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Uno Strumento per ….. Il Disagio Giovanile..

 

disagio giovanile Marsica

Fermarsi alla superficialità delle cose non aiuta a capire

e a crescere. Sia dal punto di vista socio-economico, che culturale. Anzi, si rischia di regredire, o comunque, di rimanere nell’arretratezza a tutti i livelli.

Un pericolo fortemente presente nella Marsica, già in ritardo rispetto alle altre realtà della Regione Abruzzo.

Non a caso vi si registra uno dei più alti tassi di disoccupazione. Apri pista, questo, di gravi problemi e disagi, soprattutto nel mondo giovanile.

Un quadro tutt’altro che idilliaco di cui non si intravede un’inversione di tendenza. Colpa anche del poco “peso politico”, oltre che della posizione geografica. Il che, ci giustifica solo parzialmente come Marsicani.

Poco attenti ai drammi che ci circondano, molto alle rendite di posizione.

Troppo spesso infatti, si assiste a contrasti “leggeri”, di superficie, definibili scontri tra “urlatori”. Dispute dove vince chi grida più forte. Quasi mai chi cerca il confronto, la discussione e i cui risultati finali, sono soltanto disastri. Soprattutto tra i giovani, bisognosi di tutt’altri insegnamenti.

Terre, al suo esordio nel campo editoriale della Marsica, sposa la tesi del ragionamento, del confronto aperto.

Base necessaria, per ridare il giusto peso ai vari attori in campo, ai loro pensieri.

Perché la cultura vinca sugli urli

In questo primo numero ospita vari articoli di giovani, meno giovani, esperti, politici ed esponenti della società civile, affinché si aprano degli spazi di discussione. Nelle pagine della rivista, trova spazio anche l’Europa, destinata ad assumere un ruolo importante nella crescita sociale, economica e culturale della nostra Nazione, Marsica compresa. Terre avrà uno “sportello informativo fisso”, in cui informerà sugli aiuti che l’Unione Europea ha destinato alle aree rurali, il cui braccio operativo è il GAL Marsica.

L’obiettivo-speranza è quello di dare un contributo per la crescita della nostra realtà.

Ne ha un grande bisogno.

Il disagio è l’espressione materiale, oggettiva della mancanza di salute. 

La salute è uno stato di benessere mentale, psicologico e sociale, oltre che fisico. Che consente, cioè di condurre una vita socialmente ed economicamente produttive. Essa non è un dono acquisito, e per sempre, alla nascita: va promossa, stimolata. Obbiettivo di ogni individuo deve essere, perciò, quello di sviluppare, di mantenere ed usare pienamente le capacità fisiche, mentali ed emo­tive. E non solo di curare o di preve­nire le malattie, come se fossero un qualcosa di estraneo e indipenden­te dal proprio modo di essere. L’espressione linguistica “disagio assegna alla mancanza di salute il giusto valore psico – sociale. L’uso eccessivo di alcool, la “sbron­za” del fine settimana o della festa, l’uso delle droghe in genere, dei psicofarmaci, le malattie mentali e tutti quei comportamenti aggressi­vi, a volte pseudodelinquenziali, che si possono osservare in varie situazioni sociali, a scuola, in fami­glia, nei gruppi sportivi (tifoserie ecc…), persino per strada, sono espressioni di disagio.

I giovani sono la categoria più a rischio

Si pensi, per esempio, alla tossico­dipendenza: questa è senz’altro la manifestazione più specifica e caratteristica del fenomeno descrit­tivo. La tossicodipendenza è un comportamento agito da parte di un individuo che affronta in modo inadeguato difficoltà o problemi a livello individuale, familiare o socioculturale. Si è visto che la cura migliore in questi casi non è farmacologica, ma è di tipo psico – pedagogico e riabilitativo. Si tende, cioè, a rivalu­tare, a far acquisire dei modelli di comportamento adeguati a fron­teggiare il proprio problema. E’ stato dimostrato che esistono quadri di comportamento e di abi­lità che si manifestano associati a molti aspetti di salute fisica e psico­logica. Si è visto che le persone con adeguate competenze sociali, cioè dotate della capacità, per esempio di ascoltare o di esprime­re in modo accurato atteggiamenti ed emozioni, corrono meno il rischio di intraprendere la via del­l’alcool, della droga, di avere com­portamenti violenti o, in genere, di presentare problemi di salute men­tale.

La competenza sociale può essere definita operativamente e valutata in modo attendibile; esistono meto­di ben fondati di formazione per bambini, giovani, adulti in grado di facilitarne l’acquisizione.

Indicatori psicologici associati allo stato di benesssere psicofisico

Indicatori psicologici che presenta­no un’associazione significativa con la condizione di benessere psi­cofisico, con lo stato di salute sono qui elencati.  La buona autostima, cioè il giudizio positivo che la persona ha del pro­prio valore personale. La capacità del problem solving, cioè l’abilità di identificare, definire e analizzare i problemi della propria vita, di sce­gliere le soluzioni appropriate e di valutare i risultati. La percezione accurata delle emozioni, cioè l’at­tribuzione, la codificazione e l’espressione adeguata dei vari stati d’animo. Il giusto self control, cioè l’abilità di aumentare o diminuire la frequenza di certi aspetti del com­portamento ponendo obbiettivi, autosomministrando premi e puni­zioni, dilazionando la gratificazione. L’appropriata percezione del pro­prio controllo, cioè il grado in cui una persona sente di essere responsabile e di avere sotto con­trollo gli aspetti significativi della sua vita. La capacita di gestire e valutare certi aspetti certi stati fisici potenzialmente dannosi, come la rabbia, insieme alla capacità di regolarli in modo efficace.

Le agenzie sociali di sviluppo del comportamento

Se si incoraggiano e si sviluppano i suddetti quadri di comportamento, allora, c’è la possibilità di prevenire il disagio e promuovere la salute in generale. Ciò può avvenire anche attraverso l’educazione alle buone e positive relazioni sociali. Le agenzie sociali deputate a questo ruolo sono la famiglia e la scuo­la. Troppe volte il rapporto genitori figli, insegnanti alunni, è dato per scontato, basato su un modello relazionale impari, che va dall’alto al basso e di subalternità, in cui una parte è dominante sull’altra dipendente. Essere in relazione, avere rapporti significa comunica­re, scambiare messaggi rimanen­do nello spazio separato, ma occu­pato dal proprio “Sè”.

Da dove nasce il disagio

In alcuni casi si crea un’incomprensione dei messaggi cognitivo – affettivo tra­smessi tra i due poli comunicativi. Da lì, comincia il disagio. All’inizio esso viene vissuto a livello perso­nale, intimo e, purtroppo, a volte, rimane a questo livello creando gravi conseguenze. Il suicidio nei ragazzi ha questo significato ed è anche per questo che gli adulti stentano a riconoscerlo, non attri­buendo significato agli incidenti che i giovani si fanno capitare inconsapevolmente. Successivamente il vissuto si tra­sferisce e si esperimenta a livello sociale, si ricerca, cioè, la confer­ma del proprio resistere negli altri. I gruppi dei ragazzi che fumano, bevono alcool o si drogano si for­mano perché fra loro si instaura una comprensione basata sull’uso dello stesso canale comunicativo. Unendosi in gruppi di uguali riaffer­mano la differenza degli altri, deter­minandosi come soggetti autono­mi, che vogliono essere trattati da pari, non uguali agli adulti, ma da persone con uguale dignità: i gio­vani non devono essere “curati”, ma “considerati”.

Psicologa Psicoterapeuta

Floriana De Michele

La realtà del disagionellaValle Roveto
           DiDonatella De Santis eFloriana De Michele

 

Per conoscere l’entità oggettiva del problema “disagio” nel comprenso­rio Rovetano, è stato fatto uno stu­dio del fenomeno considerando il numero e il tipo dell’utente, che affluisce ai servizi socio – sanitari della Azienda Sanitaria Locale di penitenza territoriale. Al centro del­l’analisi, i dati che provengono dal Consultorio Familiare di Civitella Roveto, in questo unico servizio veramente presente nella zona, per la facilità di accesso alle sedi dei cittadini in stato di bisogno e per la presenza degli operatori nella realtà sociale del luogo.

Altri dati provengono dal SerT (ser­vizio tossicodipendente) e dal C.I.M. (centro d’igiene mentale). Emerge immediatamente che il disagio giovanile , prima di tutto, la manifestazione concreta del disagio familiare.

Dal 1992 al 1997 sono stati seguiti o assistiti dal Consultorio Familiare 22 nuclei familiari. Altri 56 sono in trattamento nei gruppi di auto-aiuto presso il SerT per problemi relativi all’alcolismo e alla tossicodi­pendenza.

Nel 25,4 % dei gruppi familiari è assente una figura genitoriale, quasi sempre il padre (18,8%) per abbandono del nucleo. Il 27,8% dei capofamiglia, quasi sempre il padre (26,2%) è disoccupato. Nel 39,34 % c’è un componente dipen­dente da sostanze tipo alcool o droghe: per il 21,31 % dei casi risulta essere il padre, per il 13,31 % e 4,92 % un figlio.

Il 15,58 % delle famiglie vive, attra­verso uno dei suoi componenti, problematiche psichiatriche. In questo caso il disturbo è equamen­te distribuito tra genitori e figli; tra quest’ultimo è presente anche un caso di suicidio.

Disagio psichiatrico della famiglia

Il disagio psichiatrico della famiglia è anche documentato dai dati del C.I.M. raccolti negli ultimi dieci anni. Attualmente sono seguiti, e comunque hanno avuto almeno un contatto con l’istituzione, 474 adulti, di cui 52 di Balsorano, 63 di Civita, 24 di Morino, 56 di San Vincenzo, 41 di Canistro, 173 di Capistrello e 44 di Castellafiume.

Nel 18,04 % dei nuclei familiari è presente un componente con han­dicap fisico. In questo caso quasi la totalità (16,4 %) riguarda i figli.

Conclusioni dell’indagine

In conclusione, si può pensare che, nella famiglia rovetana, più è caren­te il ruolo socio – sessuale della figura paterna, più il gruppo è insi­curo o debole strutturato e più è disagiato. Questa ipotesi è compa­tibile anche col fatto che la cultura prevalente sul territorio è di tipo rurale (ancora), quindi basata su di un modello patriarcale, dove la donna fatica molto ad affermare il suo potere decisionale. Indipendentemente dai nuclei fami­liari il C. F, ha seguito, nello stesso periodo di riferimento, 163 ragazzi di cui il 55,24 % fino ai 10 anni d’età, il 26, 38 % fino ai 14 anni d’età e il 18,41 % fino ai 18 anni d’età.

I ragazzi sono arrivati all’attenzione del Consultorio dietro la segnala­zione della stessa famiglia, del medico di base, del Comune o addirittura dell’Autorità Giudiziaria. I motivi sono diversi e vanno da quelli relativi ai rapporti familiari e al disagio personale a quelli scolastici o economici o civili. Per esempio nel caso di ragazzi che debbano contrarre matrimonio prima della maggiore età. Oppure i ragazzi inseriti in istituto socio-assistenzia­le, anche se non sempre in modo permanente. Gli altri sono seguiti dal Tribunale dei Minori o dal Giudice Tutelare in famiglia, in regi­me di volontaria giurisdizione, e a causa della inadeguatezza educa­tiva dei genitori.

disagio familiare o personale

63 (38,65 %)

disagio economico

43 (26,38 %

Autorità Giudiziaria Civile

57 (34,97 %)

Tot. 163 (100%)

 Inoltre, 77 ragazzi in questi anni hanno avuto contatto con l’Autorità Giudiziaria Penale, mentre 96 sono quelli che attualmente usufruiscono del sostegno scolastico nel perio­do della scuola dell’obbligo.

Dal Ser. T. si conosce che i137% dei ragazzi tra gli 11 e i 14 anni consuma bevande alcoliche, il 12, 8% ha uno o entrambi i geni­tori con problemi alcool correlati, il 32% fuma sigarette e il 4,2% fuma anche spinelli. Le persone con pro­blemi di droga correlati a carico del servizio suddetto sono 107 ( lo 0,6% circa della popolazione gene­rale della Comunità Montana Valle Roveto.)

Il disagio è maggiore quanto è minore l’età

L’analisi di questa seconda parte di dati rende possibile pensare che: più è bassa l’età più sono visi­bili le manifestazioni del disagio come dimostrazione del continuo evolutivo tra la famiglia e la cresci­ta dei figli. I ragazzi passano da un periodo in cui l’influenza della fami­glia è totale ad un periodo in cui provano a trovare soluzione origi­nali, indipendenti attraverso il con­fronto con l’ambiente esterno ad essa.

Generalmente ciò da loro la possi­bilità di imparare a gestire le fru­strazioni o insoddisfazioni. Nel migliore dei casi trovano un equili­brio psicologico, nel peggiore amplificano, o meglio strutturano il problema nelle forme più organiz­zate del disagio.

Psicologa Psicoterapeuta  Assistente sociale

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