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COSA DICO: UNA BUGIA O LA VERITA’?

Cosa sono le bugie ?

Raccontare  bugie non ha niente a che fare con quelle  croccanti e delicate sfoglie tipiche del Carnevale (chiamate più comunemente chiacchiere). Sono invece anche quelle mezze verità (o quelle piene falsità). Si proprio quelle che si dicono allo scopo, non sempre conscio, di influenzare, controllare e manipolare i pensieri, i sentimenti e i comportamenti delle altre persone. E spesso si mente a chi si ama di più.

Gli obiettivi che sottendono le bugie sono molteplici. Vogliamo evitare delle punizioni (spesso i bambini mentono per questo motivo quando fanno una marachella o non vogliono fare una cosa). O mantenere la privacy non rivelando informazioni personali su di sé. Evitare conflitti (spesso col fidanzato, i genitori, gli amici).  Oppure esercitare un potere quando se ne ha meno (tipico delle persone subordinate che, al lavoro, mentono ai propri capi).

Spesso mentire risulta un modo per uscire da una situazione futura ingarbugliata, nei confronti della quale non sappiamo che via prendere. Una situazione  che ci crea, per questo motivo, un forte stato d’ansia.

Come la compulsione scarica nell’azione l’ansia dell’ossessione così il dire la bugia scarica la tensione dell’indecisione. Ma come nel primo caso il benessere della compulsione ha breve durata.  La compulsione diventa essa stessa fonte di angoscia. Ed anche il benessere della bugia ha un timer. E questo suona dopo breve tempo lasciandoci il problema delle conseguenze della bugia, spesso più devastanti dell’ansia di partenza.

Alfred Adler sosteneva che “una bugia non avrebbe senso se la realtà non fosse percepita come pericolosa”.  Ed in parte è vero ed è quello che fino ad ora abbiamo sostenuto.

Ma spesso le bugie vengono dette in maniera consapevole con lo scopo di ingannare qualcuno per avere un tornaconto, per venire incontro ad esigenze ed aspettative altrui, per apparire ed ottenere ammirazione, per avere l’attenzione su di sè e sentirsi dire quanto si è bravi nei contesti che ci interessano. Sia che si sia donna che uomo. C’è il rischio in questi casi che si diventi un bugiardo patologico.

Capita che la bugia nasca come esagerazione di una verità. Una millanteria. Un raccontare con molta esagerazione delle proprie ricchezze, dei propri meriti, delle proprie prodezze, della nobiltà della propria famiglia o di avere conoscenze famose ed altolocate.

Bugia o millanteria hanno comunque una base comune: la paura di non essere adeguati, una bassa autostima.

Origine della bugia

In età evolutiva l’atto del mentire si sviluppa quando il bambino prende coscienza di sé, supera il suo egocentrismo ed inizia ad inglobare gli altri nel suo sistema di pensieri ed azioni. In età prescolare il mondo del bambino è caratterizzato da confini poco definiti tra realtà e fantasia. Jean Piaget ci racconta che prima dei sei-sette anni la mente del bambino è dominata dal pensiero magico. Realtà e fantasia sono mescolate tra di loro e si fondono in un racconto spesso senza logica.

Inoltre, in questo periodo della vita, anche il concetto di tempo è labile pertanto ieri, oggi e domani sono mischiati assieme così come le emozioni e le sensazioni corporee. Confini poco definiti e passeggeri.

Intorno ai sette anni compare l’intenzionalità della bugia.

Il bambino è alla ricerca di approvazione soprattutto da parte del genitore e comincia a nascere il desiderio di indipendenza.

Dire una bugia, in alcuni casi, serve al bambino per compiacere la mamma in altri a preservare il proprio mondo dal controllo invasivo dell’adulto. Le bugie del bambino diventano i segreti dell’adolescente, la capacità e il desiderio di ragionare con la propria testa e l’abilità di tacere per preservare il proprio io intimo celandolo a sguardi indiscreti. E ci sono anche le bugie “bianche”

Ma la menzogna da adulto?

Come dicevamo prima, sia che la menzogna sia pronunciata da donna o uomo, è sintomo di un’io fragile che si cuce addosso panni altrui o panni migliori dei propri che possano piacere a sè e/o agli altri di più di quelli reali.

A meno che non si tratti della classica “bugia a fin di bene”, come negli amori senza bugie, della piccola omissione della verità o di una bugia divertente che non fa male a nessuno di solito le bugie logorano chi le dice.

Causano ansia e sensi di colpa, bruciano un sacco di energie perché è macchinoso e difficile occultare, dissimulare, fingere e ricordare quanto detto se non è reale.

Chi mente ha infatti bisogno di una buona memoria, sangue freddo, agilità mentale e ottime risorse di dialettica.

Alexander Pope saggiamente metteva in guardia i bugiardi dicendo che “Chi racconta una bugia non sa che compito si sta assumendo, perché sarà obbligato ad inventarne altre venti per sostenere la veridicità della prima”.

Lo sguardo delle neuroscienze

Studi sperimentali hanno dimostrato che quando ci si trova nella condizione di ottenere un guadagno da un’azione disonesta bisogna esercitare il proprio autocontrollo per trattenersi da un comportamento immorale. Vent’anni fa lo psicologo Roy Baumeister ha paragonato l’autocontrollo ad un muscolo che si può affaticare. Più autocontrollo esercitiamo oggi meno ne avremo domani quando dovremo prendere un’altra decisione.

La mancanza di sonno poi, unita alla glicemia bassa e alla fretta, prosciugano ancor di più queste risorse complicando il problema.

Andando ancor più nello specifico, recenti ricerche hanno addirittura dimostrato che siamo più mentitori al pomeriggio rispetto al mattino, dato a sostegno del declino dell’onestà paragonata ad un serbatoio che si esaurisce col tempo.

Tutti abbiamo mentito nella vita, mi sento di dire, nessuno escluso, ma va fatta, comunque, la distinzione tra coloro che giustificano facilmente una bugia o un comportamento disonesto (soggetti ad alto disimpegno morale) da quelli che invece vivono le menzogne e le trasgressioni con colpa e dispiacere (soggetti a basso disimpegno morale).

Rispetto a questi studi, infatti, coloro che avevano un più alto disimpegno morale tendevano a mentire con uguale frequenza al mattino e al pomeriggio a differenza degli altri soggetti più timorati per i quali il pomeriggio era correlato ad un maggior rischio di bugia.

E la psicoanalisi che dice?

La psicoanalisi ha basato gran parte del suo impianto teorico sulla menzogna. Su come l’uomo o la donna mente a se stesso mediante l’attivazione dei meccanismi di difesa. Automatismi che si attivano per proteggerci quando ci troviamo in condizioni di angoscia, presente o futura. La rimozione è come una bugia. Serve ad allontanare da noi (dalla nostra coscienza) desideri inaccettabili per l’Io ed insostenibili in termini di quantità di risorse personali.

La resistenza poi supporta la rimozione ed impedisce a quanto rimosso di tornare a galla.

Freud spiega che la psicoanalisi aiuta l’essere umano ad abbassare tali difese per fare in modo che l’Io ritorni in possesso di quanto rimosso per rielaborarlo, per non vivere nella menzogna, per riappropriarsi della verità per quanto questa possa essere dolorosa e difficile da accettare.

Le bugie sono anche una risorsa. Una strategia per ovviare a momenti difficili ma anche un’arma a doppio taglio. Ogni volta che stiamo per mentire chiediamoci, quindi, come questo comportamento ci fa stare, se stiamo ledendo agli altri, se stiamo ledendo a noi stessi.

Partiamo poi dalle risposte a queste domande per capire se ne vale davvero la pena. Tutto ciò vale in qualsiasi parte del mondo ci troviamo a vivere, Roma, Londra, Mosca o New York.

Se hai trovato interessante questo articolo, puoi leggere anche: Gelosia: svantaggio o risorsa per la vita coniugale?

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