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Forme di Persecuzione quotidiane : tra patologia e criminalità

Le persecuzioni nascono dentro di noi

Le osservazioni che seguono in questa mia elaborazione sono il frutto del lavoro di psicoterapeuta svolto nell’ultimo anno in cui ho analizzato vari casi clinici su forme di persecuzione quotidiana. Un anno  che mi ha visto impegnata e coinvolta con diversi pazienti ad elaborare e superare delle situazioni particolarmente difficili. Sia da un punto di vista psicologico e affettivo sia da un punto di vista fenomenologico e pragmatico.

Come nasce un atto di persecuzione

Gli atti persecutori (qui puoi leggere un articolo interessante) sono un insieme di condotte reiterate nel tempo, dirette o indirette, indirizzate ad una persona conosciuta o sconosciuta, che inducono chi le subisce in uno stato di soggezione o grave disagio psichico o fisico.

La persecuzione è un comportamento che psicologicamente consiste nell’azione coatta messa in atto per impossessarsi dell’oggetto. Si insinua nell’ inconscio molto precocemente durante lo sviluppo e la sua percezione è vissuta narcisisticamente. Proprio come il proprio doppio o specchio, la sensazione è quella di sentirsi come posseduti da essa. Successivamente trova le sue rappresentazioni ideative nel preconscio e poi si trasforma in parole nel conscio. Queste forme della persecuzione inconscie e conscie, però, sono gestite, nell’ apparato psichico, dal Super-io, attraverso l’autosservazione e la coscienza morale.

Pertanto, la persecuzione è un sentimento che è dentro ognuno di noi. Al fine di rendere evidente il processo vi racconterò di un sogno fatto da una paziente, che chiamerò Marina.

Il Caso Clinico di Marina

Marina soffre di attacchi di panico. Racconta un sogno, dopo aver manifestato i primi progressi nella terapia.  Dice : “ho passato queste due settimane bene, ho lavorato bene e soprattutto la sera sono stata bene, infatti anche il mio fidanzato mi ha detto “..e che è successo?”. Solamente domenica ho sentito per pochi minuti la sensazione di essere combattuta tra due forze che mi tiravano da una parte all’altra, una mi spingeva ad essere me stessa e l’altra mi diceva che non potevo.

Il sogno di un inseguitore

Ho sognato di essere inseguita da un tipo che mi voleva violentare, non so come, ma mi voleva aggredire. Non era la prima volta che sognavo di essere inseguita e aggredita. Io correvo sopraffatta dall’angoscia fino a che mi sono rifugiata in casa. L’inseguitore è entrato pure lui e si è nascosto per sorprendermi all’improvviso, ma io ho preso il ‘soffietto’ del camino e ho cominciato a stanarlo. Sono andata a cercarlo nel bagno e l’ho visto dietro la cesta dei panni sporchi, ho scansato la cesta e c’era un ragazzino che si copriva il viso con le mani. Allora , ho pensato che l’aggressore fosse scappato perché mia madre, che lo cercava insieme a me, mi ha detto che non poteva essere quello, infatti solo in quel momento mi sono accorta che quel ragazzino era mio fratello.”

Lo status familiare di Maria

Marina ha un fratello molto più piccolo di lei di cui si è sempre presa cura fino a quando non ha iniziato a lavorare. Ha anche una sorella più grande che è molto diversa da lei perché piu autonoma e più aggressiva che litiga molto con lei e col padre e dalla quale si sente continuamente invasa.

Il padre è stato un alcolista e la madre una persona abbastanza assente sia fisicamente che psicologicamente, ma Marina non se n’era resa conto mai fin’ora. La sua crisi d’angoscia più grande l’ha avuta un estate in vacanza col padre, adre e fratello,i nfatti dovette rientrare dalla Calabria e ritornare a casa con la nonna che l’aveva allevata. Inizia l’analisi perché spinta dal fidanzato in quanto la sua gelosia morbosa stava rovinando il loro rapporto affettivo. Dal fidanzato precedente Marina aveva subito e sopportato gravi maltrattamenti anche fisici tuttavia non è riuscita a staccarsi da lui, per sua fortuna il tipo l’ha sostituita con un altro oggetto da consumare, come lei definisce la sua nuova fidanzata.”

Se ci pensiamo bene , ognuno di noi nella vita, probabilmente ha fatto un sogno simile a questo! Ma perché? Da dove ci arriva questo senso di persecuzione?

Il “mondo interno” ed “esterno” di  M. Klein

M. Klein in “INVIDIA E GRATITUDINE” ipotizza che i bambini abbiano un mondo interno fatto da immagini dei loro genitori , crudeli e feroci, molto piu’ di quanto lo fossero in realtà. Queste immagini che costituiscono gli oggetti interni, sono distorte da fantasie sadiche, e quindi, non sono una replica identica del mondo reale esterno.

Mondo interno e mondo esterno nel bambino, sono il prodotto di meccanismi di introiezione e di proiezione degli oggetti buoni e cattivi fin dall’inizio della vita.

L’ “Io” è il risultato di oggetti introiettati, mentre il Super-io si costituisce quando gli oggetti sono proiettati all’esterno dell’io .

Dunque, il bambino entra in relazione con il mondo esterno attraverso la fantasia inconscia che è costituita dalle rappresentazioni interne . Queste rappresentazioni interne a loro volta sono prodotte da un meccanismo di scissione e di proiezione. Attraverso di esso   si attribuiscono ad uno oggetto idealizzato, tutte le aspettative di bontà, di amore e di piacere. Oppure lo si trasforma in oggetto persecutorio, potenzialmente portatore di dolore, di angoscia e di cattiveria.

La posizione schizoparanoide

Una fissazione a questo stadio evolutivo, detto della posizione schizoparanoide, porterà ad utilizzare il meccanismo della scissione e proiezione come elemento di accomodamento e adattamento alla realtà. Porterà inoltre allo sviluppo di una probabile patologia. Ciò  in quanto si basa sulla percezione univoca di un oggetto che sarà o buono o cattivo, e che risentirà fortemente dell’influenza sadica iniziale.

Questi sono i processi mentali utilizzati anche nel pensiero magico proprio del delirio psicotico .

La comparsa della posizione depressiva

La posizione schizoparanoide sarà superata evolutivamente con il raggiungimento della posizione depressiva. In questa  quale il bambino diventerà capace di percepire la madre come un oggetto intero, con parti buone e cattive. Ciò  gli renderà possibile farsi una ragione della propria capacità di amare e odiare lo stesso genitore, accettando la propria ambivalenza interna.

A seguito della scoperta di questa ambivalenza il bambino farà l’esperienza del senso di colpa per l’ostilità provata per un oggetto che viene riconosciuto come buono e amato, temendo di perderlo.  Da qui si svilupperà l’ angoscia depressiva.

Il sentimento di invidia

Secondo M. Klein l’introiezione dell’oggetto avviene attraverso un sentimento di invidia (primaria o primitiva).  L’ invidia, però, è una forma particolarmente maligna di aggressività innata che è rivolta ad un oggetto buono. Diversamente da altre forme di aggressività comunemente rivolte a oggetti percepiti come cattivi. Il bambino non tollera che sia la madre a gestire l’oggetto buono tanto desiderato, dalla quale lui è totalmente dipendente. Per tale motivo la paura della sua perdita svilupperà una prematura espressione dell’angoscia depressiva.

Se il livello di invidia è eccessivo, questa può spingere il legame con l’oggetto buono verso la distruzione, col risultato di una idealizzazione del Sé sprezzante e onnipotente. L’ oggetto costretto o imprigionato all’interno di un Super-io primitivo. Questo  tenderà ad essere sempre più rigido, non potrà stimolare l’elaborazione della posizione schizoparanoide. La grave conseguenza  sarà l’ evoluzione verso forme di stati confusionali in cui non si differenzia più l’amore dall’odio.

Il rapporto del bambino  con l'”oggetto buono”

Dice la Klein che in contrapposizione al bambino che per colpa dell’invidia non è stato capace di costruire in modo valido l’oggetto interno buono, il bambino che possiede una grande capacità di amore e di gratitudine stabilisce un rapporto ben radicato con l’oggetto buono. Ed è in grado di superare senza grave danno quegli stadi di invidia, di odio, di dolore temporanei. Quando questi stati negativi sono transitori, l’oggetto buono viene riguadagnato ogni volta.

Col passare degli anni il rapporto con l’oggetto buono diventa punto di riferimento per lo sviluppo verso le persone in particolare nella capacità di amare dell’adulto.”

Nella formazione e nel consolidamento degli aspetti persecutori nella personalità, però, entrano in gioco anche componenti ambientali e sociali durante lo sviluppo infantile e nell’età adulta, ed in questo, il sistema educativo è fondamentale.

Il sistema educativo oppressivo di Alice Miller

Alice Miller, psicoanalista tedesca, nel testo “La persecuzione del bambino: le origini della violenza”, descrive una pedagogia nera, secondo cui l’educazione del bambino si attua soprattutto attraverso un sistema di oppressioni che costruiscono un’oppressione generazionale.

L’oppressione che viene esercitata sui bambini, sugli adolescenti si esplicita in generale nel dominio degli adulti sui giovani, attraverso una serie di mezzi, comportamenti ed istituzioni.

Si tratta di un’oppressione distinta da quella di classe, ad esempio, o da quella etnica, o da quella esercitata degli uomini sulle donne, ma a cui si somma, con conseguenze disastrose.

Il meccanismo della rimozione nel bambino

Durante i primi anni di vita il bambino subisce i traumi più forti e dolorosi. Ma, dal momento che l’unica sua risorsa contro il dolore è la rimozione immediata, il piccolo dimentica subito la ferita fisica e psicologica che gli viene inferta da chi dovrebbe invece provvedere ai suoi bisogni.

Nessun bambino può infatti sopportare e neanche concepire l’idea di non essere al centro dell’amore disinteressato dei propri genitori. In questo momento evolutivo la funzionalità del meccanismo della rimozione è di estrema importanza e dì estrema pericolosità. Ogni bambino normalmente dotato, reattivo e sensibile, ha la capacità di captare le aspettative e i bisogni inconsci dei genitori e di adattarvisi.

Più sono pressanti e inconsapevoli tali richieste degli adulti e più il bambino, per la vitale necessità di sentirsi amato e accettato, tenderà a questo adattamento. Ciò facendo  metterà a tacere i suoi sentimenti più spontanei, la rabbia, la gelosia, l’indignazione, l’invidia, la paura, che risultano inaccettabili ai grandi.

Inoltre  il bambino non riesce a integrare nella sua personalità la parte più vitale del suo vero Sé.

La nascita della depressione

Nascono da qui insicurezza affettiva e un impoverimento psichico, che poi sfociano nella depressione o si celano dietro una facciata di grandiosità, o sono destinati a produrre comportamenti distruttivi e violenti.

In determinate occasioni, dunque, l’essere umano può diventare estremamente violento e può arrivare ad uccidere, se non lo fa è perché è dotato di buone e sane difese.

Quando si perde il controllo di sé

Tuttavia ci sono delle situazioni in cui perdere il controllo emotivo avviene normalmente. Per esempio , nelle situazioni belliche, per cui in guerra uccidere diviene un comportamento non più vietato, ma preventivato.

Può accadere nel corso delle calamità naturali, quando degli onesti cittadini vengono sorpresi a compiere atti di sciacallaggio. Può accadere nelle situazioni di folla, come ad esempio allo stadio, quando anche il bravo ragazzo mette in atto comportamenti distruttivi e violenti. Può accadere nei riti di iniziazione, mi vengono in mente i maltrattamenti e gli omicidi perpetrati nelle sette sataniche. Ma anche il video registrato col telefonino e trasmesso via internet degli atti violenti commessi dai ragazzi che cercano di entrare così a far parte di questa moderna società in cui il sentimento di un sé grandioso e gonfio fa uscire fuori della realtà perché vissuta tramite quella fantasia inconscia come ci ha insegnato la Klein.

Bulling

Può accadere a scuola , fenomeno del bulling, quando uno studente, già dalla scuola elementare, è oggetto di prepotenze o è vittimizzato da uno o più studenti, ripetutamente , tramite azioni negative, aggressive , che possono essere realizzate con contatto fisico, parole o altri modi, come smorfie o gesti, e con intenzionale esclusione dal gruppo (Dan Olweus , Università di Bergen, Norvegia).

Mobbing

Può accadere al lavoro, fenomeno del mobbing. Il termine mobbing è stato coniato agli inizi degli anni settanta dall’etologo Konrad Lorenz. Con esso si descrive un particolare comportamento di alcune specie animali che circondano un proprio simile e lo assalgono rumorosamente in gruppo al fine di allontanarlo dal branco.

Il Mobbing è essenzialmente una situazione di conflitto sul lavoro. Esso  si presenta come una serie di azioni ostili costanti, frequenti e prolungate nel tempo, portate da uno o più individui aggressori (mobber ai danni di una o più vittime (mobbizzati) con lo scopo preciso di arrecare danno. Una forma di mobbing è il mobbing orizzontale. E’ una delle possibile persecuzioni moderne.

Mobbing attivo e mobbing passivo

Le azioni di Mobbing possono essere attive : attacchi ai contatti umani e alla reputazione, cambiamenti delle mansioni, minacce, critiche, pettegolezzi, violenze, etc… Oppure passive : isolamento, discriminazioni, ostruzionismi, sabotaggi, rifiuto di collaborazione e di risposte, etc… In ogni caso, sono tutte cose tese alla distruzione psicologica, professionale e/o sociale del mobbizzato. Generalmente a causa del fatto che  questo si è venuto a porre in una posizione “scomoda”.

Il Mobbing non è mai immotivato. C’è sempre , per quanto banale, fortuita o importante, una ragione ben precisa dietro il comportamento lesivo del mobber. Il mobber  in genere vede la sua vittima come un ostacolo, un fastidio, un problema da eliminare (Heinz Leymann ed Harald Ege).

Straining

Ma, nel campo lavorativo, perdere il controllo delle emozioni, può accadere anche nel piu’ raffinato fenomeno dello STRAINING. Questo deriva  dal verbo inglese “to strain”, simile a “to stress”, che significa “tendere, sforzare, distorcere, stringere, mettere sotto pressione anche in senso figurato“. Questa è un’altra delle persecuzioni quotidiane cui si può andare incontro..

Lo STRAINING ha a che fare con lo stress di tipo chiaramente occupazionale, dove l’aggressore (strainer) sottomette la vittima facendola cadere in una condizione particolare di stress con effetti a lungo termine. Tipico è lo straining sul posto di lavoro. Tale stress può derivare dall’isolamento fisico o relazionale o dalla passività generale nei confronti della vittima. Inoltre dalla mancanza materiale del lavoro o della qualità del lavoro (sotto attivazione), o dall’eccesso di lavoro o di qualità del lavoro (sovra-attivazione).

Le modalità dell’atto persecutorio di straining

Quale atto persecutorio sul posto di lavoro, si passa, dall’essere relegati in una stanza in fondo al corridoio dove nessuno passa o trasferiti nella classica filiale remota dove nessuno vorrebbe andare, all’ essere sottoposti ad un eccessivo carico di lavoro mansioni superiori di cui magari non si ha una preparazione o formazione adeguata, oppure essere privati delle normali mansioni e costretti ad incarichi minori o addirittura all’inoperosità.

In ogni caso, l’azienda si aspetta troppo dalla persona lavoratore, fino a costruire una cultura latente fatta di pretese e di cieca fedeltà a cui il lavoratore non può sottrarsi, pena la minaccia della perdita del posto di lavoro.

Come l’azienda può difendersi in caso di contenzioso

In questo caso bisogna stare attenti a non confondere il fenomeno col mobbing. Infatti l’azienda potrebbe avere buone possibilità di dimostrare che si è trattato di uno stress organizzativo generalizzato oppure di problemi soggettivi della vittima.

Ho avuto un caso, per esempio, in cui alla paziente le veniva ostacolata ed impedita la carriera di manager perché essendo donna le veniva puntualmente rimproverata la sua aggressività. Questa è caratteristica di reazione personale, in un ambiente totalmente maschile dove a nessuno uomo venivano messe in evidenza reazioni di carattere emotivo personale.

Stalking

Harald Ege è autore di “Oltre il Mobbing: straining, stalking e altre forme di conflittualità sul posto di lavoro”.

Il controllo delle emozioni è sicuramente perso nello Stalking, che esiste sotto varie forme , come lo stalking occupazionale, che ne rappresenta la forma più grave. Di questo comportamento criminale (esistono dei numeri antistalking) se ne trovano tracce già nell’antica Grecia. Una drammatica testimonianza, infatti, viene dalle pagine delle Metamorfosi di Ovidio. In questo scritto  si racconta l’inseguimento di Dafne da parte di Apollo e Dafne preferisce farsi trasformare in albero di alloro piuttosto che cedere al dominio di Apollo.

Le parole che il dio Apollo rivolge alla ninfa in fuga, alla fine della storia finita drammaticamente, riprendono il tema centrale dello stalking. ” Io non sono un nemico, amor est mihi causa sequendi : è per amore che ti inseguo ”.

Se hai trovato interessante questo articolo, puoi leggere anche: Stalker – Identikit: I cinque tipi di Stalker.

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