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gioco d'azzardo

Dipendenza Gioco d’azzardo

Dipendenza senza sostanza

Ad oggi risulta abbastanza semplice poter identificare i comportamenti compresi nelle dipendenze classiche (alcol, droga), diventa più complicato inquadrare la dipendenza SENZA sostanza.

Le nuove forme di dipendenza infatti oggi non trovano collocazione clinica all’interno degli attuali manuali di classificazione. Tranne per il gioco d’azzardo patologico inserito nella categoria: “disturbi del controllo degli impulsi non altrove classificati”.

Storia clinica del Gioco d’azzardo

Ripercorrendo la storia clinica del gioco d’azzardo, emerge che per molto tempo è stato considerato un comportamento tipico della persona moralmente debole. Con il tempo gli è stato dato un inquadramento diagnostico diventando il problema psicologico e psichiatrico che conosciamo oggi.

Di fatto, l’annessione del gioco d’azzardo nel campo dei disturbi psicologici è avvenuta soltanto negli anni 80 del 900. Questo ad opera dell‘ American Psichiatric Association che per la prima volta parlò del gioco eccessivo come di una patologia.

Oggi si fa riferimento, per diagnosticare la patologia, al DMS-5 che ha apportato delle differenze rispetto al precedente.

Intanto il nuovo manuale classifica il gioco d’azzardo come dipendenza, eliminando qualsiasi distinzione tra diagnosi di abuso e dipendenza tra sostanze. In tal modo unificando in un’unica sindrome, tanto grave a seconda del numero di criteri che soddisfa.

Come fare diagnosi di dipendenza gioco d’azzardo

Per poter fare una diagnosi per il gioco d’azzardo, il DSM-5 ci dice che deve presentarsi un quadro comportamentale problematico e persistente, legato al gioco d’azzardo. Tale quadro  porta a disagio o compromissione clinicamente significativi nell’arco di un periodo di 12 mesi, presenta almeno quattro tra i seguenti. 

  • 1) Eccessivo impegno e interesse nel gioco d’azzardo (per es. molto impegnato nel programmare la successiva esperienza di gioco, oppure pensare ai modi per procurarsi denaro con cui giocare).
  • 2) Come per lo sviluppo della tolleranza nei tossici, il giocatore patologico ha bisogno di giocare con quantità sempre maggiore di denaro per raggiungere l’eccitazione desiderata.
  • 3) I tentativi di smettere o ridurre l’attività ha creato stati di ansia o irritabilità nel giocatore.
  • 4) Il gioco è una valvola di sfogo dai problemi o dai propri sentimenti negativi, come il senso di colpa e la depressione.
  • 5) Il giocatore passa da un gioco ad un altro anche dopo aver perso (rincorrendo le proprie perdite).
  • 6) Il giocatore mente a tutti cercando di mascherare l’entità del suo problema.
  • 7) È spesso preoccupato dal gioco d’azzardo (per es., ha persistenti pensieri di rievocare esperienze passate di gioco d’azzardo, di soppesare o programmare l’azzardo successivo, di pensare ai modi per procurarsi denaro con cui giocare.
  • 8) Per il gioco d’azzardo ha messo a rischio perso una relazione, il lavoro, opportunità di carriera.
  • 9) Il giocatore chiede aiuto ad amici e conoscenti per poter avere il denaro, non solo per giocare, ma spesso per pagare i debiti di gioco.

Gioco d’azzardo nel DSMV vs DSMIV

Il nuovo Manuale elimina, a differenza del precedente, gli atti antisociali: ‘ha commesso atti illegali come falsificazioni, frode, furto o appropriazione indebita per finanziare il gioco d’azzardo’ riducendo il numero dei criteri da 10 a 9.

Come nel DSM-IV, anche la quinta edizione del Manuale prevede che la diagnosi di gioco d’azzardo patologico, venga esclusa se i comportamenti di gioco compaiono nel corso di un disturbo maniacale (o ipomaniacale). Quindi non va valutato il gioco d’azzardo patologico, solo ed esclusivamente se il gioco risulta una nota espressione dell’eccitamento maniacale.

Cosa porta all’insorgenza di questa patologia?

Intanto bisogna chiarire che il giocatore formula pensieri del tutto erronei rispetto al gioco, come per esempio l’illusione di controllare la situazione, le superstizioni, la speranza di riguadagnare quanto ha perso etc., e per chiarire le motivazioni che rendono alcuni soggetti piu’ predisposti di altri c’è da dire che numerosi studi suggeriscono la correlazione alcuni tratti psicologici e l’insorgenza di comportamenti additivi.

Molte ricerche, ad esempio, confermerebbero l’associazione tra i tratti temperamentali sensation seeking (il piacere derivante dalle attività rischiose) e novelty seeking (ricerca di novità) e la addictive personality (personalità dipendente). In altre indagini, inoltre, è stata rilevata uno stretto legame tra sensation-seeking-behaviour e recettore D4 per la dopamina, che significa che c’è una correlazione tra sensation-seeking e sistema dopaminergico della gratificazione.

Inoltre, i tratti “ricerca della novità” e “impulsività” rappresentano importanti predittori dello sviluppo di condotte dipendenti.

A livello chimico le beta-endorfine e la dopamina sembrano avere un ruolo importante nei comportamenti di gioco.

Il ciclo della dipendenza è caratterizzato, secondo Koob e Volkow (2010), da 3 stadi: intossicazione/abbuffata; astinenza/effetto negativo, preoccupazione/anticipazione.

Ciascuno dei tre stadi ha una specifica area cerebrale di risposta area tegmentale ventrale (lo stadio di intossicazione); amigdala (stadio di astinenza); corteccia prefrontale (stadio di preoccupazione/anticipazione).

Ma quali sono le dinamiche che conducono l’individuo a sviluppare una dipendenza da gioco? Attualmente i modelli più accreditati che spiegano questo processo sono due. Il primo modello fu elaborato da Sharpe (Sharpe2002) ed è noto come Modello Biopsicosociale.

Secondo questo modello, il giocatore avrebbe una predisposizione genetica (la componente biologica) rispetto alla modulazione di dopamina, serotonina e noradrenalina, responsabili di una successiva vulnerabilità psicologica (componente psicologica).

La componente sociale riguarda tutto ciò che si pensa del gioco in ambito familiare o nel contesto sociale.

Modello patologico del gioco d’azzardo

Secondo questo modello il gioco patologico si sviluppa e si mantiene per effetto di condizionamento classico e operante: quindi il gioco viene associato a uno stato di eccitazione (il condizionamento classico), che a sua volta condiziona positivamente il soggetto verso il gioco. Le vincite, per quanto saltuarie, fungono da rinforzi alimentando le distorsioni cognitive. (le vincite e le perdite saranno giustificate utilizzando distorsione cognitive, bias, per esempio, in caso di vincita il giocatore attribuirà a sé stesso il merito aumentando il suo senso di potere personale).

Blaszczynski et al (Blaszczynski 2002), propongono un modello che presuppone l’esistenza di tre tipologie di giocatori d’azzardo.

La prima tipologia è il giocatore che non presenta problemi psicologici e sviluppa la dipendenza a seguito di un condizionamento classico o operante.

Per questo giocatore il gioco è un mezzo per divertirsi e stare in mezzo agli altri.

La seconda tipologia ha già una situazione patologica rispetto a stati di ansia e depressione, una vita familiare problematica e non possiede risorse per fare fronte ad eventi stressanti.

Il gioco diventa un mezzo per gestire stati emotivi negativi o di ricerca di stimolazione emotiva.

Della terza tipologia fanno parte soggetti con un pregresso di vulnerabilità emotiva, e tratti di personalità antisociale, comportamenti impulsivi difficoltà a mantenere alta l’attenzione.

Sono persone che possono avere problemi legali, abusare di alcol e altre sostanze.

Il DSM-5 è molto chiaro circa l’esito del disturbo, parlando di remissione precoce e prolungata.

Nel primo caso il soggetto, a seguito della diagnosi si trova per un periodo di almeno 3 mesi in una condizione di assenza completa di sintomi, che porterà alla remissione prolungata qualora trascorrano 12 mesi consecutivi senza il quadro sintomatologico.

È importante sottolineare che per il DSM-IV il paziente affetto da dipendenza da gioco non aveva possibilità di guarigione mentre per il DSM-5 la guarigione è possibile.

Un grazie a tutti che commenteranno e metteranno un “mi piace” ?).

Bibliografia

Sperry, L. and Sperry, J. (n.d.). Cognitive behavior therapy of DSM 5 personality disorders.

Blaszczynski A, Ladouceur R, Shaffer HJ. A science-based framework for responsible gambling: the Reno model. J Gambl Stud 2004; 20: 301-17.

Koob GF, Volkow ND. Neurocircuitry of addiction. Neuropsychopharmacology 2010

Se hai trovato interessante questo articolo, puoi leggere anche: Disturbo Bipolare: diagnosi e cura.

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