ha fornito anche delle precauzioni per la tutela della persona, creando una card precauzionale, che appare una volta fatto il “match”, vale a dire l’accoppiamento con un altro profilo.

I limiti del Cybersex

Il sesso virtuale però è importante che sia vissuto come sperimentazione e che non diventi un comportamento compulsivo. Il rischio è quello di sviluppare un’ossessione ed andare incontro ad una forma di new addiction, riconosciuta come cybersesso o internet addiction. Tra gli svantaggi a cui porta questa compulsività si osservano: Alienazione; impoverimento e scomparsa del desiderio sessuale; aumento a volte ossessivo per alcune parti del corpo, derivato dall’eccessiva attenzione rivolta a tali parti sullo schermo. Più tempo trascorso online, diminuzione delle ore di sonno e perdita di altri interessi. Iniziale euforia ed emozioni negative a seguire, tra cui un forte senso di colpa ecc. Ciò a cui si potrebbe arrivare, senza la consapevolezza e responsabilità nel fare le cose, è un isolamento nell’isolamento.

La pratica del sexting

Con il Covid-19 ed il cambiamento delle abitudini relazionali, si è posta l’attenzione sul sexting, ma è necessario dire che questa pratica esisteva già. Lo scambio di fantasie e pensieri sessuali non è un fenomeno nuovo, secondo quanto detto nella Ted conference del 2016 dalla sessuologa esperta Amy Adele Hasinoff. I primi mezzi per parlare di sesso furono le lettere d’amore, sostituite poi dalle polaroid e dalle telefonate, fino a giungere alla scoperta di internet, delle chat e dei social network.

Una sorta di riscossa della tecnologia che con la possibilità di essere vissuta come un gioco dona alle persone il modo di rivivere il piacere della vita. La pratica del sexting, come sostituto al rapporto tradizionale diventa l’antidoto per la paura di ammalarsi. Sexting, derivante dalle parole “sex” e “texting”, riguarda appunto l’invio di foto, testi ed immagini sessualmente esplicite attraverso internet che stimolano la mente.

Gli effetti positivi del sexting

Il sesso virtuale consente di mantenere viva l’eccitazione, di conseguenza, tiene unite le coppie distanti, e forse anche quelle vicine. Coloro che vedono limitata la possibilità di raggiungersi, fisicamente ma anche emotivamente, che non possono incontrarsi pur essendo nella stessa città o addirittura nello stesso quartiere. Ma forse anche condividendo lo stesso letto che la pandemia ha trasformato in una specie di costrizione. In alcuni casi, con lo stress e la preoccupazione per l’avvenire, si è andati incontro ad un calo della libido, ecco che il sexting è diventato la chiave per alimentare l’aspetto intimo e confidenziale, il mezzo per accrescere la sessualità e la sensualità.

Il Sexting può aiutare l’equilibrio emotivo

L’isolamento mette a dura prova l’equilibrio psicofisico ed emotivo della persona, così questa pratica, insieme all’autoerotismo, può fungere da ausilio. Si va oltre l’aspetto corporeo, per raggiungere una dimensione quasi ludica, per evadere dalla pesantezza della vita quotidiana. La stimolazione attraverso le fantasie erotiche può aiutare a raggiungere il piacere, dunque, sempre in misura controllata e responsabile. Il sesso online, così come l’uso funzionale di pornografia, possono risultare una risorsa utile per la carenza di stimoli, forniscono una gratificazione immediata ed aiutano a superare la paura.

Pornografia

Per quanto riguarda la pornografia, nel periodo di quarantena, l’Italia è stato il Paese dove si è registrato il maggior incremento di interesse femminile, con una crescita del 36%, rispetto al 24% degli uomini. Secondo quanto riportato dal sito web Pornhub, in generale c’è stato un incremento delle visite di oltre il 50%, soprattutto durante le ore notturne, conseguenza della vita sedentaria e del disordine dei ritmi circadiani. A tal proposito, alcuni siti pornografici hanno proposto degli abbonamenti gratuiti. È stato constatato che il sexting oramai è una pratica che si sta facendo man mano strada anche tra le coppie più tradizionaliste, ne sono una prova i dati statistici, che riportano un incremento del 58% delle donne e del 47% degli uomini.

Meetic , Badoo, Tinder

Le app di dating, come Meetic o Badoo, hanno avuto un picco subito dopo il decreto #iorestoacasa ed un successivo calo con l’avanzare delle restrizioni e delle successive misure preventive. C’è stato un aumento del 30% di traffico dall’inizio di quarantena, soprattutto nel Nord Italia e, tra le tante più note, Tinder ha fornito anche delle precauzioni per la tutela della persona. Questa ha  creato una card precauzionale, che appare una volta fatto il “match”, vale a dire l’accoppiamento con un altro profilo.

I limiti che non vanno oltrepassati

Il sesso virtuale però è importante che sia vissuto come sperimentazione e che non diventi un comportamento compulsivo. Il rischio è quello di sviluppare un’ossessione ed andare incontro ad una forma di new addiction, riconosciuta come cybersesso o internet addiction. Tra gli svantaggi a cui porta questa compulsività si osservano: alienazione; impoverimento e scomparsa del desiderio sessuale. Aumento a volte ossessivo per alcune parti del corpo, derivato dall’eccessiva attenzione rivolta a tali parti sullo schermo. Più tempo trascorso online, diminuzione delle ore di sonno e perdita di altri interessi. Iniziale euforia ed emozioni negative a seguire, tra cui un forte senso di colpa ecc. Ciò a cui si potrebbe arrivare, senza la consapevolezza e responsabilità nel fare le cose, è un isolamento nell’isolamento.

Affettività e sessualità nei giovani

Il sexting, utilizzato come strumento di sperimentazione, educazione o distrazione, quindi, non è una novità. Soprattutto tra i giovani adulti o tra gli adolescenti. La pandemia si presenta come un’occasione per sdoganare i tabù intorno a questa pratica, che è divenuta l’elemento vicario della sessualità al giorno d’oggi. Da diverso tempo ormai internet rappresenta lo strumento di supporto, che aiuta i ragazzi ad esplorare la sessualità. Parlare con un genitore o un adulto di sesso per la prima volta spesso causa imbarazzo, vergogna e disagio. Per questo le chat, i social e le condivisioni sembrano diventare la scelta più consona.

La sessualità dei giovani e il web

È possibile leggere sul web e ricavare info su come avere un rapporto sicuro oppure è possibile osservare un filmato pornografico, per ben capire come funziona una determinata pratica sessuale. Inoltre, i social network e le nuove forme di comunicazione hanno modificato il modo in cui i ragazzi del terzo millennio vivono i rapporti sentimentali.  Lo sguardo posato sullo smartphone preclude ogni possibilità dell’adolescente medio di un reale contatto con l’altro, spingendo sempre più la relazione verso lo “schermo”. I gesti, gli sguardi e gli altri segnali del corpo passano in secondo piano, l’attrazione ed il piacere vengono sperimentati attraverso la chat ed i messaggi diventano l’unico filo conduttore. Si dovrebbe abbandonare l’idea stereotipata dell’ingenuità o dell’innocenza adolescenziale, che riguarda ancor’oggi molti genitori, poiché è proprio questo il periodo delle prime cotte, delle attrazioni, delle prime occasioni e dunque il periodo di vera e propria sperimentazione sessuale.

L’incremento della sessualità mediatica tra i giovani

In questi ultimi anni, già prima della pandemia e del distanziamento forzato, c’è stato un incremento di sessualità mediatica ed un aumento del piacere digitale, con la crescita continua dell’utilizzo di app di dating. Dunque, scambiarsi foto e video hot non è una novità, nasce come “gioco erotico” tra ragazzi, come strumento per condividere le proprie fantasie e per affermare il proprio essere ed inizia già a partire dalle scuole medie. Sono coinvolti giovani tra i 12 ed i 18 anni e, secondo quanto riportato nello studio condotto da Pepita Onlus, dove è stato chiesto il perché dell’invio di materiale sessualmente esplicito, la motivazione principale è il senso di affermazione, di libera espressione.

L’accettazione del cybersex

Solo ultimamente, con il cambiamento portato dal coronavirus e con il conseguente riadattamento delle abitudini personali, si sta facendo avanti l’idea che esiste questo mondo, fino ad oggi sommerso, legato ad una sessualità quasi sconosciuta. Il sesso virtuale avrebbe zero controindicazioni se non per il fatto che coinvolge fasce di ragazzi sempre più giovani e, di conseguenza, più ingenui, che non hanno piena consapevolezza di quanto possa essere allettante ed al tempo stesso pericolosa questa pratica. In altre parole, il sexting non dovrebbe creare allarmismo e panico morale, ma dovrebbe essere vissuto come una forma di libera espressione, di condivisione, sempre però con consapevolezza e senso di responsabilità. Il rischio a cui si va incontro è quello di sviluppare un atteggiamento compulsivo, dato dall’uso eccessivo di materiale pornografico, o peggio, di trovare le proprie foto di nudi sul web, senza mai aver dato il permesso all’altra persona di farlo.

Il revenge porn.

Purtroppo, a volte, del sexting ne viene fatto un uso deplorevole. Fare sesso online vuol dire affidarsi a chi si trova dall’altra parte dello schermo,il quale, o la quale, potrebbe vestire i panni di un fidanzato/a, di un “amico/a” o, spesso, di uno sconosciuto/a. Inviare foto o video potrebbe rivelarsi pericoloso, poiché spesso la dignità e la privacy della persona non vengono rispettate e le immagini vengono divulgate, sotto ricatto o per vendetta.

E’ una vera e propria violenza!

Il revenge porn è una forma di violenza che riguarda la condivisione di materiale sessualmente esplicito, senza il consenso di chi viene immortalato nelle foto o nei video. La pubblicazione avviene solitamente con lo scopo di umiliare la persona coinvolta, per divertimento, per vendetta o ritorsione, e le foto sono accompagnate da descrizioni, nomi o collegamenti a profili sulla rete, indirizzi o postazioni di lavoro. Coloro che mettono in atto il revenge porn possono essere accusati, a seconda dei casi, di molestia, violazione della privacy, diffamazione ed istigazione al suicidio, proprio perché è stato riscontrato che le conseguenze sono devastanti e non meno importanti della violenza fisica e carnale.

La punibilità del revenge porn

Dal 2016, in Italia il reato è punibile, secondo l’articolo 612-ter, con una reclusione da uno a 6 anni e con una multa che va da 5.000 a 15.000 euro, essendo la porno-vendetta un vero e proprio abuso basato sull’immagine. Inoltre, dal Luglio 2019, la legge 69, riguardante maltrattamenti e violenza di genere, denominata “Codice rosso”, ha apportato cambiamenti al codice penale, introducendo novità anche sulla diffusione illecita di materiale.

Telegram come canale preferito dal revenge porn

Secondo quanto riportato nell’inchiesta di Wired, il più grande social italiano di revenge porn e pedopornografia è Telegram, un sistema di messaggistica simile a Whatsapp, dove si possono creare dei gruppi su cui scambiare materiale pornografico in totale anonimato. Sono stati scoperti gruppi contenenti foto, anche di minori, e correlati commenti osceni. C’è chi vende le foto delle sorelle, chi delle fidanzate oppure delle ex, in cambio di soldi o favori. In seguito alle segnalazioni e grazie al contributo di diverse associazioni o campagne online, come Stop Child Abuse, sono stati molti i gruppi cancellati. Tali gruppi , composti dai 50.000 ai 100.000 utenti,  nel giro di pochi giorni e con estrema facilità, si sono riformati e sono tornati alle dimensioni originali, attraverso le numerose partnership. Dunque, per il casual sex i giovani devono essere sempre più responsabili e devono tutelare la loro privacy.

Educare alla sessualità

Questo particolare momento di cambiamento e di scoperta, quindi, potrebbe essere un importante terreno fertile per sconfinare i tabù legati alla sfera sessuale. Dovrebbe essere messo in atto un intervento psico-educativo, dagli psicologi, dagli educatori e dalle altre figure professionali del settore, al fine di promuovere la conoscenza, la sensibilizzazione e la prevenzione, attraverso progetti, film o libri, come per esempio “Sexting o amore? Educare ai sentimenti nell’era dei social network” (2019) di Bilotto e Casadei.

Come approcciarsi alla sessualità

Ad oggi, è necessario avanzare una riflessione profonda per approcciarsi al meglio alla sessualità, per poter capire le dinamiche entro cui si sviluppa e per fornire una sana informazione al passo con i tempi, svincolata da restrizioni sociali e adattata al contesto di sperimentazione virtuale. La mancata relazione fisica e corporea può esser vista come un punto di svolta positivo, poiché è questo il momento in cui si può riscoprire la bellezza attraverso il contatto visivo, si possono esplorare le sensazioni più intense e si può sviluppare un’intimità più emotiva. In altre epoche le pandemie sono state affrontate senza le app, dunque il social è oggi una risorsa fondamentale nelle nostre mani e tutto sta nell’imparare ad usarlo con cautela e responsabilità.

La necessità di una consulenza online

Diviene necessaria la consulenza online, mirata a promuovere una cultura del cambiamento per minimizzare la pericolosità dell’esperienza imprevista e surreale che si sta vivendo; una consulenza finalizzata all’educazione della “nuova” sessualità e delle relazioni digitali, finalizzata all’insegnamento dell’uso della tecnologia come beneficio e non come arma di distruzione.

A cura della Tirocinante Gina Ragusa – Tutor Dott.ssa Floriana De Michele

Bibliografia

• “Sexting o amore? Educare ai sentimenti nell’era dei social network”, 2019, Bilotto A e Casadei I., La Meridiana edizioni, ISBN 9788861536906.

• “Parafilie e devianza. Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale atipico”, 2015, Quattrini F., Giunti Editore, ISBN 8809803329.

Se hai trovato interessante questo articolo, puoi leggere anche: Stalker – Identikit: I cinque tipi di Stalker

Sitografia

https://www.open.online/2020/04/10/coronavirus-quarantena-occasione-riflettere-consenso-sessuale-digitale/amp

https://www.aisps.net/coronavirus-quarantena-rischio-internet-porno-dipendenza

https://www.tedxmilehigh.com/make-believe-with-amy-adele-hasinoff

Chiamami con Whatsapp

Sexting e cybersex : il rischio del coronavirus.

Emergenza Coronavirus

L’emergenza sanitaria del Coronavirus ha obbligato tutti a mediare le relazioni tramite lo schermo di un computer o di un telefono alimentando l’internet addiction (come cybersex e sexting). Da un lato il web si è costituito e si costituisce come una risorsa per compensare la carenza di stimoli scaturita dalla pandemia. Dall’altro rischia di amplificare i fenomeni di Internet Addiction. La tecnologia, che all’alba di questa pandemia è apparsa come il salvavita delle relazioni sociali e affettive, se non viene usata con consapevolezza e responsabilità, potrebbe mostrare il suo lato oscuro.

Tecnica e tecnologia

Secondo Freud l’essere umano è un animale despecializzato. Questo significa che, a differenza degli altri animali, non è in possesso di istinti particolari che gli garantirebbero la sopravvivenza, ma ha bisogno di strumenti che superino l’ambiente. A tale scopo adempie la tecnica. Essa si riferisce ai mezzi (le tecnologie) che compongono l’apparato tecnico, ma anche alla razionalità che regola il loro utilizzo. Se da un lato la tecnica ha aiutato l’uomo ad espletare i suoi compiti nel corso della storia, dall’altro il suo sviluppo eccessivo potrebbe comportare dei rischi. A tal proposito Galimberti ci fa notare come la situazione, soprattutto negli ultimi anni, si sia rovesciata. Se all’inizio era la tecnica ad essere nelle mani dell’uomo, ora è l’uomo ad essere nelle mani della tecnica. Proprio col progredire della tecnologia infatti, si assiste all’emergere di nuove dipendenze legate al cattivo utilizzo di questi strumenti. Da qualche decennio si è cominciato a parlare delle cosiddette Internet Addiction, fra le quali vi rientra anche il fenomeno del Cybersexual Addiction : Essa è generata dell’eccessivo impatto della tecnologia sulla comunicazione sessuale.

Internet Addiction

La dipendenza da Internet da che cosa è data? Dal tempo che passiamo in rete? Si e no. Gli psicologi concordano sul fatto che si parla di dipendenza da Internet solo quando l’uso della rete è tale da compromettere la sfera affettiva, lavorativa e sociale dell’individuo. Banalmente, una persona può passare molte ore in rete senza che questo comprometta il suo funzionamento. Oltremodo è vero che, come testimoniano numerose ricerche, chi passa molte ore online ha più probabilità di essere coinvolto in problematiche matrimoniali, lavorative, scolastiche e così via. Possiamo concludere che il tempo va a costituirsi come un fattore che indirettamente incide sulla definizione di dipendenza. Per tale ragione si può ipotizzare che l’eccessivo utilizzo della rete, scatenato dal coronavirus, possa portare ad un incremento delle dipendenze dalle nuove tecnologie. L’Internet Addiction tra i suoi sintomi comprende la perdita del senso del tempo trascorso online. Può portare a  problemi nel portare avanti altri interessi e altre attività e la chiusura nei confronti dei familiari e degli amici. Il soggetto dipendente inoltre, dopo un iniziale stato di euforia, prova un forte senso di colpa dato dall’eccessivo utilizzo di Internet.

La sessualità in quarantena: tra sexting e cybersex

Nelle ultime settimane i servizi come PurnHub, in Italia, riportano un aumento di circa il 50% di traffico online, concentrato soprattutto nelle ore notturne. Un aumento significativo e incentivato da molti siti porno che, durante la quarantena, stanno offrendo abbonamenti gratuiti. Notizia che ha fatto molto rumore e che è stata riportata da varie testate giornalistiche. “Coronavirus, quarantena a luci rosse: Pornhub, regalo piccante per chi resta a casa”, è la notizia riportata da Libero Quotidiano il 13 Marzo del 2020. Una situazione che rende fruibile e a costo zero un enorme quantità di materiale video pornografico. I primi ad usufruirne sembrano essere i single o le coppie non conviventi che, trovandosi in una condizione di astinenza sessuale causata dalla quarantena, sono chiamati a riadattare e reinventare la propria sessualità. Sia per i single che per le coppie a distanza aumentano i fenomeni di sexting e cybersex.

Definizione di Cybersex e di Sexting

Il termine Cybersex, sesso virtuale, si riferisce a tutte quelle attività attraverso le quali si ottiene gratificazione o eccitazione sessuale utilizzando il web. Il Sexting, molto diffuso soprattutto tra gli adolescenti e i giovani adulti, si riferisce invece alla pratica di inviare testi, messaggi, video e immagini a contenuto sessuale esplicito. Soluzioni che, in questo periodo, permettono ai single di aprirsi a nuove conoscenze e alle coppie non conviventi di mantenere una comunicazione sessuale attiva, nel rispetto delle regole promulgate per contrastare la diffusone del Covid-19. Il distanziamento sociale infatti si è dimostrata una misura efficace nella lotta contro il virus. Una regola che va estesa anche agli incontri sessuali con persone con cui non si convive. Lo stesso Ministero della Salute argentino ha incoraggiato la pratica del sesso virtuale e della masturbazione fino alla fine della pandemia. Tuttavia, è necessario tener a mente che queste “pratiche online”, pur essendo efficaci nella lotta contro il virus, non sono esenti da pericoli.

Il lato oscuro del sexting e del cybersex

Il sexting può portare con sé una serie di conseguenze negative. Innanzitutto, vi è la perdita del controllo del materiale condiviso che una volta inviato può essere diffuso in rete senza il nostro consenso. I materiali inviati possono essere utilizzati per vari scopi. Quando vengono adoperati per pratiche di vittimizzazione rischiano di generare fenomeni di Cyberbullismo. La persecuzione nei confronti della vittima diventa alla portata di tutti e può materializzarsi in qualsiasi momento attraverso la pubblicazione di messaggi, video, foto che la umiliano. Una situazione che ci apre anche al pericolo di poter commettere o subire reati penali, come la diffusione di materiale pornografico minorile. Per tutte queste ragioni, il sexting si configura come una pratica che richiede maturità, alta fiducia nell’altro e conoscenza dei rischi a cui ci esponiamo. Esso non è l’unica soluzione che la rete ci offre nel campo della sessualità. Il web può aprirci a un mondo online del porno che è sconfinato e non pone alcun limite alla fantasia erotica. Un’ampia scelta che può generare lunghe ore di ricerca del materiale online che, ripetendosi, possono assumere carattere compulsivo e quindi di dipendenza.

Cybersex Addiction

Questa dipendenza da attività sessuali virtuali è definita Cybersexual Addiction e rientra nel più ampio quadro delle Internet Addiction, rispecchiandone le caratteristiche principali. Per di più, possiamo affermare che tali fenomeni non riguardano solo single e coppie non conviventi, ma possono colpire anche coloro che hanno una famiglia. In questi casi il disturbo che si verrà a configurare sarà molto più ampio, poichè coinvolge la famiglia nel suo insieme.

Le conseguenze della Cybersex Addiction

Quali sono le conseguenze? Uno studio ha messo in luce come le conseguenze negative di comportamenti sessuali online di dipendenza si ritrovano all’interno della relazione di coppia ma anche nel rapporto con i figli. I partner dei pazienti dipendenti sono investiti da forti emozioni negative quali, rifiuto, abbandono, vergogna, rabbia, gelosia, nonché da un forte calo dell’ autostima. Tra gli intervistati, 91 donne e 3 uomini, il 22% era separato o divorziato e molti, fra quelli ancora sposati, pensavano di farlo. Inoltre, quasi il 70% delle coppie aveva perso il desiderio sessuale verso il partner.

Gli effetti su tutta la famiglia

Gli effetti ricadevano anche sui bambini e includevano: esposizione al cyber porno, coinvolgimento nei conflitti tra i genitori, nonché mancanza di attenzioni e cure da parte di entrambi i genitori (uno impegnato al computer, l’altro preoccupato per lo stato di dipendenza del compagno). Il dipendente baratta il tempo trascorso in compagnia dei propri cari con ore da trascorrere in rete, e all’aumentare del tempo passato online la persona tende a delegare all’altro della coppia ogni responsabilità quotidiana, dal semplice fare la spesa al prendersi cura dei propri figli. Tutto questo provoca un deterioramento dei rapporti familiari che, nei casi più estremi, può arrivare alla rottura. Uno scenario che, calato nella corrente situazione pandemica, si tradurrebbe in una solitudine nella solitudine.

Prevenzione

Come educare i giovani all’uso della rete? Di primaria importanza sembra essere l’intervento di figure che sensibilizzino i giovani a un corretto e responsabile uso della rete. A tal proposito, le iniziative che cercano di sopperire alla mancanza di educazione online nei giovanissimi sono numerose. Da qualche anno è nato il Safer Internet Day, una giornata mondiale per la sicurezza in rete. Dietro il progetto, coordinato dal Safar Internet Center (SIC) di ogni singolo Paese, ci sono INSAFE e INHOPE, due network impegnati nel campo della sicurezza online. Un progetto che dura tutto l’anno e che si avvale della collaborazione con gli istituti scolastici di molti paesi. Inoltre il SIC ha messo a disposizione un vademecum online che riporta sia gli eventuali pericoli che si potrebbero incontrare in rete, sia i riferimenti dei servizi regionali a cui rivolgersi nel caso in cui ci si scontra queste problematiche. Save the Children, la più grande organizzazione internazionale per la difesa e la promozione dei diritti dei bambini, ha messo in luce come quasi il 90% dei minori italiani naviga su Internet.

“Posta con la testa” : campagna di sensibilizzazione

Questo dato li ha spinti a portare avanti numerose attività di sensibilizzazione rivolte a preadolescenti e adolescenti, nelle quali vi rientra la campagna: “Posta con la Testa”. L’obbiettivo è quello di spingere i ragazzi a riflettere sulla conseguenze di comportamenti potenzialmente rischiosi, quali postare foto o video seducenti e provocanti che, una volta messi in rete, diventano accessibili a chiunque. Per quanto riguarda la sessualità emerge la necessità di creare uno spazio in cui se ne possa parlare liberamente. La comunicazione ricopre un posto di primaria importanza in quanto accoglie l’espressione delle paure, dei timori e delle angosce legate alla sfera sessuale. Privando i giovani di questi spazi, corriamo il rischio che essi ricerchino una risposta in rete, la quale veicola pratiche del piacere, spesso, slegate dall’affettività. La sessualità così perderebbe la dimensione affettiva, conservando solo quella del sesso come piacere e performance.

Evitare che il cybersex si trasformi in internet addiction

Come evitare che il sesso online si trasformi in una dipendenza? Innanzitutto è necessario regolare l’utilizzo della rete. Il tempo che passiamo online va limitato. A tal proposito, si può pensare di utilizzare blocchi o timer preimpostati per limitare l’uso del web. Un altro dato importante, ai fini della prevenzione, è quello che collega l’uso smisurato di Internet a problemi emotivi sottostanti come stati d’ansia, di depressione e di forte stress. Il ricorso all’autoerotismo, ad esempio, spesso rappresenta un tentativo di sedare uno stato di agitazione o di ansia. In casi come questo, è utile individuare strategie più mirate che ci consentano di mitigare questi stati affettivi. Si può pensare di ritagliarsi uno spazio giornaliero e dedicarlo a esercizi motori, tecniche di rilassamento o pratiche meditative. Nei casi più gravi si può considerare l’idea di rivolgersi a uno psicoterapeuta. Molti sono i professionisti che, in questo periodo, stanno offrendo il loro aiuto tramite servizi online.

A cura della Tirocinante Ambra Cialfi – Tutor Dott.ssa Floriana De Michele

Bibliografia

1. Young, K. S. (1999). Internet Addiction: symptons, evaluation, and treatment. Clinical Practice, 19.

2. Perilli, E. (2012). Ombre iper-moderne. Magi, Roma.

3. Schneider, J. P. (2000). Effects of cybersex addiction on the family: Results of a survey. Sexual Addiction and Compulsivity, 7, 31-58.

Se hai trovato interessante questo articolo, puoi leggere anche: Stalker – Identikit: I cinque tipi di Stalker

Chiamami con Whatsapp

Coronavirus: la relazione tra madre e bambino.

Cosa sappiamo dei bambini in questa pandemia?

Uno dei dati più forti e immediati, che oggi abbiamo a disposizione, sembra essere la minore suscettibilità della popolazione pediatrica al Covid. Per questo sono state prontamente mobilitate diverse ricerche atte a cercarne la spiegazione. Ragioni che sembrano essere ascrivibili a fattori, sia esterni che interni.

Il fatto che, ad esempio, i bambini siano coinvolti in minori spostamenti si traduce in una minore possibilità, rispetto a quella stimata per gli adulti, di frequentare luoghi di affollamento. Così come sembrerebbe che i bambini presentino una maggiore resistenza intrinseca al virus rispetto ad altre popolazioni. Tale resistenza, da un lato, sembra dovuta ad una maggiore risposta immunitaria, dall’altro a una minore espressione dei recettori virali che costituiscono a livello polmonare dei veri e propri punti d’attacco per il virus.

Possiamo affermare, dunque, sulla base di queste prime analisi dei dati disponibili, che nella popolazione i bambini rischiano di contrarre, meno di tutti, il coronavirus. Si può dire lo stesso dal punto di vista psicologico? I bambini, anche in quest’ambito, sono i soggetti che rischiano meno perchè più protetti?

A questo proposito appare allarmante uno studio condotto da Sprang e Silman, secondo il quale i pazienti che in età pediatrica sono stati sottoposti a quarantena, a causa di un evento pandemico o epidemico, riportano un aumento (di 4 volte) degli scores ascrivibili alla sindrome post traumatica da stress, per cui sembra obbligo dover intervenire, per quanto possibile, in maniera preventiva.

Il bersaglio principale di tale intervento è, naturalmente, la relazione genitore-bambino. Considerando lo scenario aperto da questa pandemia, in cui regna la desertificazione delle relazioni sociali e del contatto fisico, tale relazione sembra essere risparmiata dal virus ed i bambini continuano, nella maggior parte dei casi, a poter godere della relazione con mamma e papà. E allora, la domanda che ci poniamo è: come poter preservare questa relazione (spesso l’unico contatto diretto) dalle ansie, le paure, le angosce che, in questo periodo, investono i genitori?

La madre

Il bambino, nei primi mesi, si forma attraverso la relazione con coloro che si prendono cura di lui, respirando lo stato affettivo della madre (in una sorta di fusione) e il clima emotivo che regna in casa.

Oggi queste parole possono risuonare forti e generare paura, soprattutto nei neo-genitori. Ma cerchiamo di chiarire quest’affermazione. Il genitore non è chiamato alla perfezione, per il semplice motivo che il genitore perfetto non esiste. Qual è, allora, il ruolo dell’adulto, specialmente della madre? Riprendendo la terminologia winnicottiana, possiamo affermare che per espletare la funzione di accudimento basta che la madre sia una madre “sufficientemente buona”, quindi non perfetta. Per Winnicott, nei mesi susseguenti la nascita, “le cure fisiche sono anche cure psicologiche”.

La madre, infatti, ha il compito di tenere insieme le parti scisse della personalità del bambino, in primis attraverso il contatto fisico. Quando la madre lo abbraccia, lo accarezza o lo tiene in braccio, sta assolvendo a questa funzione. Possiamo affermare che la mamma, che prima conteneva il bambino al suo interno, continua nei primi mesi di vita dell’infante, a contenerlo dall’esterno. Bion userà l’espressione “madre contenitore” proprio per indicare la capacità di quest’ultima di rendere “pensabili” e “nominabili” le angosce senza nome del bambino.

Seppur riferendosi a modelli teorici diversi, i due autori sembrano concordare sul fatto che la funzione primaria a cui è chiamata la figura dell’adulto è inerente all’accogliere e al rendere tollerabili le angosce dei propri figli. Banalmente, questa funzione di contenimento-contenitore può essere compromessa dall’ansia, dall’inquietudine e dall’angoscia che, soprattutto in questo periodo, possono investire la figura materna. Il genitore dovrebbe comunque poter continuare a svolgere la funzione di “base sicura” per suo figlio e quindi tendere forti braccia in cui il bambino troverà sicurezza e protezione.

Molti di voi, a questo punto, si staranno chiedendo, come aumentare la percezione della protezione nell’infante? A tal proposito, riassumiamo i consigli che l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha stilato sulla base delle direttive emanate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e divulgate il 6 Marzo 2020. Si tratta di indicazioni rivolte ai genitori e associate alla gestione dello stress e dell’ansia in questa situazione emergenziale.

Il filo invisibile, che tiene insieme tali indicazioni, sembra essere il concetto che prendendosi cura del proprio benessere psico-fisico ci si occupa anche di quello del bambino. Proprio per questo si consiglia all’adulto di coltivare i propri spazi, le proprie esigenze, di mantenere un alimentazione e uno stile di vita sano, di curare il proprio aspetto e di concedersi ( senza per questo sentirsi in colpa) momenti che favoriscano il rilassamento.

Solo occupandosi di sé stessi, si è grado di prendersi cura dell’altro. Cura che, sempre secondo le direttive dell’ISS, va incentrata sul contatto fisico madre-neonato. Si suggerisce, a tal proposito di tenere il neonato sulla propria pancia e accarezzarlo mentre si ascolta una musica rilassante, di prolungare i momenti di cambio del pannolino attraverso un massaggio, di ballare tendendo l’infante in braccio e così via.

La funzione del gioco nella relazione

Nel corso dello sviluppo il bambino esce da questa fase fusionale con la madre per intraprendere un percorso che lo porterà a costituirsi come essere a sé stante.

Secondo Winnicott, l’ “oggetto transizionale” è il primo oggetto “non-me” che accompagna il bambino in questo distacco. Esso, generalmente, è rappresentato da un pupazzo o una copertina che il bimbo tiene sempre con sé e rappresenta per lui la prima esperienza di gioco. Winicott ci dirà di più quando affermerà che: “il gioco è esso stesso una terapia.”

Il ruolo terapeutico del gioco è stato ormai confermato da numerose ricerche. Proprio in questo periodo la Fisher Price, uno dei più noti marchi di giocattoli, ha commissionato una ricerca alla dottoressa Jacqueline Harding, la quale ha passato in rassegna oltre cento studi accademici. Secondo tale studio i beneficiari di queste attività ludiche non sono solo i bambini ma anche gli adulti. Giocare con i più piccoli allontanerebbe lo stress e aumenterebbe la produzione di ossitocina, ormone che, oltre a svolgere importanti funzioni fisiologiche, gioca un ruolo essenziale nei comportamenti pro sociali come l’altruismo e l’empatia.

Nella psicodinamica evolutiva si parla molto di empatia, quale capacità di riconoscere e sentire lo stato emotivo dell’altro. Sarebbero le relazioni empatiche a permettere un sano sviluppo della personalità. E grazie a queste recenti ricerche sappiamo che sarebbe proprio giocare con i più piccoli ad aumentare i comportamenti empatici.

Quali giochi ci consigliano gli esperti? L’istituto Superiore di Sanità punta sul cosiddetto “gioco di movimento”, riconoscendo il ruolo dell’esercizio fisico, limitato dalla pandemia, come fondamentale per la promozione del benessere psico-fisico. Per contro i giochi sedentari, come i videogiochi, amplificherebbero una serie di problematiche già accentuate dalla corrente situazione pandemica (disturbi del sonno, sovrappeso, difficoltà di concentrazione..)

Quelli che seguiranno saranno solo alcuni esempi di attività pratiche (enunciate dall’ISS) che, in base all’età, si potranno fare col proprio bambino.

– 12/24 mesi

Si può pensare di far mimare al bambino alcuni animali (saltare come una rana, strisciare come un serpente, galoppare come un cavallo), o realizzare breve percorsi psicomotori ( circuiti con degli ostacoli).

– 24/36 mesi

In questa fase d’età lo sviluppo motorio investe soprattutto gli arti superiori, in particolare polso, mani e dita. Di conseguenza, si possono pensare giochi che mettono alla prova queste nuove acquisizioni, come un bowling casalingo (con bottiglie di plastica e palline da tennis).

– 3/4 anni

Con l’aumento dello sviluppo psicomotorio e la capacità imitativa del bambino vengono proposti passatempi come quello del salto della corda, oppure di una caccia al tesoro che ricopra tutto l’ambiente domestico.

– 5/7 anni

Età in cui migliora sensibilmente la coordinazione. Questo ci permette di organizzare dei percorsi ad ostacoli che richiamano diversi movimenti. Oppure, possiamo riproporre, adattandolo all’ambiente domestico, il classico gioco della campana. Sostituendo ai gessetti il nastro adesivo e utilizzando dei bottoni a posto del sassi, il gioco sarà presto fatto. Cambiando materiali, anche il gioco del basket è facilmente riproducibile. Basta attaccare alla maniglia di una porta un cestino o un cesto per la biancheria e avremo il nostro canestro.

-8/11

A quest’età i giochi di coordinazione ed equilibrio, adatti al bambino, sono più numerosi. Si può pensare di organizzare una festa da ballo, di liberare una stanza della casa per far finta di pattinare sul ghiaccio. O ancora, possiamo organizzare “le olimpiadi di salto in lungo”. In questo caso ci servirà solo creare, con dello scotch di carta, 5/10 linee distanziate di 20 cm circa. Iniziando dalla prima, il bambino dovrà saltarle e gli adulti registrare quante linee salterà.

La funzione del disegno

L’ISS riconosce l’importanza di alternare, a questi giochi movimentati, attività più rilassanti come la lettura di fiabe e il disegno. Si tratta di attività paragonabili, per i benefici che producono, al gioco. È noto che il linguaggio verbale è solo una delle forme di comunicazione e d’espressione del sé. Il disegno è una di quelle modalità di linguaggio non verbale che trova espressione per mezzo delle immagini.

Attraverso il disegno, infatti, il bambino sposta (proietta) emozioni, sentimenti, conflitti, angosce, dall’interno all’esterno (foglio). È uno strumento che ci aiuta a rappresentare parti di noi e a guardarle, quando sono sul foglio, con il giusto distacco emotivo. In questo modo, mostriamo quello che il linguaggio verbale avrebbe fatto fatica ad esprimere attraverso le parole. Proprio per questo il disegno, oltre che a liberare il bambino interiormente, offre una finestra attraverso la quale guardare l’anima del disegnatore.

Di conseguenza concede all’adulto la possibilità di intravedere le spie di un eventuale malessere emotivo del figlio. Per questo invitiamo gli adulti a munire i bambini di carta, matite, colori e a non porre alcun limite alle loro fantasie, facciamocele raccontare senza farci prendere dall’ansia di volerle interpretare o trovare dei significati reconditi.

È utile che l’adulto tenga a mente che il bambino antepone la fantasia alle rigide regole della logica. Maria Montessori, una delle più grandi pedagogiste e educatrici di tutti i tempi, consiglia di evitare l’atteggiamento della critica e del paragone, o più in generale qualsiasi appunto sottolinei l’errore. È importante che frasi come “non sai” o “non ci riuscirai mai” vengano bandite e sostituite da un accentuazione delle virtù.

La funzione della Fiaba

Un’altra modalità che da voce ai timori del piccolo è costituita dalla fiaba. Le fiabe hanno un struttura che rappresenta il nostro mondo interiore, in particolare quello dei più piccoli. Nello specifico, è attraverso il meccanismo dell’identificazione col protagonista, generalmente rappresentato dall’eroe coraggioso, che il bambino riesce a rivivere le proprie paure e angosce.

Il contesto fiabesco però offre qualcosa in più, ossia la percezione del “ri-vivere in sicurezza”. Tale sicurezza può nascere dalla voce calda e calma di chi narra la storia, ma soprattutto dalla garanzia del lieto fine. La lettura per i più piccoli, in questo periodo, è state ampliamente incentivata tramite numerosi progetti. Uno fra questi, prende il nome di “Pronto.. chi favola?” Si tratta di un’iniziativa ideata dal regista cinematografico Francesco Zecca e un gruppo di attori che verrà portata avanti per tutta la durata di questa emergenza sanitaria. Il genitore, previa prenotazione, riceverà nell’orario stabilito una telefonata da parte di un attore che racconterà una delle 70 favole contenute nella raccolta di Gianni Rodari.

Un’idea simile è stata proposta dal governo e prende il nome di CiStoDentro. L’ obiettivo che si propone è anche quello di incentivare il rispetto della prima regola legata alla pandemia del coronavirus, quella di stare a casa. Proprio nel sito del Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, le famiglie, oltre che informarsi sui consigli propinati per i più piccoli, potranno condividere i prodotti del loro stare a casa. A questo proposito, è stato condiviso con le famiglie un indirizzo e-mail a cui poter spedire disegni, racconti e ogni altro genere di produzione quotidiana.

Anche noi ci auguriamo di poter raccontare presto una fiaba a tutti i bambini. Un racconto che inizi con “C’era una volta, in un paese lontano, Covid” e termini, come tutte le fiabe, con un bel “E vissero tutti felici e contenti”.

C’è, tuttavia, ancora della strada da fare per chiudere questo delicato capitolo di vita che si può percorrere al fianco dei vostri figli, seguendo i consigli che gli esperti mettono a disposizione, ma non rinunciando mai al bambino interiore che è in voi e che vi permetterà di amarli.

Dal 2 Marzo al 5 Aprile sono state 2.867 le donne che hanno contattato i centri antiviolenza Donne in Rete (D.i.re.), di cui 806 non avevano mai fatto prima una richiesta di supporto, a conferma di quanto la convivenza forzata abbia ulteriormente intensificato le situazioni maltrattanti che le vittime si trovano costrette a vivere.

A cura della Tirocinante Ambra Cialfi – Tutor Dott.ssa Floriana De Michele

Bibliografia

Amedei, G.; Cavanna, D.; Zavattini, G.C. (2015). Psicologia dinamica. Il Mulino, Bologna. Carotenuto, A. (1991). Trattato di psicologia della personalità. Cortina, Milano.

Pecoraro L. I bambini ai tempi del covid-19. Rivista di immunologia e allergologia pediatrica 2020, 34: 2-3.

Bion, W. R., (2019). Apprendere dall’esperienza, Astrolabio Ubaldini, Roma.

Winnicott, D.W., (1965). Sviluppo affettivo e ambiente: studi sulla teoria dello sviluppo affettivo, trad. Alda Bencini Bariatti, Roma: Armando, 1974

Se hai trovato interessante questo articolo, puoi leggere anche: Il ruolo del padre tra normalità e patologia

Chiamami con Whatsapp

cervo ferito paura rabbia aggressività

Paura, rabbia, aggressività e Coronavirus

In questo particolare momento storico che il genere umano si trova costretto ad affrontare, l’attenzione è rivolta all’emergenza Coronavirus spesso in un clima di paura, rabbia ed aggressività crescente.  Agli effetti consequenziali della pandemia ed ai notevoli mutamenti sul piano emozionale di cui essa è portatrice.

È oramai assodato che la situazione Covid-19 ha lasciato e continua a lasciare segni profondi sulla psiche e sul modo di vivere delle persone. Sul loro essere, come individui sociali e come singoli. Innescando reazioni psicopatologiche che potrebbero permanere anche quando la situazione sarà superata.

La paura degli untori

Diverse sono state le sfumature osservabili in questo periodo così caotico e disorientante. Primo fra tutti l’aspetto misantropico, ovvero l’atteggiamento di quasi disprezzo e mancanza di fiducia nel genere umano, caratterizzato dall’isolamento sia materiale che morale. Ciò che a tratti si è manifestato sotto forma di un razzismo sconfinante nell’odio verso il prossimo, più precisamente verso i cosiddetti “untori”:

L’altro diverso da sé viene oramai percepito come un pericolo.

Conducendo un’analisi accurata del fenomeno sul piano emozionale, si può osservare che una delle maggiori cause all’origine dei comportamenti disfunzionali è stato il passaggio repentino da una routine movimentata, caotica, al passo con una società altrettanto veloce ed esigente. Al dover restare obbligatoriamente in casa, fatta eccezione per le strette necessità, come l’andare in farmacia oppure a fare la spesa. In modo da evitare gli assembramenti e rinunciando, quindi, all’aria aperta in compagnia e ad ogni forma di contatto fisico.

La restrizione e la convivenza forzata

Si è passati dall’essere individui liberi, senza alcuna restrizione, ad una convivenza forzata, anomala e senza precedenti. Questo ha avuto conseguenze allarmanti sul singolo e ripercussioni sulle relazioni tra le persone conviventi.

Sono aumentati i problemi di coppia, poiché l’invasione dello spazio più intimo della persona o la paura di perdere il lavoro, portatore dell’affermazione del sé, hanno condotto inevitabilmente ad incomprensioni continue.  Queste hanno creato conseguenze emozionali inibitorie, inoltre sono aumentate le problematiche legate alla gestione dell’ansia e dello stress.

A seguire, l’influenza mediatica, con la divulgazione di notizie allarmanti e a volta discordanti, il terrore del contagio, la disinformazione e l’isolamento forzato hanno contribuito ad incrementare una forma d’isteria collettiva, dettata dal non sapere e dal sentirsi persi ed in gabbia.

Coronavirus è  importante emergenza psichiatrica: la paura

Osservando da vicino le emozioni emergenti maggiormente riscontrate, prima fra tutte c’è la paura. Questa generalmente non è definita come proprietà negativa della persona, bensì come emozione primaria utile, imprescindibile, con funzione adattiva per l’essere umano.

La paura appare come potente meccanismo autoprotettivo, una risposta di difesa, che, attivando specifici sistemi organici, dà luogo ad un determinato comportamento, identificato come reazione di evitamento e fuga.

La paura funziona bene se è proporzionata al pericolo, se protratta nel tempo ed ingigantita da pensieri disadattivi, potrebbe diventare un apprendimento strumentale. Una tendenza a sovrastimare il fenomeno e a generalizzare la portata del pericolo.

L’ansia , l’angoscia, il panico

In questo scenario dove la rappresentazione soggettiva della realtà è caratterizzata da immagini e pensieri ricorrenti di fronte alla minaccia incombente del Covid-19, la paura si trasforma e può degenerare in ansia, allarmismo e panico.

Le persone si sentono vulnerabili e quindi impotenti, insicure, irrequiete, spesso in preda ad un senso di perdita, smarrimento.

Quest’emozione primaria con funzione adattiva può così tramutarsi in angoscia. Un sentimento che tende ad insorgere proprio quando i valori individuali si presentano fragili, incoerenti con il concetto di esistenza stessa. Questa condizionata da conflitti interni ed esterni, e quindi con il concetto di benessere della persona.

Anche i cosiddetti “pantofolai”, ovvero i soggetti più introversi o solitari, nonostante la maggiore elasticità nell’adattamento e la capacità di equilibrio nel superare le limitazioni forzate sono esausti. Dopo oltre un mese dalla prima ordinanza emanata, risentono della reclusione, non trattandosi più di una libera scelta ma di un’imposizione. Perché l’uomo di per sé è un essere sociale e, come tale, ha bisogno del contatto con gli altri per vivere bene ed in modo equilibrato.

Si sono palesati maggiormente a rischio gli individui più fragili mentalmente, affetti già da psicopatologie o inclini a processi cognitivi disfunzionali come il rimuginio. Vale a dire tutte quelle persone con problemi di gestione dell’ansia, stati depressivi, disturbo post traumatico da stress, attacchi di panico, stati maniacali.  Problematiche queste legate alla paranoia, alla malinconia, alla solitudine e con disturbi di tipo ossessivo compulsivo.

L’insorgere della rabbia ed aggressività

Un ulteriore importante aspetto su cui soffermarsi è la rabbia,  altra emozione primaria istintuale a valenza negativa. Essa, come la paura, ha una funzione adattiva che risiede nell’istinto del soggetto di difendersi dalla minaccia.

Per la maggior parte delle teorie, la rabbia rappresenta la tipica reazione alla frustrazione e alla costrizione, sia fisica che psicologica. E’ una risposta ad uno stimolo che viene percepito ed interpretato dall’individuo come ingiusto e provocatorio, quest’esperienza vissuta viene descritta dal soggetto spesso come sgradevole e problematica.

Più in generale, l’emozione della rabbia può essere quindi definita come la reazione che consegue una precisa serie di eventi.  In una situazione di isolamento e restrizione come quella che dai primi giorni di Marzo si sta vivendo a livello internazionale, il distress e le scarse strategie di coping giocano un ruolo primario nelle manifestazioni d’ira e collera.

Spesso nella quotidianità il termine rabbia e quello di aggressività vengono utilizzati in modo interscambiabile, ma non sempre coincidono. Ciò perchè  il primo termine si riferisce ad uno stato emotivo, mentre il secondo, facendo riferimento all’aggressività ostile. Questo è un comportamento risultante dalla collera, volto all’etero o all’autodistruzione, potendo esitare in atteggiamenti devianti evidenti.

Quando si può perdere il controllo

L’emozione dell’ira, sia che sfoci in azioni aggressive, sia che permanga a livello soggettivo come esperienza emotiva, duratura e persistente, si associa spesso a conseguenze avverse. L’esempio più drammatico delle conseguenze negative della rabbia, del risentimento e della paura è la violenza. Questa va  intesa come tendenza all’azione, sia essa diretta verso se stessi o verso l’altro diverso da sé.

Le persone irritate e frustrate sono più irrazionali e propense ad esercitare una scarsa capacità di giudizio, di conseguenza sono propense a comportarsi in modo rischioso ed imprevedibile.

Si pensi a come vive nel contesto di restrizione ed isolamento sociale chi è incline a stati isterici, non conforme, quindi, a seguire le regole. Tali individui sono  esposti alla perdita di controllo e ad attacchi di aggressività e violenza, che, in una situazione come quella attuale, possono amplificarsi e diventare innumerevoli. È ancor più dura per chi ha problemi di dipendenza, dall’alcool, all’abuso di sostanze stupefacenti fino a giungere alla ludopatia o ad altre new addictions. Ciò poiché l’effetto della quarantena potrebbe portare ad un peggioramento della condizione patologica e gravare inevitabilmente sul rischio di ricaduta. E  proprio perché aumenta la sensazione di perdita di controllo ed i conseguenti comportamenti disfunzionali di compensazione.

… E Confluiscono nella violenza domestica

Prosperano la frustrazione, la rabbia, l’insofferenza e crescono statisticamente i casi di violenza domestica.

Di solito l’atteggiamento aggressivo, pensato anche come risultante dell’alto livello di testosterone, pur subendo l’influenza di diversi fattori, tra cui l’esperienza personale ed il contesto sociale di riferimento, è associato soprattutto al genere maschile.  I casi che si vengono a manifestare ogni giorno ne danno la conferma. Secondo quanto riportato nell’articolo di The Post Internazionale Srl (TPI.it), del 16 Aprile 2020, i casi di violenza di genere sul territorio italiano sono aumentati del 74,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Dal 2 Marzo al 5 Aprile sono state 2.867 le donne che hanno contattato i centri antiviolenza Donne in Rete (D.i.re.), di cui 806 non avevano mai fatto prima una richiesta di supporto, a conferma di quanto la convivenza forzata abbia ulteriormente intensificato le situazioni maltrattanti che le vittime si trovano costrette a vivere.

Le donne maltrattate in dipendenza affettiva

Ciò non considerando il numero esponenziale di donne che, invece, non denunciano, che subiscono abusi e violenze in una dimensione di totale dipendenza affettiva, tipica della coppia patologica. Tali donne vivono in una condizione di sottomissione al partner, nel terrore di essere abbandonate e di rimanere sole. Va reso noto però che la violenza non è un unidirezionale, anzi, al contrario, viene presentata come un fenomeno trasversale e marcatamente diffuso. Anche le donne, se pur in forma ridotta, possono manifestare aggressività e possono violentare, in maniera più subdola, i propri compagni. Ne è un esempio la violenza psicologica, di cui sono vittime circa 5.000.000 di uomini ogni anno.

Molti mariti, succubi delle proprie mogli, vengono denigrati, umiliati davanti ai propri figli ed occasionalmente anche aggrediti fisicamente con schiaffi, graffi o morsi. Semplicemente non se ne parla. Dunque, in termini di manifestazioni di violenza, le differenze di genere vanno ad attenuarsi, soprattutto in presenza di una situazione causa di stress o provocatoria, come la restrizione o l’isolamento sociale.

Il ruolo dello psicologo

In un contesto emergenziale come quello attuale, il ruolo dello psicologo resta quello di offrire ascolto, consulenza, rispetto, accoglienza e soprattutto comprensione ed empatia.

L’obiettivo è creare una relazione di fiducia con chi fa richiesta di supporto psicologico, è importante abbattere le barriere che si frappongono tra chi aiuta e chi è aiutato, per guidare il paziente verso il proprio benessere psicofisico.

La terapia online segue le stesse regole del classico percorso terapeutico, ma naturalmente le dinamiche cambiano, prima fra tutte c’è la modificazione del setting. Si è passati dal vis a vis psicologo-paziente ad un confronto filtrato dallo schermo. La relazione terapeutica manca della presenza fisica dei due interlocutori e viene effettuata in uno spazio virtuale, veicolata da strumentazioni tecnologiche.

Skype, WhatsApp ed altre app con finalità simili diventano il nuovo setting all’interno del quale lavorare.

Problematiche della psicoterapia on line

Questi cambiamenti hanno portato molte problematiche. Prima fra tutte la mancanza di privacy. Diversi pazienti hanno abbandonato i rispettivi precorsi terapeutici, temendo di essere ascoltati durante gli incontri dai familiari o conviventi. Altri, a causa delle difficoltà finanziarie legate al lockdown nazionale, non hanno voluto proseguire con le sedute, per risparmiare ed affrontare il momento critico. Altri ancora non hanno riposto fiducia nella buona riuscita della nuova modalità online.

D’altro canto, nonostante i dati d’abbandono, c’è invece chi ha avvertito l’effettivo bisogno di un supporto psicologico, per fronteggiare al meglio l’emergenza, la reclusione e la gestione emozionale. Usufruendo così di tutte le risorse messe a disposizione dal sistema.

Le iniziative di cura e tutela online

A tal proposito, il Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi (Cnop) ha promosso le iniziative #psicologionline e #psicologicontrolapaura, attraverso cui si può prenotare un tele-consulto sul territorio regionale, per via telefonica o in videochiamata.

La Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC) ha creato, attraverso il progetto “Amicopsicologo”, una rete di sostegno online. La Società psicanalitica italiana (Spi), invece, ha messo a disposizione un servizio di ascolto e consulenza di psicologia psicanalitica gratuito.

Inoltre, sempre il Cnop ha messo a disposizione un servizio  d’aiuto e d’orientamento psicologico, a portata di tutti i cittadini, fornendolo anche alle farmacie, questo prevede indicazioni per prevenire e gestire l’ansia e pratiche per affrontare l’emergenza e le situazioni stressanti.

Per quanto riguarda la violenza domestica è stata lanciata anche una campagna informativa sui social dal ministro alle Pari Opportunità e alla Famiglia Elena Bonetti con l’intento di rassicurare le vittime ed informarle che i centri antiviolenza e le case rifugio sono sempre attivi e si sta contribuendo anche ad ampliare il numero di nuovi alloggi, richiesta sollecitata dall’associazione Donne in Rete (D.i.re).

Dunque, attraverso un approccio psico-educativo, veicolato da smartphone, PC o tablet, e il più possibile vicino alle esigenze delle persone. L’obiettivo generale è quello di evitare che le paure diventino panico e contribuiscano all’aumentare dello stress e dei consecutivi comportamenti distruttivi e disfunzionali.

La resilienza.

Un aspetto chiave su cui bisogna lavorare, per fronteggiare le emozioni primarie a valenza negativa, di cui si è parlato precedentemente,  per evitare l’incremento di aggressività e forme di violenza, è la resilienza. Questa va intesa come adattamento alle avversità e quindi come la capacità di opposizione alle pressioni provenienti dall’ambiente.

La resilienza implica una serie di pensieri, atteggiamenti e comportamenti che possono essere appresi, sviluppati e migliorati in base al cambiamento di ogni persona. E’ una funzione psichica che si modifica con il tempo in rapporto all’esperienza, ai fattori emozionali e familiari, al bagaglio personale, ai fattori di sviluppo e al cambiamento degli schemi mentali.

Essere resilienti non vuol dire non provare emozioni negative quali rabbia, paura e tristezza, al contrario vuol dire saperle riconoscere per accoglierle, accettarle ed andare avanti. Si possono controllare ed incoraggiare l’impegno, il controllo e l’assertività, bisogna essere consapevoli di sbagliare.  Poter modificare quel comportamento che porta all’errore, bisogna essere disposti al cambiamento per vivere in modo più equilibrato.

La resilienza delle persone in psicoterapia

Si sta dimostrando, infatti, che le persone già inserite in percorsi di psicoterapia, con una maggiore consapevolezza di sé e con maggiori capacità di riorganizzazione positiva della propria vita, si sono palesate ancor più resilienti. Esse sono  pronte ad affrontare il futuro in un’ottica di dignità della persona e di rispetto del prossimo, facendo appello all’altruismo come valore del singolo inserito nel contesto sociale.

Bisogna lavorare sull’autocontrollo, sulla competenza sociale e comunicativa e sulla fiducia nelle proprie capacità. Solo così si può imparare a gestire al meglio tutte le emozioni che continuano ad affiorare in questo particolare momento critico. A tramutarle in energia positiva da investire nelle attività quotidiane o ricreative.

Bibliografia

• Bagnato K. “Aggressività e intelligenza emotiva: quale relazione?”, Pensa MultiMedia Editore srl, ISSN 2038-9748, Giornale Italiano della Ricerca Educativa, anno VI – n. 10, 2013.

• Mondani M. “Percorsi di criminologia”, 2011, Libreriauniversitaria.it edizioni, ISBN 9788862921633.

A cura della Tirocinante Gina Ragusa – Tutor Dott.ssa Floriana De Michele

Se hai trovato interessante questo articolo, puoi leggere anche: Prevenzione della Violenza Domestica : Ruolo del consultorio.

Chiamami con Whatsapp

psicologia coronavirus

Psicologia del Coronavirus

COVID -19 è il nome dato alla malattia che si sviluppa per effetto della contaminazione del virus SARS-CoV-2 appartenente alla famiglia dei CORONAVIRUS.

Ad oggi tutti sappiamo che i coronavirus sono meglio conosciuti quali cause delle infezioni non gravi delle prime vie respiratorie e del tratto gastrointestinale. Ciò ha portato a sottovalutare la forza patogena del nuovo coronavirus anche se alcuni di essi colpiscono le basse vie respiratorie causando malattie gravi tipo la SARS e la MERS.

La pandemia partita dalla Cina

Così, dalla fine di febbraio 2020, in pochi giorni si è sviluppata una pandemia che sembra essere partita dalla Cina con conseguenze altamente mortali anche per l’Italia.

La trasmissione aerea attraverso il contatto con i casi sintomatici in primo luogo. Ma anche con i casi infetti e non sintomatici, il periodo di incubazione, che può arrivare fino a due settimane, l’aspecificità dei sintomi, che potrebbero almeno inizialmente essere confusi con quelli di una normale influenza. Sono queste le caratteristiche che hanno reso COVID-19 l’oggetto mostruoso che da circa due mesi sta invadendo la nostra mente.

Andrà tutto bene!

All’inizio dell’epidemia non ci si riusciva a credere alla potenza mortale del virus SARS-CoV-2 e alcuni famosi scienziati virologi non ci hanno aiutato molto a capire, ANZI!

Così la reazione della società italiana è stata quella di esorcizzare il demonio con l’espressioni artistiche ( la gente canta sui terrazzi, in casa, si applaude in coro), con l’auto-incoraggiamento (cartelli colorati con scritto “andrà tutto bene” ) e con il tentativo di isolarlo “restando in casa” come pure consigliano gli esperti.

App Immuni e Grande Fratello

Tutta l’Italia comincia a vivere come in una sorta di Grande Fratello Popolare dove ognuno può recitare una piccola parte, ma dove ognuno passato il primo momento dell’euforia creativa comincia a sentire il peso di tutta la situazione.

La paura di ammalarsi passa attraverso l’abbraccio, il bacio, la stretta di mano, la mano sulla spalla del familiare, dell’amico, del vicino di casa, del coniuge e del convivente, dei figli, dei nonni, delle persone fragili a causa del precario stato di salute.

La distanza fisica, che si vuole controllare con una App chiamata “Immuni” , diventa distanza emotiva ed affettiva , e fa colorare la nostra interiorità di una sensazione persecutoria.

Il coronavirus e la psicologia delle persone

Gli anziani muoiono soli dentro strutture depersonalizzanti e già tristi di per sé. I bambini piangono e diventano irrequieti, sedando di colpo l’iperattività con cui vengono educati attraverso i mille impegni giornalieri che permettono ai genitori di stare lontano da casa fino alla sera. I coniugi non più abituati a condividere il tempo e gentilezze reciproche confliggono senza ragione. I cattivi diventano più cattivi, ma c’è anche chi recupera la bontà attraverso comportamenti solidaristici.

Il lavoro ed il coronavirus

Le attività lavorative e le professioni si fermano, altre si santificano! I medici, gli infermieri costretti ad abbandonare la medicina difensiva, tanto in voga negli ultimi tempi, tornano ad onorare il giuramento d’Ippocrate. A volte, a costo anche della loro vita. Si evidenziano tutte le criticità di un Sistema Sanitario Nazionale diventato sempre più un’ azienda che produce profitto. Ma è sempre meno garanzia di salute e di benessere per la popolazione intera compreso per chi vi lavora!

Come vivere l’umanità durante questa pandemia

In tutto questo marasma viene fuori con tanta forza il bisogno di recuperare e vivere l’umanità. Cioè la sua forza spirituale! quella cosa che dentro ognuno di noi fa riflettere e riflettersi, pensare e ripensare, ricordare e sognare, desiderare ed emozionare, conoscere. “PSICHE”, che muove i suoi passi verso AMORE o che fa muovere Amore verso di lei! E’ la favola eterna dell’umanità che lotta tra istinto e razionalità, tra cuore e cervello fino al raggiungimento dell’equilibrio e della maturità.  E’ il senso che la PSICOLOGIA ha nella cura e nel sostegno alle persone e ai loro sistemi di organizzazioni sociali anche nel tempo del coronavirus.

Se hai trovato interessante questo articolo su psicologia del coronavirus, puoi leggere anche: Prevenzione della Violenza Domestica : Ruolo del consultorio.

Chiamami con Whatsapp

far cambiare idea

È possibile far cambiare idea ?

La Sfida del Cambiamento di Opinione Ad ognuno di noi probabilmente è capitato di voler convincere qualcuno che la …

empatia

L’Empatia: Il Collante Sociale per un Mondo Migliore

Introduzione Nell’era delle divisioni e dei conflitti, la ricerca psicologica sottolinea l’importanza cruciale …

amicizia platonica

L’importanza delle amicizie platoniche

Introduzione Nella nostra cultura, il romanticismo è spesso considerato l’apice delle relazioni umane. Tuttavia, …