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Psicologia dell’Alimentazione

Mangiare non è sempre un piacere troppo spesso il cibo è utilizzato per una sorta di sopravvivenza psicologica. Lo stress della vita moderna purtroppo condiziona le nostre scelte alimentari. Si mangia in modo disordinato, vorace, si saltano i pasti, si preferisce il cibo spazzatura e in particolare i dolci. Oppure ci si accontenta di bere un aperitivo alcolico le cui calorie sostituiscono un normale pasto.

Quando ci si sente tristi, giù di corda, per esempio, viene voglia di mangiare cioccolata, gelati, patatine fritte, bere birra e alcol in genere. Questi cibi  danno un senso di sazietà e hanno un effetto antidepressivo e stabilizzante sull’umore. Per rilassarsi un po’ dopo una giornata stressante e impegnativa si ricorre volontariamente, pensando di poter tenere sotto controllo la situazione, anche a piccole o moderate quantità di alcol. Queste  sembrano procurare un immediato miglioramento dello stato d’animo. Si  passa poi, quasi inevitabilmente e istintivamente, ad una sua ingestione più abbondante, con effetti opposti di malinconia e depressione.

L’ambiguità, che accompagna la sessualità e che la fa percepire con un senso di imbarazzo, se da un lato porta a viverla in intimità, in spazi privati e protetti, dall’altro spinge ad una sempre più profonda conoscenza e spregiudicatezza.

Il nutrimento interiore

Troppo spesso si incomincia a percepire uno stato di tristezza e di melanconia che non si sa bene a cosa attribuire. Ma la causa potrebbe essere ricercata nel comportamento alimentare che non è più in linea con la sua corretta funzione fisiologica di nutrimento e sostentamento fisico. Sembra quasi che lo stile alimentare scorretto serva invece al sostentamento psicologico, quindi ad una forma di nutrimento interiore. Questo ci fa apparire più simili ed accettati dagli altri (essere tutti in linea, magri come acciughe, oppure mangiare troppo ed essere obesi, in ogni caso pensare di essere socialmente attraenti ).

Perché desideriamo tanto il cibo spazzatura?

Ciò che rende un’esperienza piacevole la nutrizione è la sensazione che deriva dall’insieme dei profumi, dai sapori, ma anche della forma che il cibo presenta. Ciò segue le usanze delle popolazioni nei particolari territori in cui vivono. L’alimentazione pertanto nel tempo si trasforma e segue i ritmi di cambiamento ambientale in base al tipo di vita che le persone conducono.

La buona pratica di bruciare le calorie attraverso un’attività sportiva per esempio è diventata un fatto sempre più accettato e praticato dalla società. Man mano, ha sostituito il lavoro manuale ad un tipo di lavoro più intellettuale, fino ad arrivare ad una maggiore sofisticazione del cibo.

E gli integratori ?

Il ricorso agli integratori alimentari è sempre più frequente in sostituzione o addirittura in aggiunta agli elementi nutritivi che sono normalmente presenti nella corretta alimentazione. Ciò perché si è convinti che essi possono favorire una performance migliore. Gli integratori alimentari danno un falso senso di sicurezza e possono incoraggiare abitudini alimentari scorrette.

Nessuno studio ha dimostrato che qualunque integratore o supplemento migliori la performance in presenza di un’alimentazione scorretta. Siamo tutti un po’ vittime degli stereotipi e la società influenza le nostre convinzioni sul corpo.

Forse non riusciamo ad immaginare l’enorme impatto psicologico che possono avere su noi riviste, programmi televisivi, film e gossip sui nostri comportamenti, come possano influenzare il nostro atteggiamento nei confronti del corpo e del cibo!

I disturbi del comportamento alimentare

La diffusione delle nuove patologie del comportamento alimentare come l’ortoressia, cioè l’attenzione eccessiva all’alimentazione corretta e la vigoressia cioè la ricerca esasperata del fisico atletico e muscolarmente ipertrofico certamente non ha diminuito l’alta frequenza del disagio conclamato.

Gli adolescenti e gli adulti che cominciano a fare diete dimagranti e a mangiare sempre meno per il desiderio di assomigliare a un personaggio famoso continuano ad ammalarsi di anoressia, ma anche di bulimia ed obesità, binge eating.

E’ sicuramente capitato un po’ a tutti di aver mangiato qualche cibo particolarmente buono. Ad esempio la nutella o il gelato, e aver provato subito dopo una sensazione di disappunto verso se stessi. O di cadere vittima di sensi di colpa per aver mangiato alimenti “poco salutari”.

Questo atteggiamento psicologico verso il cibo può essere definito “senso di colpa alimentare”. La sensazione di leggero senso di colpa, se provata sporadicamente, magari perché è associata ad un pasto veramente eccessivo, può essere considerato naturale.  Soprattutto quando, ad esempio, si interrompe una dieta, oppure quando dopo una cena ci si sente appesantiti o gonfi, oppure quando si indulge un po’ troppo verso un cibo particolarmente gustoso.

I primi sensi di colpa sono un campanello di allarme

E’ importante notare che il senso di colpa per il cibo influenza i nostri comportamenti ed il senso di autostima.

Se ogni singolo pasto diventa una battaglia con i sensi di colpa eccessivi, la vergogna e il potenziale rimpianto, allora questo tipo di atteggiamento potrebbe essere qualcosa da prendere in considerazione ed affrontare prima che si trasformi in una patologia (segui il link http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?lingua=italiano&id=63&area=Disturbi_psichici).

Sentire di dover aderire ad un ideale di perfezione e bellezza, può scontrarsi con gli aspetti della fragilità personale e della non accettazione del proprio corpo. Il che  corrisponde psicologicamente ad un’immagine distorta del Se, che tenta in questo modo di ridefinirsi conformandosi eccessivamente negli stereotipi sociali.

Rivolgersi ad uno psicoterapeuta psicodinamico , che comprenda la psicologia dell’ alimentazione, permette, in questi casi, attraverso l’analisi della sua storia personale e familiare, di conoscersi meglio. Permette inoltre  di riconsiderare il proprio comportamento alimentare all’interno della persona nella complessità della sua individualità.

Se hai trovato interessante questo articolo, puoi leggere anche: Sessualità e Amore in psicoanalisi: Il caso clinico di Mario

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