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famiglia di ieri

Famiglie di ieri, famiglie di oggi.

Dal seminario psicoanalitico tenuto dalla Dott.ssa Floriana De Michele il 10 maggio 2015 nella sala multifunzionale dell’Istituto Don Orione, ad Avezzano si mettono a confronto la famiglia tradizionale  la famiglia moderna.

Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti. L’arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e vi tende con forza affinchè le sue frecce vadano rapide e lontane.

da una poesia di KAHLIL GIBRAN

La scelta di una famiglia tradizionale

Due mesi fa circa, Dolce e Gabbana stilisti di fama mondiale, dichiarano con grande sorpresa di tutti: “Quella tradizionale è l’unica famiglia” “La famiglia non è una moda, questa generazione ha paura di investire sugli affetti”.

In un’intervista su Panorama, i due stilisti notoriamente omosessuali, dichiarano il proprio amore per la famiglia naturale, a dispetto di quanto si potrebbe pensare, rivendicano con orgoglio “il loro attaccamento alle tradizioni, agli affetti più veri, alle mamme, alle donne con le loro gravidanze.”

“Non si vive di cool, fashion e app, questa generazione ha paura di investire sugli affetti”, spiegano i due. No quindi ai così detti “figli della chimica”, no alle tecnologie note come “uteri in affitto”, perchè, come rivendica Stefano Gabbana “la famiglia non è una moda passeggera, ma un senso di appartenenza.” I due danno inizio ad una forte polemica che coinvolge tanti noti personaggi del mondo artistico, tra i quali Elton Jonn, Maddonna ed altri, che si inserisce nella problematica generale sulla crisi della famiglia.

La nascita della famiglia moderna

La società moderna, infatti, fin dagli anni Ottanta, è impegnata nell’osservazione e nello studio della tipologia di famiglia, in un’ottica multidisciplinare, cercando di rispondere ai numerosi interrogativi, a partire dalla stessa definizione del termine famiglia, della funzione della famiglia e dai significati simbolici che essa puo assumere, che sono stati e sono continuamente terreno di scontri politici e ideologici, su cui insistono valori e aspettative, abitudini, modi di essere. Si parla della crisi della struttura della famiglia e dell’incapacità dei sistemi sociali (welfare) non più in grado di sostenerla, sicuramente per la diminuzione delle risorse materiali, ma soprattutto perchè non più in grado di rispondere ai nuovi bisogni dell’essere umano con equità, partendo dalla «diversità irriducibile di ciascun individuo» per cui bisogna misurarsi con nuovi modi di stare insieme. E’ riduttivo, quindi, parlare del declino della famiglia basandosi su dati esclusivamente quantitativi, o su modelli ritenuti validi per tutti.

Mutamenti della famiglia e della società

La famiglia tradizionale è quella ancora più diffusa, almeno in Italia, costituita da un padre e da una madre eterosessuali, sposati dalla chiesa cattolica, con figli e in cui ruoli sono ben definiti:

  • II padre, come capo o vertice della famiglia, che provvede principalmente al sostentamento della famiglia.
  • La madre, come soggetto dedito alla crescita dei figli e al mantenimento della casa; non lavora, generalmente, fuori casa.

Io credo che al di la delle dichiarazioni di Dolce e Gabbana, il loro enorme successo sul mercato mondiale, in cui hanno portato tutti, uomini e donne, ad indossare jeans a vita bassa e bassissima, rendendo molto permeabile il confine tra il maschile e femminile, sono loro stessi attori e risultato di una forte crisi di valori familiari tradizionali dove al maschio /marito/padre non viene più riconosciuto il potere autoritario di decisione sulla vita di tutti. Sono avvenuti mutamenti della famiglia e della società italiana, come in generale in quella del mondo occidentale. Al fianco della famiglia tradizionale convivono, da tanto tempo ormai, diverse forme di famiglie: nuclei monoparentali, famiglie ricomposte, coppie omosessuali, famiglie plurietniche.

L’evoluzione della famiglia da ieri a oggi

Non è più possibile, per esempio, dare una definizione di famiglia in base all’organizzazione che prende nelle varie culture (C. Levi-Strauss, Les structures elementaires de la parente, Paris, PUF, 1949 (trad. it Milano, Feltrinelli, 1969 ; L.H. Morgan, Systems of consanguinity and affinity of the human family, Washington, The Smithsonian Institution, 1871). Ma vi sono, tuttavia, dei punti fermi che devono essere considerati nello studio delle famiglie, che si influenzano reciprocamente e nella loro azione circolare danno sostanza alla società definendone un percorso in perenne evoluzione. Il primo punto, possiamo considerarlo l’individuo e le relazioni che stabilisce. Il secondo punto, la regolamentazione delle relazioni che attraverso norme condivise dai gruppi di individui, danno forma alla società, e al Diritto.

I documenti ufficiali sulla famigia

Per cui : “Per avere un’idea dell’entità dei cambiamenti che si sono verificati nella famiglia italiana nel corso degli ultimi vent’anni basterebbe confrontare le definizioni di “famiglia” contenute in due documenti ufficiali. Si assiste ad una evoluzione sociologica della famiglia. Da un lato, la riforma del diritto di famiglia (1975) si rifà ancora al principio contenuto nella Costituzione che definisce la famiglia nei termini di una “società naturale fondata sul matrimonio”.  Dall’altro, un recente decreto presidenziale (1994) vede in essa “un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi”, la cui unica condizione imprescindibile e la coabitazione delle persone e la residenza nello stesso Comune.” (Rita Gay Cialfi, Volti nuovi della famiglia. – Tra libertà e responsabilità”, edito da Claudiana Editrice.)

Vorrei dare, ora, la parola all’Avv. Pizzi Donatella per un breve, ma competente approfondimento di quest’ultimo punto. Prego Donatella.

Intervento dell’Avvocato Pizzi Donatella

Ritorniamo all’aspetto relazionale della famiglia

Come afferma AL. Kroeber (1952, The naturea of culture, Chicago, The University of Chicago Press, 1952 (trad. it. Bologna, II Mulino, 1974), la famiglia e un “invariante psichico universale nella storia dell’umanita”, cioè un eterno contenitore psicologico. Se chiudiamo gli occhi per un istante riusciamo ad immaginare la nostra vita senza i nostri familiari? Forse si, ma questo ci richiederà senz’altro un grosso sforzo per elaborare il dolore della loro scomparsa o perdita. Questo sforzo è fisiologico e naturale e porterà, nel tempo, a superare, anche se non totalmente, lo stato di essere figli e di vivere la vita da adulti ed è l’eterna lotta contro la perdita dell’oggetto di attaccamento: la madre.

Il legame con la madre

II meccanismo del legame con la madre è stato descritto anche in relazione agli animali. K. Lorenz lo ha definito imprinting, riferendosi al comportamento degli anatroccoli, che per istinto, seguono gli spostamenti della madre nell’arco delle 24-48 ore. Se la mamma viene a mancare i piccoli seguono gli oggetti in movimento vicino a loro durante le prime ore della nascita eleggendoli a mamma alternativa. Per dirlo con le parole di D. Winnicot: “il bambino non esiste”, intendendo che il neonato non può in alcun modo considerare la sua individualità poiché dipende completamente dalla madre o da chi lo accudisce. La madre istintivamente capisce ciò di cui il figlio ha bisogno e lo soddisfa in anticipo e per tempo. Per il bambiho si parla di legame primario. La sua sopravvivenza è dovuta, infatti, alla presenza di una figura d’accudimento, che lo nutra e lo curi infondendogli sicurezza e benessere psicologico. E’ fondamentale che il bambino senta che si tiene a lui, che non è curato solo fisicamente, ma è nella mente di qualcuno!

La relazione tra due universi emozionali

La relazione con il bambino è prima di tutto una relazione tra due universi emozionali ed è molto coinvolgente. Il bambino e in grado di indovinare ogni reazione emotiva a prescindere dalle parole usate, leggendo il linguaggio del corpo, le variazioni di tonalità e intensità della voce. I bambini riattivano negli adulti emozioni e conflitti infantili di cui spesso non siamo consapevoli e che possono condizionare la relazione riattivando le nostre stesse paure e angosce infantili. Loro, infatti, non parlano alla nostra parte razionale perchè parlano con la voce dell’istinto e noi lo ascoltiamo con l’istinto, senza pensare che ragionino come noi e che siano in grado di padroneggiare i loro bisogni.

L’istituzione biologica della famiglia

Ecco è da qui che comincia l’avventura della famiglia, proprio dove s’instaura la relazione primaria tra madre e figlio. Dal momento in cui, la famiglia, circa 180 milioni di anni fa, si è costituita come “istituzione biologica” (Donley M. G., L’unità emotiva dell’attaccamento, in Carli L. (ed.), Dalla diade alla famiglia, Raffaello Cortina, Milano, 1993.). In conseguenza del naturale accudimento dei primi mammiferi, essa è sempre andata al di la del semplice “sostentamento biologico”, (anche se durante l’analisi abbastanza spesso ho assistito alle lamentele di figli che ritenevano di avere come uniche attenzioni dalla madre proprio questo e cioè il pranzo, la cena, e soddisfazioni ai bisogni prettamente materiali).

L’affetto della madre  base dello sviluppo psicologico del bambino

II bambino nuovo-nato, attraverso i comportamenti dell’attaccamento, quali il succhiare, l’aggrapparsi, il seguire, il piangere, il sorridere alla sua base sicura (la madre), stimola in lei naturali reazioni di accudimento e di cura, che attraverso comportamenti affettuosi contribuiscono al loro sviluppo psicologico. Sono noti da molti anni ormai gli effetti della deprivazione delle cure amorevoli nella prima fase di vita e come esse possano causare difficolta motorie, cognitive e sociali a lungo termine, che si ripercuotono sulla salute psicologica del soggetto. L’attaccamento è, dunque, una relazione prototipica, biologicamente parlando, del rapporto con l’altro, ma è soprattutto una “relazione” a tutti gli effetti. (Bowlby J., Attaccamento e perdita, Vol. I, L’ attaccamento alla madre, Bollati Boringhieri, Torino, 1969). Bowlby, in un articolo del 1949, intitolato “Reazioni circolari nella famiglia e in altri gruppi sociali“, sottolinea l’importanza di osservare le famiglie al completo, perchè l’attaccamento non è un fenomeno fisso e immutabile, anzi è un processo con continui aggiustamenti, conseguenti a fattori di rischio e di protezione, di cui l’individuo deve tenere conto durante tutto il suo ciclo di vita, al fine di conservare l’equilibrio dinamico tra se e il contesto ambientale.

L’Attaccamento madre-padre-bambino

L’attaccamento va esteso oltre la diade, che viene inserita in un’unità emozionale più ampia, dove le relazioni madre-bambino, padre-bambino non sono separate, ma sono l’una parte essenziale dell’altra, e quest’unità emozionale e rappresentata dalla famiglia (Donley M. G., L’unità emotiva dell’attaccamento, in Carli L. (ed.), Dalla diade alla famiglia, Raffaello Cortina, Milano, 1993) . Durante il mio percorso professionale con le giovani mamme ho incontrato donne che allattavano i figli al seno ancora all’età di tre anni o che si arrabbiavano perchè il loro bambino snobbava il loro seno! Ho incontrato figli che non riuscivano ad emanciparsi per tutto questo!

Il caso di Carlo

Ad esempio Carlo: arriva in terapia perchè sta “impazzendo”, così riferisce, a causa di un reflusso gastrointestinale da almeno un paio di anni. Lui, figlio unico, ha circa 30 anni e per questa “infiammazione alla gola” che ha, non riesce nemmeno più ad andare al lavoro! Ha persino subito un intervento chirurgico alle tonsille senza risolvere nulla. Da un annetto gli è stato diagnosticato il reflusso esofageo ma ha cambiato diversi medici e cure senza risultati. Lui pensa di rivolgersi allo psicologo perchè verso i 18 anni si era già curato per attacchi di panico che, però, aveva risolto subito. Carlo al primo colloquio viene accompagnato dalla madre, verso la quale dimostra un attaccamento eccessivo, lei al contrario sembra non sopportare più il comportamento del figlio perchè è esagerato.

Il rapporto di Carlo con il padre

II padre invece è un uomo autoritario, con il quale Carlo discute in continuazione, fino ad arrivare alle mani ultimamente! II padre si arrabbia perchè il figlio ha sempre voluto fare di testa sua e non ascolta i suoi consigli; è arrabbiato soprattutto perchè il figlio con il suo comportamento ribelle non sta più andando al lavoro e corre il rischio di essere licenziato! II lavoro di Carlo si svolge nella stessa azienda dove lavora il padre e a volte fanno il turno insieme per cui viaggiano anche con la stessa auto che guida il padre. Durante il percorso analitico, nell’analizzare la relazione con loro, è venuto fuori che Carlo aveva una repulsione per il vomito dall’eta di tre anni, ne ha un ricordo vivissimo! Chiedendo alla madre informazioni su questo, Carlo scopre che non ha allattato dal seno materno in quanto ne aveva una repulsione e vomitava di continua se la madre provava ad allattarlo. Ad oggi i sintomi del reflusso pare siano scomparsi, Carlo è tomato al lavoro, le relazioni con i genitori sono cambiate. Il rapporto tra loro è diventato  più adulto con il padre, il quale non polemizza più con Carlo, accettando i suoi punti di vista. Con la  madre è meno avvolgente. ma ci sono ancora tante cose che l’uomo deve affrontare per sentirsi al sicuro ed emanciparsi completamente dai suoi!

Come si diventa madre e padre

John Byng-Hall scrive: “Una famiglia fornisce una rete affidabile di relazioni di attaccamento che consentono a tutti i membri della famiglia e a qualsiasi età di sentirsi abbastanza sicuri da spingersi a esplorare le relazioni che vi sono tra loro e quelle che hanno instaurato all’esterno della famiglia” (Byng-Hall J. (1995), Rewriting family scripts, Guilford Press, New York; trad. it, Le trame della famiglia, Raffaello Cortina, Milano, 1998). Nel nostro tempo e nella nostra cultura pensiamo di sapere molto su come si diventa madre o padre, fare il genitore è spontaneo e naturale dal momento in cui si concepisce un bambino. Tuttavia, altra cosa è essere consapevoli del ruolo di genitore, nel senso di capire cosa e meglio fare, quando le cose non vanno nel verso giusto.

Testimonianza anonima su Facebook

Una donna che non conosco mi scrive questo post su facebook: “Salve, peccato io sia lontana per parteci pare al suo evento, ho partecipato a qualcosa di simile in giro, ma poco mi è servito. In questo periodo sto cercando aiuto… non riesco più a seguire mio figlio di 15 anni, un pò per sue amicizie sbagliate che non riesco a togliere, un pò per problemi famigliari. Sono separata e il padre poco presente e con ciò vuol farmi intendere: arrangiati da sola! (Questo è anche il risultato della moderna privatizzazione della famiglia). Mi sono separata dopo una denuncia per maltrattamenti. Mi ritrovo ad arrabbiarmi perchè mio figlio risponde. Dopo l’ennesimo ritardo lo rimprovero e stavolta gli do un ceffone che mi viene restituito. A chi mi devo rivolgere? Chi mi puo aiutare? Scrivo ciò senza conoscerla perchè sono in pensiero davvero!”.

Analisi pscioanalitica del caso social

Non ho potuto fare un lavoro d’indagine sul caso, ma pare evidente come in questa famiglia si affronti la ferita traumatica relativa alla separazione tramite una modalità comunicativa molto infantile e cioè con l’acting out. I coniugi si separano a seguito della denuncia di maltrattamento, la madre schiaffeggia il ragazzo, che, a 15 anni si trova nel momento evolutivo in cui sta diventando adulto, ripete lo schema comportamentale dei genitori e rischiaffeggia sua madre. Così il cerchio si chiude, la famiglia sta rivivendo un copione sulla base di relazioni interiorizzate non adattive, dove il trauma della separazione è lo stimolo principale.

L’importanza centrale del trauma famigliare

II trauma, come ci insegna la psicoanalisi, dunque, assume un ruolo centrale, anche all’interno del setting familiare e di coppia. Nella dimensione inconscia dell’incontro, si puo realizzare la ripetizione di una situazione traumatica infantile e delle corrispondenti difese che ciascuno dei partner ha vissuto nella famiglia di origine. La coazione a ripetere il trauma, nel tentativo di ripararlo dentro di se, o nell’altro come parte di se, possono, ad esempio, rappresentare il nucleo collusivo, di alcune relazioni di coppia, dove, l’altro partner è stato scelto proprio perchè rappresenta una parte di se che si vorrebbe attaccare o riparare, o una parte del genitore, o di una figura significativa del passato. I partner nell’unione del matrimonio, che permette l’espressione dell’insistenza di coinvolgimenti irrisolti con gli oggetti d’amore del passato, possono concretizzare una collusione, cioè trovare un accordo inconscio che blocca la crescita e la maturità.

Le unioni “cane e gatto”.

Le unioni, pertanto, saranno molto problematiche, come si e visto nell’esempio prima citato, e si vede, in particolare modo, in quelle coppie “cane e gatto” dove pur discutendo molto i partner non riescono a separarsi. II matrimonio, punto di origine della famiglia tradizionale, paradossalmente, puo rappresentare, da una parte, la ripetizione della passata relazione traumatica e, dall’altra, il tentativo di riparare nell’altro, quanto non si e riusciti ad ottenere personalmente. A volte, la soluzione è proprio nella rottura del matrimonio, nell’interruzione del legame, nella separazione dal partner, nella rimessa in discussione delle motivazioni inconsce che avevano generato e sostenuto il matrimonio, nel tentativo di elaborare, hic et nunc, cioè nel qui ed ora, problematiche affettive che si riferiscono al passato.

Il ruolo dello psicoterapeuta famigliare

L’analista, nel setting terapeutico, come scrive Freud “deve scoprire, o per essere più esatti costruire il materiale dimenticato a partire dalle tracce che di esso sono rimaste” e ancora :” il suo lavoro di costruzione o, se preferisce, di ricostruzione, rivela un’ampia concordanza con quello dell’archeologo che dissotterra una città distrutta e sepolta o un antico edificio” (Freud S. 1937,Costruzioni nell”analisi, in Opere, Boringhieri, Torino, pag.543) , Ciò affinchè, la persona, o la coppia, che si rivolge alla psicoterapia psicoanalitica per un aiuto, abbia il modo di giungere ad una consapevolezza della relazione, che infine porti alla crescita e all’evoluzione della personalità.

L’importanza della narrazione nella psicoterapia

Nell’analisi, dunque, è possibile la narrazione della storia passata, remota che porta alla consapevolezza: “Se esiste un remoto, esiste anche una storia e una narrazione di essa.” (Riflettendo su «Remoto e attuale nel setting familiare» di Anna Maria Nicolo-Corigliano, Interazioni, n. 1, 1993, pp. 7-8) . La narrazione, fatta nel setting terapeutico dal singolo individuo, è sempre il prodotto delle narrazioni familiari, o addirittura è una «co-narrazione», costruita nel campo familiare, nella interazione tra il paziente, la famiglia e l’analista. La storia narrata, tra l’altro, non è mai limitata al tempo di una vita, nel senso che comprende più generazioni, a volte presenti realmente nella stessa seduta, come accade nelle terapie familiari o di coppia; la narrazione è sempre transgenerazionale . La narrazione attraverso il racconto consiste, la maggior parte delle volte, nell’interpretazione della cultura del gruppo familiare, trasmessa attraverso modelli di identificazione, che danno vita al “mito familiare”, tramite il quale la storia familiare passata, di generazione in generazione, rimane viva, trasmettendo anche il suo funzionamento traumatologico, che crea le situazioni patologiche.

La famglia come tipo di “gruppo”

Questo noi lo verifichiamo sempre durante le sedute terapeutiche. La famiglia è  un particolare tipo di gruppo, un “gruppo primario” cioè un gruppo che svolge una funzione fondamentale sia ai fini della costruzione dell’identità individuale, sia ai fini della costruzione della società. La famiglia è, infatti, all’origine dello stesso fenomeno della civilizzazione in quanto luogo che garantisce il processo generativo da un punto di vista biologico, psicologico, sociale e culturale (Murdock 1949) e, secondo l’accezione di Kurt Lewin, essendo un gruppo, (1951) è qualcosa di più dalla somma dei suoi membri, la cui “essenza non è la somiglianza o la dissomiglianza riscontrabile tra i suoi membri, bensì la loro interdipendenza.” E’ una totalità dinamica e perciò “un cambiamento di stato di una parte o frazione qualsiasi, interessa lo stato di tutte le altre” del gruppo. Ogni membro di una famiglia, dunque, è in una relazione reciproca con gli altri, li influenza ed è da essi influenzato. La famiglia è il luogo primario in cui l’individuo vive le relazioni di genere e di generazioni.

Il progetto Famiglia

“Essa ha come obiettivo e progetto intrinseco la generativita” (scabini 1995). Due sono le principali relazioni che organizza: quella coniugale e quella parentale-filiale con il connesso asse fraterno.

La relazione coniugale

La relazione coniugale si basa sulla differenza di “gender” cioè identità socioculturale del sesso maschile e femminile. Ogni cultura, infatti, traduce il sesso, come fatto biologico in un’identità femminile o maschile, con particolari ruoli, funzioni, caratteristiche sociali e culturali.

La relazione-parentale-filiale

La relazione parentale-filiale implica, invece, la “differenza di generazione” e la conseguente responsabilità della generazione che precede su quella che segue. Il termine “parentale” comprende sia i genitori, sia la rete parentale costituita dai rapporti con le famiglie d’origine dei coniugi. L’obiettivo e progetto intrinseco della famiglia si racchiude nella parola “generare”, e come abbiamo detto, la famiglia non riproduce ma genera legami, dona la forma umanizzata a ciò che da essa nasce e a ciò che, ad essa, si lega. Il fine procreativo non è solo la condizione della specie ma, attraverso di essa, e continuazione e innovazione della storia familiare e sociale. L’atto generativo da inoltre anche una specifica qualità alla relazione tra i due generi. Essi, attraverso il figlio, si legano in maniera indissolubile e non possono più “uscire” dalla relazione parentale (non si puo diventare ex genitori o ex nonni). Attraverso di loro vengono legate le famiglie d’origine, producendo una differenza di generazione e un legame tra le stirpi che si perde nel tempo. Unicità e appartenenza segnano anche il neo-nato. Egli può, infatti, svilupparsi psichicamente in quanto “riconosciuto” entro un rapporto di filiazione specifico. Porterà attraverso il cognome il segno della sua appartenenza alla storia familiare, e attraverso il nome proprio, il segno della sua unicità.”

Identikit della famiglia moderna secondo ISTAT

L’identikit della famiglia attuale, in Italia, secondo i dati ISTAT sulle famiglie derivati dal censimento del 2011 è questo…. La quasi totalità della popolazione residente in Italia al 9 ottobre 2011 vive in famiglia. In analogia con quanto avvenuto nei precedenti decenni, negli ultimi dieci anni il numero di famiglie é aumentato del 54,0%. Le famiglie tendono comunque ad essere sempre più piccole, mostrando una progressiva riduzione del numero medio dei componenti. Nel 1971 una famiglia era mediamente composta da 3,3 persone, nel 2011 da 2,4. Le famiglie uni-personali sono quasi una su tre (31,2%). Rispetto al censimento del 2001 risultano in notevole aumento a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e dei mutamenti demografici e sociali.

Il numero di separati legalmente e divorziati è quasi raddoppiato. I vedovi, per lo più donne (82,4%), sono in lieve aumento, il 60,0% è ultra settancinquenne. Vi è uno squilibrio tra i sessi, anche per i celibi/nubili, tra i quali predominano i maschi. I celibi/nubili sono rappresentati in netta prevalenza dai minori di 20 anni (45,6%) e dai giovani tra i 20 e i 34 anni (29,9%). La maggior parte dei coniugati si colloca nelle età centrali e più della meta dei separati legalmente e dei divorziati ha un’eta compresa tra i 35 e i 54 anni. La coppia occidentale moderna, dunque, come si è visto per la realtà italiana, ha subito cambiamenti demografici incisivi e molto importanti per il futuro della famiglia.

La famiglia moderna

La famiglia moderna appare come un’entità riservata, con una struttura basata interamente sull’affettività e sulla comunicazione. Le unioni coniugali, da cui maggiormente prendono vita  le famiglie, non sono più il risultato di un’alleanza fra le famiglie native, che in passato erano parte attiva nella scelta dei partner. Oggi, nel mondo occidentale, l’unione è libera e utile a poter soddisfare se stessi (self-fulfillment), ovvero, il proprio bisogno affettivo sessuale, a scapito degli obblighi inerenti al legame coniugale, utili alla costruzione di un “noi”, di una cultura comune, alla realizzazione di un progetto comune. Gli atteggiamenti dei genitori verso i figli sono radicalmente cambiati e i figli sono diventati i destinatari principali delle loro cure e del loro affetto e spesso mezzo di contrattazione nel rapporto di potere tra i coniugi. Venendo meno l’influenza delle famiglie di origine, che con i loro miti e la loro narrazione, organizzano i valori delle coppie e la storia delle famiglie, sposarsi significa condividere un progetto, se si è fortunati, “di vita”, con un’altra persona, che soddisfa il proprio lato umano sentimentale. La realizzazione di un’ampia varietà di famiglie porta a pensare che sarà sempre più difficile dire da chi è composta “la famiglia”, chi è all’interno e chi e all’esterno di essa.

Il ruolo delle Istituzioni moderne

I compiti che nel passato erano prettamente familiari sono ormai totalmente delegati alle istituzioni sociali, di cui i principali sono relativi all’educazione (scuola) e alla salute (sanità), che in tempi di crisi economica, come quello attuale, sono spesso inadempienti, per cui il processo di accudimento, di crescita, di protezione dei figli da parte della famiglia è molto carente, com’è altrettanto carente la capacità di accudimento e cura degli anziani in una società sempre più vecchia.

La funzione sociale ed istituzionale del legame, solidaristico della famiglia tradizionale, si sta indebolendo sempre di più e nella società consumistica occidentale, spesso, la famiglia nasce da un legame di coppia, trasformato in una via per il successo sociale, verso una più alta condizione sociale.

Il risultato di tutto ciò è che la coppia ha raggiunto alti livelli di fragilità e di conflittualità. II rapporto di coppia basato sulle alte speranze, spesso troppo evanescenti, di realizzazione personale dei suoi singoli componenti, provocano disillusione e una grande frustrazione.

Esempio di una famiglia moderna

Vera è una donna di circa 40 anni; originaria di uno dei paesi dell’est Europa, arrivata in Italia circa quindici anni fa. Dapprima da sola perchè, da quanto ha riferito, era in fuga da un marito violento. Si è rifugiata, nel senso che all’inizio non aveva il permesso di restare in modo definitivo, presso una famiglia del nord Italia, dove piano piano ha potuto far conoscere la sua storia e da questa famiglia è stata aiutata a ricongiungersi con i figIi. Viveva in un appartamentino da sola con i tre figli minori di età, tra i sei e tre anni, qui era riuscita a ricreare il clima di accudimento e protezione per loro. Dopo circa un anno intraprende una relazione affettiva con un uomo, suo coetaneo, che non era mai stato sposato. lei pensa che un “padre” per i bambini sia necessario, anche se non il padre naturale, ma un uomo in famiglia ci vuole. Per questi motivi lei accetta di trasferirsi in casa di lui con i tre bambini, nonostante pensasse che forse era più conveniente che lui si trasferisse da loro. I due iniziano la convivenza, ma quasi subito iniziano i problemi di carattere economico perchè le spese da sostenere sono molte. La coppia decide di trasferirsi nella Marsica, vicino alla famiglia nativa di lui così che possano trovare un sostegno nella gestione dei figli e possano vivere con il frutto del loro lavoro. Arrivati qui, le interazioni con la famiglia d’origine di lui, Ii portano a pensare che per essere una vera famiglia devono avere almeno un figlio proprio. E così accade, e poi arriva anche un altro figlio. La famiglia è notevolmente cresciuta, la bimba più piccola non va ancora a scuola. La donna, oltre ad occuparsi egregiamente della casa, lavora facendo i lavori domestici presso altre famiglie, e il marito, perchè nel frattempo si sono sposati, lavora come rappresentante commerciale. Ma lui, spesso, ha problemi occupazionali, per cui la famiglia non ha una stabilità economica. Lei cerca di fare il più possibile e questo la porta a stare, a volte, molte ore fuori di casa, ma a quel punto i figli sembrano abbandonati a loro stessi perchè il padre non è in grado di interagire con loro, anzi passa il tempo a giocare con icsbox e cose simili. I figli più grandi poi non gli riconoscono nessuna autorevolezza e non lo sentono proprio! La donna si rivolge presso il servizio psicologico del C.F. Perchè si sente molto depressa, piange molto, dichiara di avere molti problemi soprattutto con il primo dei suoi figli, un adolescente che è seguito dalla neuropsichiatria infantile a causa di problemi a carattere antisociale. La donna nel corso dei colloqui rivela di avere problemi anche con il marito perchè non si sente sostenuta da lui adeguatamente, soprattutto nell’impegno educativo con i figli. Racconta di sentirsi delusa per essersi appoggiata al marito, perchè ha la sensazione di avere una relazione con un “bambino” invece che con un vero uomo e dice di aver sbagliato ad essersi risposata dopo aver avuto una prima esperienza matrimoniale molto negativa. Ora vorrebbe capire bene cosa fare per non agire d’impulso e scappare di nuovo dalla famiglia perchè sente di non farcela più, riferisce di amare il marito ma di essere stanca dei suoi comportamenti infantili, che spesso complica la loro relazione andando a raccontare le proprie case alla suocera e diventando geloso quando loro due litigano. La donna è fortemente orientata alla separazione.

Vera ha 22 anni quando si innamora dell’attuale marito che ne ha 23. La diversità strutturale della loro famiglia, cioè la particolare composizione dei ruoli assunti dai diversi membri all’interno di essa. Non è di per se un impedimento ad una organizzazione familiare funzionante. Tale diversità, tuttavia, ha dato vita al caos e alla crisi, come sempre succede quando essa viene negata, non riconosciuta e, quindi, non affrontata; almeno fino a quando, nel caso di Vera, non ha cercato aiuto e si è rivolta alla Terapia. I processi che si verificano nella famiglia, influenzano gli esiti dello sviluppo dei figli in modo più incisivo rispetto alla struttura che la famiglia assume, cioè al tipo di famiglia che si realizza. In poche sedute terapeutiche Vera ha potuto constatare che il figlio maggiore è in forte competizione con il marito e che il fatto di doverlo chiamare papà non l’ha mai tollerato tanto e vero che ad un certo punto ha smesso di chiamarlo così. II marito del resto non si è mai intromesso nelle dinamiche di forza con cui il ragazzo sfida la madre e cerca di comandare la relazione con lei: ad es. se decide di uscire, certo non ascolta il divieto della madre, e il padre non interviene se non dietro richiesta di lei: ma come bisogna chiamarlo quest’uomo?

Privatizzazione della famiglia

Le nuove famiglie (Fruggeri, L. (1998): Dal contesto come oggetto alla contestualizzazione come principio di metodo, in “Connessioni”, n.3, pp.75-86 .) presentano forme e strutture diverse, dove le relazioni hanno a che fare, oltre che con le immagini interiorizzate della famiglia, con gli stili di vita diversi dovuti ai livelli di scolarizzazione e alla capacità di inserimento nel mercato del lavoro (Donati R; Di Nicola P. (1989): Lineamenti di sociologfa della famiglia. NIS, Roma-).

La complessità delle nuove famiglie spesso si risolve sul piano del diritto civile perchè sembra impossibile restare su di un piano relazionale, dove le coppie, attualmente trovano paradossalmente, i riferimenti, le regole per poter contenere la famiglia. Nel caso di Vera abbiamo visto come la sua possibilità di mantenere salda la sua nuova famiglia dipendesse dalla capacità del coniuge ad avere un lavoro stabile e ad avere interessi che lo rendessero più indipendente dalla famiglia d’origine, ma soprattutto dalla sua capacità di relazionarsi con i ragazzi figli di Vera.

Famiglia di oggi: nucleare

Questo che abbiamo visto è un esempio di Famiglia nucleare ricostituita in cui confluiscono i figli nati dal precedente matrimonio di uno dei partner, e i figli che sono nati dalla nuova unione. La configurazione relazionale della famiglia ricostituita comporta un problema di non facile soluzione, come abbiamo visto nell’esempio, quanto alla nomenclatura per denominare i nuovi padri, le nuove madri e i fratelli/sorelle acquisiti e questo è espressivo di uno stato di disagio. In queste situazioni, si rivela sovente una difficoltà a stabilire confini e legami. Indice di una identità più incerta e confusa rispetto a quella che si manifesta nelle famiglie nucleari di prime nozze. (Donati,P. 1998: Manuale di sociologia della famiglia.Laterza, Bari, p.273).

Famiglia nucleare lunga

Ci sono altri casi di Famiglia nucleare, cioè formate da un solo nucleo con relativi figli. Si possono differenziare in: famiglie nucleari lunghe formate dai genitori con figli adulti già indipendenti, dal punto di vista economico, che rimangono in casa o vi tornano dopo un’esperienza matrimoniale o di coppia fallita. E’ una struttura relazionale al cui interno si trovano difficoltà rispetto alla risoluzione del legame genitori-figli. Figli adulti continuano a far riferimento ad una struttura di servizi gestita spesso da genitori anziani, dove non è chiaro chi riveste ruoli decisionali, chi sia dipendente affettivamente, chi non ha autonomia psicologica, chi vive in una situazione di comodo.

Famiglia basata sulla convivenza

Famiglia basata sulla convivenza, soprattutto quando questa derivi da una scelta, esprime un’opzione culturale rispetto al prevalere della dimensione affettivo-relazionale versus la legalizzazione del rapporto che è ritenuta secondaria se non addirittura antagonista. E’ una modalità in grande espansione, complessa da analizzare e che se generalizzata, richiederebbe una serie di interventi regolativi anche a livello del sistema sociale rispetto al mantenimento di garanzie minime di diritto nei confronti dei partners e dei figli.

Famiglia di Oggi: monogenitoriale

Le famiglie monogenitoriali, dette anche famiglie incomplete, ad esclusione di quelle derivanti dalla morte di uno dei due genitori o dalla presenza di un genitore nubile o celibe con figli, rappresentano il superamento dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale ed introducono nuova criticità nella gestione delle dinamiche relazionali, laddove su di un unico coniuge ricade la responsabilità di educazione, socializzazione e custodia di figli piccoli con la presenza, sullo sfondo, di un ex partner, in molti casi con un ruolo di controllo. Ci sono altre nuove tipologie familiari (Famiglia o Famiglie nel terzo millennio, A. Campanini, Università di Parma) che emergono nella società moderna, ad es. la Famiglia unipersonale, formata da un solo soggetto che occupa una unità abitativa. E’ una forma familiare, tipica della società industriale, che avrà probabilmente un’incidenza percentuale sempre maggiore, a causa sia dell’allungamento della vita, sia per una maggior indipendenza dei giovani, che possono allontanarsi da casa per lavoro, o per scelte culturali di indipendenza ed autonomia come fanno i così detti single, o per risoluzione di precedenti legami matrimoniali.

La famiglia di coppia e la famiglia complessa

La Famiglia di coppia dove possono collocarsi le coppie anziane e quelle giovani senza figli, le coppie non coniugate per scelta o per necessità e quelle che sperimentano un periodo di vita in comune prima del matrimonio . Infine, la Famiglia complessa ancora presente, non solo come sopravvivenza culturale di un passato ormai remoto, ma come strategia generale di organizzazione e riorganizzazione del quotidiano. Essa può contenere una compresenza di più nuclei completi di generazioni diverse, oppure un nucleo dove si affiancano possibili ascendenti e collaterali, e dimostra, in numerosi contesti e in diverse fasi del ciclo di vita individuale, di potersi offrire come camera di compensazione per far fronte a nuove situazioni. Si pensi al divorziato che torna a casa con i figli o alla giovane coppia in cerca di abitazione che rimane a vivere con uno dei due nuclei d’origine o ancora alia famiglia nucleare che accoglie al proprio interno un genitore anziano per accudirlo in quanto non più in grado di vivere da solo.

Una sana diversità

La diversità, però non è sinonimo di patologia, anzi, la grande varietà strutturale delle famiglie, potrebbe rappresentare un’opportunità, se considerata come uno spazio relazionale dove possono svilupparsi particolari capacità individuali e sociali. Gli individui sperimentano una molteplicità di relazioni affettive in un contesto dove imparano vicinanza e distanza, intimità ed autonomia maggiori che nelle famiglie tradizionali, oltre che sviluppo della tolleranza e accettazione di chi è diverso e rispetto per l’individualità di ogni persona indipendentemente dalle pressioni sociali. Oggi, per esempio i giovani, anche Italiani, a causa dell’enorme crisi economica, che è mondiale, devono considerarsi cittadini del mondo, e hanno bisogno di una grande capacità comunicativa-adattiva per pater lasciare il nucleo familiare e andare a vivere nel mondo. Devono saper volare.

Fiabe di Duss.

Nel test “Fiabe della Duss” c’e una tavola che dice:

:” 1- Storia dell’uccellino: Un babbo ed una mamma uccelli e il loro bambino uccellino dormono nel nido, sul ramo di un albero. Viene ad un tratto però un gran vento, stronca l’albero e il nido cade per terra; i tre uccellini si svegliano ad un tratto. Il babbo svelto svelto vola su un abete, la mamma vola su un altro abete, il bambino uccellino che cosa farà allora? Sa già volare un poco.

Conclusioni

Una famiglia sana, allora, riesce a soddisfare la maggior parte dei propri bisogni in modo congiunto e collettivo, ma senza impedire al singolo di perseguire gli obiettivi individuali, dove la coesione del gruppo e parallela/contemporanea all’autonomia del singolo. Ciò vuol dire che i conflitti devono essere negoziati e le crisi affrontate riconoscendo ad ogni famiglia il suo modo peculiare di farlo. Ogni famiglia comporta delle trasformazioni sul piano strutturale, cioè nelle forme che assume di volta in volta, e sul piano processuale nella modalità di stare insieme, sviluppando dinamiche intra e extra familiari proprie, e di fornire reciproca cura e sostegno. Le forme famigliari variano da una cultura all’altra, lungo il corso del tempo, ma anche all’interno della stessa cultura e nello stesso tempo. Per tutti questi motivi si parla non più di famiglia al singolare , ma di famiglie al plurale (Berger e Berger,1983) Alla fine di questa esposizione, vorrei concludere con una poesia di KAHLIL GIBRAN:

Poesia di KAHLIL GIBRAN

“I vostri figli non sono figli vostri. Sono figli della sete che la vita ha di se stessa. Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi, e benchè vivano con voi non vi appartengono. Potete donare loro amore, ma non i vostri pensieri: essi hanno i loro pensieri. Potete offrire rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime: esse abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno. Potete tentare di essere simili a loro, ma non farli simili a voi: la vita procede e non s’attarda sul passato. Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti. L’arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e vi tende con forza affinchè le sue frecce vadano rapide e lontane. Affidatevi con gioia alla mano dell’arciere; poiche come ama il volo della freccia così ama la fermezza dell’arco.”

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