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far cambiare idea

È possibile far cambiare idea ?

La Sfida del Cambiamento di Opinione

Ad ognuno di noi probabilmente è capitato di voler convincere qualcuno che la sua opinione su una particolare questione sia sbagliata, impegnandoci con argomentazione impeccabili, ma l’interlocutore invece di capire il nostro punto di vista, lo respinge, convinto di avere sempre ragione. Politici, pubblicitari e persino i professionisti della salute, affrontano una dura lotta quando cercano di far cambiare idea, ottenere il voto, convincere ad acquistare nuovi prodotti o ad adottare uno stile di vita più sano.

Il Ruolo del Bias di Conferma nel Rafforzare le Convizioni

Perché è così difficile convincere qualcuno a cambiare idea e abbandonare le proprie convinzioni? Pare che le persone per elaborare i propri giudizi ricorrano a scorciatoie mentali, dette euristiche, che risultano molto efficienti, ma possono indurre a compiere degli errori sistematici, i cosiddetti bias. In particolare il bias di conferma (o pregiudizio), cioè la tendenza umana a cercare informazioni già in accordo con il proprio sistema di credenze gioca un ruolo cruciale nel rafforzare le nostre convinzioni impedendo di cambiare idea.

Esempi Pratici del Bias di Conferma

Il bias di conferma determina ciò a cui prestiamo attenzione e ciò che ignoriamo. Tom Gruca dell’Università dell’Iowa e Michael Cipriano dell’Università della Carolina del Sud hanno esaminato il modo in cui i giovani trader dell’università analizzavano i mercati elettronici dell’Iowa, scoprendo che essi tendevano a ignorare le nuove informazioni se ciò richiedeva di rivalutare le loro opinioni iniziali, anche se perdevano denaro.

Bias di Conferma e Interpretazione delle Informazioni

Questa tendenza influenza anche il modo in cui interpretiamo le informazioni. Se riteniamo che sia più pericoloso guidare sulle autostrade che sulle strade di campagna, considereremo ogni incidente autostradale come una prova della nostra convinzione. Tuttavia, se sentiamo che un’auto si è schiantata su una strada di campagna, è probabile che giudichiamo l’autista come sbadato piuttosto che la strada stessa.

L’Influenza del Bias di Conferma nella Raccolta di Informazioni

Il bias di conferma può determinare anche il modo in cui raccogliamo le informazioni. Secondo il prof. di Harvard Jerome Groopman, un medico che ipotizza una diagnosi può, senza rendersene conto, porre domande che la confermino, trascurando le informazioni contraddittorie.

Bias di Conferma e Memoria

Il pregiudizio di conferma influenza anche ciò che ricordiamo e ciò che dimentichiamo. Se crediamo di essere inclini agli incidenti, ricorderemo le volte in cui siamo caduti o abbiamo lasciato cadere oggetti, ma non riusciremo a ricordare le occasioni in cui abbiamo agito in modo sicuro.

Evidenze Scientifiche del Bias di Conferma

Le evidenze scientifiche del bias di conferma sono diverse. I ricercatori della Stanford University in uno studio hanno sottoposto persone favorevoli o contrarie alla pena capitale alla lettura di due articoli fittizi sull’argomento. Un articolo affermava che la pena di morte scoraggiasse i crimini violenti, mentre l’altro sosteneva il contrario. I ricercatori hanno scoperto che le risposte dei partecipanti erano suddivise in base alle loro opinioni preesistenti: i favorevoli valutavano i dati contrari poco convincenti e viceversa, ritenendo più credibili i dati a sostegno della propria opinione e riferendo di sentirsi ancora più impegnati nella propria posizione originale.

Origine e Meccanismi del Bias di Conferma

Come nasce il pregiudizio di conferma? Quali sono i meccanismi sui quali agisce? I ricercatori della City University e dell’University College di Londra in un recente studio pubblicato su Nature Neuroscience hanno chiesto di stimare il prezzo di alcune proprietà immobiliari e di decidere quanto sarebbero stati disposti a pagare per ciascuna di quelle proprietà a 42 partecipanti, suddivisi in coppie. Ognuno di loro poi è stato sottoposto a risonanza magnetica funzionale (fMRI) e al resoconto dei giudizi dati; messi poi al corrente delle risposte del partner, gli è stato chiesto di stabilire la somma finale che sarebbero stati disposti ad investire. I ricercatori hanno scoperto che, quando la stima del prezzo del partner concordava con la loro, i partecipanti erano più propensi a dire che avrebbero investito di più; ma quando le coppie erano in disaccordo l’opinione del partner non influenzava la decisione finale dei soggetti. La fMRI ha mostrato, inoltre, che l’attività della corteccia frontale mediale posteriore, area del cervello coinvolta nella valutazione delle idee altrui e nei processi decisionali, aumentava quando le coppie erano in accordo sul valore della casa, mentre diminuiva quando erano in disaccordo.

Conclusione: La Tendenza Comportamentale e il Bias di Conferma

La spiegazione data è che: “quando le persone non sono d’accordo, il loro cervello non riesce a codificare la qualità dell’opinione dell’altra persona, dando loro meno motivi per cambiare idea”. La scoperta, quindi, evidenzia la tendenza comportamentale a scartare le informazioni non concordi alla base del bias di conferma.

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Bibliografia

  1. Blair, L. (2016, 8 novembre). “Why it’s so hard to change people’s minds.” The Sydney Morning Herald.
  2. Cohut, M. (2019, 18 dicembre). “Why is it so difficult to make people change their minds?” Medical News Today.
  3. De Cicco, R. (2020, 14 novembre). “Il bias della conferma: l’autoinganno che limita le nostre decisioni.” Economia Comportamentale.
  4. Jun, P. (2014, 12 giugno). “Why it’s so difficult to change your mind.” Motivated Mastery.
  5. Kappes, A., Harvey, A.H., Lohrenz, T. et al. (2020). “Confirmation bias in the utilization of others’ opinion strength.” Nat Neurosci 23, 130-137.
  6. Michetti, F. (2020, 27 gennaio). “Fake news, ecco perché abbocchiamo (e come evitarlo).” Azienda Digitale.
  7. Musso, M. (2019, 19 dicembre).All’origine del pregiudizio di conferma: perché crediamo solo a quello che ci dà ragione.” Galileo.
  8. Nicoletti, R. & Rumiati, R. (2011). “I processi cognitivi.” Il mulino.
  9. Svoboda, E. (2017, 27 giugno). “Why is it so hard to change people’s minds?” Greater Good Magazine.
  10. Zannoni, M. (2021, 30 marzo). “Perché è così difficile cambiare idea?” Focus.
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empatia

L’Empatia: Il Collante Sociale per un Mondo Migliore

Introduzione

Nell’era delle divisioni e dei conflitti, la ricerca psicologica sottolinea l’importanza cruciale dell’empatia, non solo come tratto umano ma come fondamento per una società più cooperativa e gentile. Jamil Zaki, psicologo della Stanford University, la descrive come il “supercollante” psicologico che unisce le persone. Questa visione è supportata da numerosi studi che collegano l’empatia a comportamenti prosociali e a una riduzione di atteggiamenti negativi come l’aggressività e il bullismo.

L’Empatia nella Pratica Educativa e Sociale

La ricerca ha dimostrato che l’empatia può trasformare ambienti educativi e sociali. Gli insegnanti che mostrano empatia verso gli studenti tendono a ridurre l’uso di discipline punitive, creando un ambiente più accogliente e inclusivo. Questo approccio è particolarmente efficace nel ridurre il pregiudizio e il razzismo sistemico, come dimostrato dal lavoro di Jason Okonofua dell’Università della California, Berkeley.

Il Giusto Tipo di Empatia

Tuttavia, non tutta l’empatia è ugualmente benefica. L’empatia eccessiva può essere emotivamente drenante e controproducente. È essenziale distinguere tra l’identificazione eccessiva con le emozioni altrui e una comprensione più equilibrata e sostenibile delle loro esperienze. Sara Konrath dell’Università dell’Indiana sottolinea l’importanza di sviluppare il tipo giusto di empatia, uno che sia sostenibile e non opprimente.

Sfide e Rischi dell’Empatia

Nonostante i suoi benefici, l’empatia presenta delle sfide. Può a volte alimentare favoritismi e pregiudizi, come sottolineato da Daryl Cameron della Penn State University. Inoltre, l’empatia può essere difficile da mantenere in situazioni emotivamente o cognitivamente onerose.

Coltivare l’Empatia Efficace

Per coltivare un’empatia efficace, è fondamentale adottare una mentalità di crescita, come suggerito da Erika Weisz di Harvard. Questo significa credere nella capacità di sviluppare e migliorare l’empatia attraverso la pratica e l’educazione. La ricerca di Cameron indica che l’empatia può essere aumentata insegnando alle persone a praticarla in modo efficace.

Empatia e Cultura

L’esposizione a diverse culture e prospettive può migliorare significativamente la capacità empatica. Consumare media diversi e partecipare a culture diverse può aiutare a comprendere meglio le esperienze altrui. La letteratura e le storie guidate dai personaggi, come sottolineato da Raymond Mar della York University, possono essere particolarmente efficaci in questo senso.

Ossitocina e Empatia

L’ormone ossitocina gioca un ruolo significativo nell’empatia. Studi sui topi hanno mostrato che l’ossitocina può motivare comportamenti prosociali e di cura. Questo suggerisce che anche negli esseri umani, comportamenti che rilasciano ossitocina, come il contatto visivo e il tocco fisico, possono promuovere l’empatia.

Conclusione

L’empatia è più di una semplice reazione emotiva; è una competenza che può essere sviluppata e affinata per il bene della società. Attraverso la ricerca e la pratica consapevole, possiamo imparare a utilizzare l’empatia in modo che sia sostenibile per noi stessi e benefico per gli altri. In un mondo sempre più diviso, l’empatia non è solo desiderabile, ma essenziale.

 

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amicizia platonica

L’importanza delle amicizie platoniche

Introduzione

Nella nostra cultura, il romanticismo è spesso considerato l’apice delle relazioni umane. Tuttavia, recenti studi in psicologia hanno iniziato a esplorare l’importanza fondamentale delle relazioni platoniche, evidenziando come queste possano rafforzare il benessere umano in modi unici e significativi.

Il Potere delle Amicizie

Le amicizie offrono un sostegno emotivo e fisico cruciale. Studi hanno dimostrato che affrontare sfide o discutere problemi con un amico fidato può aiutare a regolare la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca. Queste relazioni non solo possono essere stabilite e rafforzate a qualsiasi età, ma possono anche offrire un sostegno paragonabile a quello delle relazioni romantiche.

Impatto sulla Salute e Longevità

La ricerca ha rivelato che le persone con amici stretti tendono ad essere più soddisfatte della loro vita e hanno minori probabilità di soffrire di depressione o di morire prematuramente a causa di varie cause, inclusi problemi cardiaci e malattie croniche (Choi, K. W., et al., 2020; Holt-Lunstad, J., et al., 2010; Steptoe, A., et al., 2013).

Rischi dell’Isolamento Sociale

D’altra parte, l’isolamento sociale o le relazioni di scarsa qualità possono aumentare significativamente il rischio di morte prematura. Questo è stato confermato da studi come quelli condotti da Julianne Holt-Lunstad, PhD, che ha esaminato l’impatto delle relazioni sulla salute fisica e mentale.

Amicizia e Salute Mentale

Le amicizie adulte di alta qualità sono state collegate a un miglior benessere e a una protezione contro problemi di salute mentale come depressione e ansia (Pezirkianidis, C., et al., 2023; Blieszner, R., et al., 2019).

L’Importanza delle Interazioni Sociali

Anche le interazioni sociali minime possono avere un impatto significativo. La ricerca di Gillian Sandstrom, PhD, ha dimostrato che le interazioni casuali possono aumentare la felicità e il benessere generale (Sandstrom, G., 2014; 2022).

Amicizia e Romanticismo

Le qualità come la chimica, l’intimità e il calore sono cruciali sia nelle amicizie che nelle relazioni romantiche. La ricerca suggerisce che le relazioni romantiche possono essere più appaganti quando assomigliano a amicizie (Ledbetter, A. M., et al., 2007; Campbell, K., et al., 2015).

Conclusione

Le amicizie platoniche giocano un ruolo cruciale nel benessere umano, offrendo supporto emotivo e fisico e contribuendo alla nostra salute mentale e longevità. È essenziale riconoscere e valorizzare queste relazioni nella nostra vita quotidiana.

di Floriana De Michele

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Bibliografia

  1. Choi, K. W., et al. (2020). The American Journal of Psychiatry, Vol. 177, No. 10.
  2. Holt-Lunstad, J., et al. (2010). PLOS Medicine, Vol. 7, No. 7.
  3. Steptoe, A., et al. (2013). PNAS, Vol. 110, No. 15.
  4. Pezirkianidis, C., et al. (2023). Frontiers in Psychology, Vol. 14.
  5. Blieszner, R., et al. (2019). Innovation in Aging, Vol. 3, No. 1.
  6. Sandstrom, G. (2014). Personality and Social Psychology Bulletin, Vol. 40, No. 7.
  7. Ledbetter, A. M., et al. (2007). Personal Relationships, Vol. 14, No. 2.
  8. Campbell, K., et al. (2015). The Social Science Journal, Vol. 52, No. 2.
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psicologia giuridica

Uno sguardo sulla Psicologia Giuridica

Introduzione alla Psicologia Giuridica

La psicologia giuridica, una disciplina relativamente giovane in Italia, ha visto i suoi primi studi emergere agli albori del XX secolo. Nonostante le prime osservazioni di Cesare Lombroso nel 1870, fu solo con i contributi di figure come Padre Agostino Gemelli (1907), U. Fiore (1909), S. G. Ferrari, A. Renda (1906) e S. De Sanctis (1913) che il campo iniziò a prendere forma. A livello internazionale, le radici di questa scienza possono essere tracciate fino alla metà del XIX secolo, in particolare in Germania e Gran Bretagna.

Sviluppo e Sistematizzazione

Un punto di svolta si verificò nel 1925 con la pubblicazione di “Psicologia Giudiziaria” di Enrico Altavilla, un giurista e docente di Diritto e Procedura Penale di Napoli. Quest’opera non solo sistematizzò la disciplina, ma riuscì anche a fondere sapientemente i principi del diritto con quelli della psicologia, mantenendo al contempo l’autonomia di entrambe le discipline.

Ambito di Studio

La psicologia giuridica si dedica allo studio e all’osservazione delle dinamiche comportamentali individuali e di gruppo in contesti giuridici, sia civili che penali. Il suo scopo è integrare le scienze psicologiche e umane con il diritto, analizzando processi cognitivi, emotivi e comportamentali rilevanti per l’amministrazione della giustizia. Questo include l’esame di individui coinvolti in reati, nonché di coloro che partecipano al processo giudiziario in varie capacità.

Definizione e Aree Specialistiche

Definita nell’Enciclopedia Garzanti di psicologia da U. Galimberti come il “settore della psicologia applicata che si occupa delle problematiche psicologiche nella pratica giudiziaria”, la psicologia giuridica si articola in diverse aree specialistiche:

  1. Psicologia Forense: Osservazione e descrizione psicologica degli individui coinvolti nei dibattimenti.
  2. Psicologia Giudiziaria: Analisi e descrizione psicologica dei soggetti coinvolti per valutare profili e danni psicologici.
  3. Psicologia Criminale: Studio degli aspetti psicologici dei delinquenti e valutazione della loro pericolosità sociale.

Ruolo dello Psicologo Giuridico

Lo psicologo giuridico opera in vari contesti, sia come Consulente Tecnico d’Ufficio in ambito civile che come Perito in ambito penale. Questi professionisti devono essere iscritti nell’albo dei consulenti del Tribunale e utilizzano strumenti diagnostici e di intervento specifici della psicologia applicati alle questioni giuridiche. È fondamentale che mantengano la loro professionalità attraverso l’aggiornamento continuo e lo studio approfondito.

di  Alessia Micoli

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Bibliografia

  1. Abazia L. (2009). “La perizia psicologica in ambito penale e civile. Storia, sviluppi e pratiche”. Milano: Franco Angeli.
  2. Bandini T. (2010). “Fondamenti di psicopatologia forense”. Milano: Giuffrè.
  3. Berti C. (2002). “Psicologia sociale della giustizia”. Bologna: Il Mulino.
  4. Cigoli V., Gulotta G., Santi G. (1997). “Separazione, divorzio e affidamento dei figli”. Milano: Giuffrè.
  5. De Cataldo Neuburger L., Gulotta G. (2004). “La Carta di Noto e le Linee Guida Deontologiche per lo Psicologo Giuridico”. Milano: Giuffrè.
  6. De Leo G. (1996). “Psicologia della responsabilità”. Bari: Laterza.
  7. Giusberti F., Bensi L., Nori R. (2013). “Oltre ogni ragionevole dubbio. Decidere in tribunale”. Roma: Laterza.
  8. Magrin M.E. (2012). “La valutazione psicogiuridica. Guida al lavoro peritale”. Milano: Giuffré.
  9. Micoli A. (2012). “Metodologia della perizia psicologica sull’abuso sessuale sul minore”. Amon.
  10. Ordine Psicologi del Lazio (2013). “Etica, Competenza, Buone prassi. Lo psicologo nella società di oggi”. Milano: R. Cortina.
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relazione psicologo paziente

Uno bravo tra i migliori psicologi : come sceglierlo

SCEGLIERE UNO BRAVO TRA I MIGLIORI PSICOLOGI

Il bisogno di psicologia è molto cresciuto nella società moderna e l’assistenza psicologica è divenuta una conquista sociale. L’aspetto Psicologico è attualmente riconosciuto come un ingrediente necessario della salute della persona, indispensabile nella cura e nella riabilitazione delle persone con problemi mentali ma anche delle persone con malattie fisiche. Eventi come la pandemia da Covid 19, eventi catastrofici come l’ultima grave alluvione in Emilia Romagna, o come la guerra in Ucraina, a due passi da casa aumentano lo stato d’incertezza e di insicurezza evidenziando nelle persone le fragilità personali. Considerare l’aspetto psicologico facilita la promozione di comportamenti positivi e lo sviluppo della resilienza permettendo di superare il dolore.

Trovare uno bravo psicologo oggi

Molto frequentemente gestire le relazioni personali, le comunicazioni tra le persone nei vari luoghi di vita quotidiana diventa difficile e provoca un profondo stress tanto da rendere necessario l’aiuto psicologico immediato e a lungo termine. Le improvvise difficoltà mettono di fronte alle fragilità tenute sotto controllo per tanto tempo e che in determinati momenti fanno sentire il bisogno di essere emotivamente sostenuti. Prevenire le molteplici forme di disagio psicologico e sociale che influenzano la vita delle persone, fino a farle ammalare, diventa essenziale e l’elevata consapevolezza raggiunta dalle persone su questi temi ha fatto si che l’offerta di psicologia in termini di operatori specializzati sia divenuta notevolmente alta. È facile rivolgersi ad uno psicologo oggi! Molti studi di psicologi sono a disposizione di chi ritiene di poterne usufruire. Basta andare su internet e se ne trovano così tanti che potrebbe essere difficile scegliere tra i migliori psicologi o trovarne uno bravo. Chi sono i migliori psicologi? come si fa ad identificarne uno bravo?

Come scegliere uno bravo psicologo

Sceglierne uno bravo psicologo richiede avere delle conoscenze di base sulle caratteristiche dello psicologo come professionista e cioè sulla sua formazione teorica, sulle qualità delle sue esperienze di lavoro, sulla modalità di svolgimento del suo lavoro, sulla capacità di esposizione al pubblico e al confronto scientifico con i colleghi, sulla sua capacità di apertura al sociale e sui riconoscimenti ottenuti.

Tali caratteristiche di solito non sono evidenti in quei professionisti che sono inseriti in grandi circuiti telematici o network, in cui ciò che appare importante è la prestazione professionale gratuita e a basso costo, in cui il professionista per essere soddisfatto del proprio lavoro deve esporsi ad un alto quantitativo di prestazioni: uno bravo a fare numeri! i migliori psicologi a trasmettere l’idea di una psicologia povera di contenuti.

Il bisogno di psicologia, purtroppo, è talmente alto che la società in mancanza di un adeguata offerta pubblica ottenuta tramite il Sistema Sanitario Nazionale è costretta a rivolgersi maggiormente ai suddetti network psicologici a scapito di un reale beneficio delle prestazioni.

I contesti telematici ad esempio non permettono una relazione terapeutica solida tra lo psicologo o psicoterapeuta e il paziente, che è uno degli elementi fondamentali nella pratica clinica che permette di differenziare uno psicologo bravo da uno meno bravo.

Rapporto tra uno bravo psicologo e il paziente

Sempre più evidenze, infatti, suggeriscono che una salda relazione terapeutica e un’alleanza terapeutica positiva possono influenzare significativamente i risultati della cura o trattamento psicologico. L’accordo collaborativo tra il terapeuta e il paziente sugli obiettivi e le attività terapeutiche, insieme alla presenza di un rapporto di fiducia, del rispetto reciproco e la possibilità di comunicazione aperta stabilisce una connessione empatica tra i due poli del rapporto che diventa curativo in virtù di quella capacità dello psicologo di mettersi nei panni dell’altro perché solo calandosi nella vita interiore di un’altra persona si può usare questa comprensione perseguendo uno scopo specifico. Attraverso quella che Kohut definisce “Introspezione vicariante” lo psicologo può ascoltare il paziente, cercando di ricordare le analoghe esperienze personali e se non le trova nel proprio repertorio di ricordi può persino immaginarle. Da questa esperienza emotiva che lo psicologo ricrea volutamente in se stesso, può formulare una risposta per il paziente che potrà sentirsi così pienamente compreso. C’è bisogno della presenza di entrambi gli attori del rapporto terapeutico per poter condividere questa profonda esperienza emotiva.

Le qualità di uno bravo psicologo

Le qualità dei migliori psicologi o di uno bravo psicologo possono ricercarsi per esempio da quanto viene suggerito da studi condotto sulla relazione terapeuta paziente. Un gruppo di lavoro dell’APA ha evidenziato come fattori relazionali, del tipo: concordare gli obiettivi della terapia, ottenere il feedback del paziente e riparare le rotture nella relazione, siano cruciali per il successo del trattamento quanto il metodo di trattamento utilizzato.

La mutualità

La relazione terapeutica è stata considerata tanto potente quanto, se non più potente, del metodo di trattamento specifico e la mutualità si è rivelata un aspetto fondamentale della psicoterapia moderna, promuovendo l’idea della terapia come una relazione bilaterale tra terapeuta e paziente.

La flessibilità

La ricerca ha dimostrato i benefici di questa mutualità, ad esempio, condividendo le riflessioni sulla spontaneità dei terapeuti. La flessibilità e la capacità del terapeuta di adattare il trattamento alle caratteristiche individuali dei pazienti, come il background culturale, le preferenze personali, l’attaccamento, le convinzioni religiose o spirituali, l’identità di genere e l’orientamento sessuale. Essere flessibili e responsivi facilita l’adesione e la partecipazione del paziente al trattamento.

Il feedback del paziente

L’utilizzo del feedback del paziente. L’utilizzo di strumenti come il Questionario di Esito-45.2 consentono ai pazienti di valutare i loro sintomi psicologici e problemi nel funzionamento interpersonale e nei ruoli sociali. Il terapeuta che raccoglie e incorpora il feedback del paziente nel trattamento può portare a miglioramenti significativi e ridurre il tasso di abbandono prematuro della terapia.

Risoluzione rotture

La capacità di risolvere le rotture che possono esserci nella terapia, come la discrepanza sugli obiettivi del trattamento o una cattiva interpretazione da parte del paziente di ciò che il terapeuta ha detto, che possono compromettere l’alleanza terapeutica. Le rotture possono essere suddivise in rotture di confronto, caratterizzate da espressioni esterne di rabbia da parte dei pazienti, e rotture di ritiro, quando i pazienti si allontanano emotivamente. Affrontare e risolvere queste rotture può favorire la crescita sia del paziente che del terapeuta.

I terapeuti dovrebbero anche essere consapevoli delle loro reazioni emotive e dei contro-transfert durante la terapia. Prestare attenzione ai propri sentimenti e alle espressioni non verbali può aiutare a gestire le emozioni negative dei pazienti e a coltivare una maggiore compassione.

Conclusioni

In conclusione,  i  migliori  psicologi  e psicoterapeuti sono quelli che riescono a sviluppare e nutrire una relazione terapeutica  solida  con i propri  pazienti,  ponendo una base sicura per il successo del trattamento psicologico riconoscerne uno  bravo richiede da parte dei potenziali pazienti la capacità di documentarsi e di non risparmiare sul proprio benessere psicofisico.

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Bibliografia

American Psychological Association (APA): “Understanding psychotherapy and how it works” – https://www.apa.org/topics/psychotherapy/

Introspezione, empatia e psicoanalisi : rapporto tra modalità di osservazione e teoria (Kohut. H., 1959)  https://www.psicologiapsicoterapiapsicoanalisi.com/2013/06/la-ricerca-del-se-introspezione-empatia.html

GoodTherapy.org – “Building a Positive Relationship With Your Therapist” – https://www.goodtherapy.org/blog/building-a-positive-relationship-with-your-therapist-0628135

National Institute of Mental Health (NIMH) – “Psychotherapies” – https://www.nimh.nih.gov/health/topics/psychotherapies/index.shtml

American Psychological Association (APA) Division 29: Society for the Advancement of Psychotherapy – https://societyforpsychotherapy.org/

Harvard Medical School – “Choosing the Right Therapist” – https://www.health.harvard.edu/mind-and-mood/choosing-the-right-therapist

The Therapist Development Center – “Therapeutic Relationship in Psychotherapy” – https://www.therapistdevelopmentcenter.com/blog/therapeutic-relationship-in-psychotherapy

PsychCentral – “Therapeutic Alliance: The Importance of a Good Fit” – https://psychcentral.com/lib/therapeutic-alliance-the-importance-of-a-good-fit

Australian Psychological Society (APS) – “Building a strong therapeutic alliance” – https://www.psychology.org.au/getmedia/7e173c34-42aa-44af-8a3e-a6506b0dc82f/Building-a-strong-therapeutic-alliance.pdf

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violenza coppia

Violenza tra partner e nella coppia: Un’Analisi Psicologica

Introduzione

La violenza tra partner, conosciuta anche come violenza domestica o violenza di coppia, si riferisce a comportamenti abusivi e coercitivi che si verificano all’interno di una relazione intima, come il matrimonio, la convivenza o il fidanzamento. Questa forma di violenza può assumere diverse forme, tra cui violenza fisica, violenza sessuale, abuso emotivo o psicologico, e controllo finanziario. È un fenomeno complesso che ha effetti devastanti sulla salute e sul benessere delle persone coinvolte, di solito sono le due persone che formano la coppia. L’articolo si propone di esaminare la violenza tra i partner della coppia da una prospettiva psicologica, analizzando le cause, le dinamiche coinvolte e gli effetti psicologici sulle vittime. Saranno anche discusse le strategie di prevenzione e gli interventi psicologici per aiutare le persone coinvolte a rompere il ciclo della violenza.

Cause della violenza tra partner

La violenza tra partner non ha una causa singola, ma è il risultato di una complessa interazione di fattori individuali, relazionali e socioculturali. A livello individuale, possono influire problemi di salute mentale, esperienze traumatiche passate, una tendenza all’aggressività e/o alla passività. Fattori relazionali, come i conflitti non risolti, la mancanza di comunicazione efficace e il controllo eccessivo ed un comportamento rigido, possono contribuire alla violenza. A livello socioculturale, norme di genere integraliste e disuguaglianze possono alimentare il problema.

Dinamiche della violenza tra partner

La violenza tra partner si sviluppa spesso in una serie di fasi che si ripetono in cicli comportamentali ed emotivi fatti di tensione, di esplosioni e fasi dette di luna di miele. La fase di tensione è caratterizzata da frequenti litigi, verbalizzazioni aggressive e comportamenti controllanti. L’esplosione si verifica quando la tensione raggiunge il suo culmine e si manifesta attraverso atti di violenza fisica, sessuale o psicologica. La fase di luna di miele segue l’episodio violento, con il partner abusante che mostra rimorso, pentimento e promette di cambiare. Il partner vittima accetta in modo passivo ed acritico. Questo ciclo può ripetersi in modo continuo, rendendo difficile per la vittima l’interruzione della relazione abusiva.

Effetti psicologici sulla vittima

Le vittime di violenza tra partner possono sperimentare una serie di effetti psicologici negativi. Questi includono ambivalenza affettiva, ansia, depressione, bassa autostima, disturbi del sonno, problemi di concentrazione e disordini post-traumatici da stress. La vittima nel tempo può sviluppare una paura costante e uno stato di iper-vigilanza, vivendo una condizione di costante allerta. La violenza può minare la fiducia nelle relazioni con altre persone familiari o amicali, attuali e future, e generare un senso di colpa o vergogna nella vittima che così si isola socialmente chiudendosi all’interno di una prigione psicologica

Prevenzione e interventi psicologici

La prevenzione della violenza tra partner richiede un approccio multidimensionale. A livello individuale, è fondamentale promuovere l’educazione sulla salute delle relazioni, sull’uguaglianza di genere e sulla gestione dei conflitti in modo non violento. A livello relazionale, è importante favorire una comunicazione aperta e rispettosa, nonché sviluppare abilità di risoluzione dei conflitti. A livello socioculturale, occorre lavorare per promuovere una cultura di rispetto, contrastando le norme di genere nocive e garantendo una legislazione adeguata.

Gli interventi psicologici rivolti alle vittime di violenza tra partner sono essenziali per aiutare le persone a liberarsi dalla relazione abusiva e a ricostruire le proprie vite. Questi interventi possono includere terapia individuale, supporto emotivo, consulenza sulla sicurezza e gruppi di sostegno. L’obiettivo principale è quello di fornire alle vittime gli strumenti per rompere il ciclo della violenza, riprendere il controllo della propria vita e costruire relazioni sane e appaganti.

Conclusioni

La violenza tra partner intimi è un problema complesso che richiede un approccio integrato per la prevenzione e l’intervento. La comprensione delle cause, delle dinamiche e degli effetti psicologici della violenza è fondamentale per contrastare questo fenomeno. L’educazione, l’empowerment delle vittime e gli interventi psicologici mirati possono contribuire a creare una società in cui le relazioni siano basate sul rispetto reciproco, sulla parità di genere e sulla non violenza.

Sitografia

  1. National Coalition Against Domestic Violence (NCADV) – www.ncadv.org
  2. National Domestic Violence Hotline – www.thehotline.org
  3. World Health Organization (WHO) – Violence Against Women – www.who.int/violence_injury_prevention/violence/global_campaign/en/
  4. American Psychological Association (APA) – Violence and Trauma – Trauma (apa.org)
  5. Centers for Disease Control and Prevention (CDC) – Intimate Partner Violence – www.cdc.gov/violenceprevention/intimatepartnerviolence/index.html

Bibliografia

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Brown, A. L., & Williams, S. M. (2018). Psychological Effects of Intimate Partner Violence: A Meta-Analysis. Journal of Traumatic Stress, 25(3), 355-368

Garcia, E. R., & Martinez, L. K. (2017). Prevention of Intimate Partner Violence: A Systematic Review. Journal of Interpersonal Violence, 42(1), 89-104.

Cabras E. Saladino V.(2020), La dipendenza affettiva. Testimonianze e casi di manipolazione e violenza . Carocci editore.

Secci E.M. (2014). I narcisisti perversi e le unioni impossibili. Sopravvivere alla dipendenza affettiva e ritrovare se stessi. Youcanprint edizioni.

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intervista

Intervista della laureanda Jessica Ruscitti alla dott.ssa Floriana De Michele

Domanda 1) Da quanto si occupa di supportare i malati di cancro terminale e in quali strutture lavora?

Risposta 1) Ho iniziato ad occuparmi della psicologia dei malati di cancro dall’inizio della mia carriera di psicologa . Non ero ancora una psicoterapeuta anche se già iscritta ad una scuola di specializzazione in psicoterapia psicoanalitica ed iniziai un volontariato presso l’Ospedale San Camillo di Roma che portai avanti per ben sette anni. Erano gli anni 80 e gli psicologi erano veramente degli sconosciuti in Italia e non si sapeva bene cosa e come dovessero fare! La scuola di psicoterapia mi insegnò molto e mi supportó per tutto il tempo che io rimasi lí . Ho ricominciato ad occuparmi di psiconcologia con i malati terminali presso l’hospice di Pescina dal 2014 . Due realtà difficili in cui il nostro compito è lavorare con l’immagine della morte: nel primo motivando alla speranza è alla forza di vivere, nel secondo accompagnando le persone alla morte attraverso l’elaborazione del trauma e l’appropriazione dell’esperienza traumatica .

Domanda 2) Nell’effettivo, concretamente, in cosa consiste il suo lavoro?

Risposta 2) L’ambiente dell’hospice è caratterizzato da un’atmosfera di insicurezza totale non solo per i malati. Entrando in questo luogo lo psicologo è immediatamente investito degli stati d’animo di tutte le persone che l’animano. Paure, insicurezze, rabbie, rifiuto, negazione e attaccamenti affettivi ferrei, indissolubili, irremovibili. Tutti questi sentimenti agiscono nei malati, nei parenti e negli operatori che inconsapevolmente li vivono tramite relazioni fragili e molto spesso conflittuali. Lo psicologo deve riuscire ad inserirsi in queste dinamiche e non è per nulla scontato che ci riesca ! Egli può essere vissuto da tutti come un corpo estraneo se non ha il tempo materiale da condividere con tutti loro. Io lavoro 8 ore settimanali presso l’hospice di Pescina e a volte non danno modo di conoscere e inserirsi nel breve ciclo di vita a termine dei malati e delle loro famiglie. Ed ogni storia crea dinamiche lavorative e personali particolari in ognuno degli operatori che non potranno narrare a nessuno ma solo viversi singolarmente convinti che possono farcela da soli.

Domanda 3) Quali sono le differenze lavorative con un malato di cancro con maggiori aspettative di vita e con uno in fase terminale?

Risposta 3) Come già ho accennato prima lavorare con un malato di cancro significa aiutarlo a raccontarsi e conoscersi interiormente al fine di permettere la fiscalizzazione dei suoi conflitti principali e il loro superamento tramite un
Processo di crescita della fiducia in sè stessi e negli altri . Ciò porterá a dare senso alla speranza ma anche a confrontarsi con il limite che ognuno di noi deve accettare nella vita! A capitalizzare il
Futuro negli affetti, nelle relazioni positive ed in
Ogni azione che potrà dare soddisfazione nella vita ! Con i malati terminali succede il contrario. Loro per la maggior parte dei casi vivono nel dolore e nella paura della morte . Spesso la immaginano e la sentono come un dolore insormontabile ed ecco perché l’hospice diventa un luogo di supporto fondamentale! Le cure mediche vengono meglio accettate se il dolore viene conosciuto ed elaborato come è esperienza personale e relazionale vissuto nelle dinamiche familiari tramite il supporto terapeutico psicologico . È così che si supera il limite e si
Muore con la mano del caro che ti aiuta ad andare via , avendo la consapevolezza che non sarà mai totalmente così.

Domanda 4) Gli aspetti positivi e negativi del suo lavoro. Cosa si potrebbe migliorare?

Risposta 4) Essendo il lavoro dello psicologo e psicoterapeuta un lavoro basato sulle buone relazioni umane ciò che c’è di positivo in questo lavoro è proprio questo : la possibilità di metterei in gioco in relazioni altamente significative dal punto di vista umano. La morte è la cosa più importante e significativa della vita oltre la quale c’è solo la speranza di un altra vita! Di negativo c’è che l’importanza del lavoro psicologico non viene riconosciuto a livello istituzionale ed organizzativo per cui pur essendo presente nel l’hospice di fatto non viene dato il tempo di operare. Con 8 ore in si ha il tempo di conoscere i malati figuriamoci i loro parenti! Nemmeno si può aiutare più di tanto il personale che spesso non c’è il tempo nemmeno per dirsi buongiorno !

Domanda 5) Come vive lei questo lavoro? Come impatta su di lei?

Risposta 5) Questo lavoro naturalmente mi ha influenzato molto a livello personale come succede agli altri operatori. In me c’è anche una insoddisfazione di base per non poter fare di più e il non sentirmi veramente utile a livello personale come succede agli altri. Purtroppo riesco a seguire la minoranza delle persone ricoverate a causa del tempo che non ho a disposizione. Mi sento veramente soddisfatta e apprezzata quando il mio intervento non è programmato ma avviene in emergenza sia con i malati che con i parenti . Una grande soddisfazione mi viene con il lavoro svolto quotidianamente con gli operatori con i quali c’è una collaborazione continua.

Può rispondere anche tramite email quando ha un po’ di tempo libero. La ringrazio tanto.

Jessica Ruscitti

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protagoniste la pazza gioia

Recensione del film : La Pazza Gioia

La pazza gioia

La pazza gioia è il titolo di un   film italiano  del 2016 (di Paolo Virzì) che racconta la storia di un’amicizia nata tra due donne (Beatrice e Donatella) ospiti di una comunità per persone affette da disturbi mentali. In questa struttura sanitaria, un ampio gruppo di pazienti formato prevalentemente da donne, seguono un interessante progetto riabilitativo. Le pazienti hanno la possibilità di esprimere ed elaborare le proprie fragilità psichiche in assoluta libertà. In questo complesso contesto, nonostante la loro grande sofferenza psichica e sociale, Beatrice e Donatella, le due donne protagoniste, riescono ad istaurare un rapporto di sincera amicizia trovando l’intesa sulla gioia di vivere. All’inizio non sembrava facile, ma appena si presenta l’opportunità di scappare via dalla comunità le due pazienti colgono al volo l’occasione ed incominciano un viaggio di vita strepitoso.

 Viaggio e psicoterapia

L’inatteso e giocoso viaggio le farà diventare amiche intime e solidali, come solo le donne a volte sanno essere, nonostante le forti incomprensioni.  Il viaggio fatto insieme nel mondo del reale rappresenterà la psicoterapia che cambierà le loro vite. Si divertiranno come pazze (la pazza gioia) agendo liberamente tutte le loro stranezze. Nel viaggio, però, le due donne si rispecchieranno l’una nell’altra e si riconosceranno in un gioco di proiezioni e di identificazioni, dove ognuna riscoprirà il proprio essere donne, amanti, figlie e madri. Si sosterranno e aiuteranno. Si cureranno reciprocamente, scambiandosi attenzioni maldestre, critiche e rabbia, comprensioni profonde e abbracci.

La maternità

Donatella avrà l’occasione di  rielaborare la sua difficile maternità, attraverso il ricordo del tentato suicidio, buttandosi giù da un ponte con il figlioletto in braccio. Rivivrà quegli attimi in una regressione freudiana. Dopo essere stata derisa maltrattata e rifiutata da un compagno egoista e prepotente la giovane donna, si è sentita persa, devastata senza speranza. Questo è ciò che succede a tante donne, donne ignote eppure cosi importanti nella nostra società civile.

Donatella , completamente sola e in un periodo della vita in cui nessuna donna deve essere sola – la maternità , ha bisogno di sostegno, comprensione e protezione. Le donne vivono la maternità come un’illusione in cui sentono di poter raggiungere, tramite l’amore, il punto massimo del potere verso l’uomo, il padre.

Il ruolo del padre

Nel passato forse era così, ma nella società di oggi non è più. Le peggiori battaglie tra uomini e donne si giocano sulla vita e la salute psicologica dei figli. Le donne si deprimono senza il sostegno del padre, soprattutto, se i padri sono stati assenti per motivi vari nella vita dei figli. Il padre non può permettersi di essere assente mai nella vita dei bambini che crescono. La  pena è il mancato sviluppo della   femminilità della loro figlia e del loro futuro di amanti e madri felici.

Il tentativo di suicidio di Donatella

Nella giovane protagonista il vissuto suicidario, il desiderio di morire non passa, non guarisce. Donatella continua a vivere nella grave depressione che l’attanaglia e che la porterà, infine, dopo diversi ricoveri ospedale psichiatrico, in questa comunità. L’incontro con Beatrice, in fase di infante eterna nella sua bipolare maniacalità, risveglierà in Donatella il desiderio di rivedere suo figlio. Beatrice, con il suo iper-attivismo, l’aiuterà a realizzare l’incontro con il bambino ormai figlio adottivo di una coppia di splendidi genitori. Prendendo azzardate iniziative ed utilizzando la propria sensibilità di donna ed eterna figlia (nel gioco tra l’irrazionalità e la consapevolezza) Beatrice vuole riparare la maternità di Donatella. Vuole farne una madre accogliente. Cosi facendo, in un rapporto terapeutico con Donatella,   recupera anche la sua bontà di figlia, per sentirsi brava figlia, come non si è mai sentita nel rapporto reale con la madre.

Beatrice, infatti, è sempre stata trattata dalla sua ricca austera e affettivamente distante madre, come una bambina indisponente e viziata. Beatrice è cresciuta così sperando che i suoi dispetti infantili, diventati comportamenti antisociali in età adulta, riuscissero ad attrarre le attenzioni della madre che invece non la sopporta nemmeno in vecchiaia.

Comportamento bipolare di Beatrice

Anche il suo matrimonio è stato un delirio come tutta la sua stravagante vita vissuta al limite. Lei passerà la sua vita nel bipolarismo caratteriale che la farà vivere maniacalmente. Nello stesso tempo con crisi profonde depressive che la rendono a volte simpatica divertente iperattiva e altre volte arrabbiata aggressiva e cattiva. Nel rapporto con Donatella finalmente la donna potrà prendere atto di come lei non sia mai stata voluta e desiderata dalla madre che l’ha sempre svalutata e criticata duramente.

La pazza gioia ..  di vivere

L’incontro tra Beatrice e Donatella diventa così l’inizio di un rapporto di muto aiuto, di amicizia e di cura tra due persone che imparano a volersi bene e nel loro rapporto si completano. Incominciano a giocare a fare cose pazze insieme, riscoprendo la gioia di vivere e il divertimento. A modo proprio. Imparare dall’esperienza, senza sentirsi soli, aiuta a sopportare le sofferenze della crescita. Insegna  a prendere atto del proprio essere diventati adulti, conservando la parte infantile che è in noi e che ci fa preservare la voglia di giocare e di gioire per sempre senza essere considerati pazzi.

Conclusioni

Insomma in un rapporto terapeutico simbiotico, sembra apparire il miracolo: sia Donatella che Beatrice migliorano il loro stato di salute mentale ed il loro inserimento nella comunità terapeutica.

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bonus psicologo

Bonus Psicologo 2022 al via

Finalmente dal 25 luglio e fino al 24 ottobre 2022 i cittadini interessati all’attesissimo “Contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia” possono farne richiesta.

Come chiedere il bonus psicologico

Richiederlo è semplice e si fa in due modalità.

La prima modalità è on line, accedendo ad un form specifico sul portale dell’INPS. In questo caso si dovranno utilizzare le credenziali che permettono l’accertamento elettronico dell’identità:

  • SPID (Sistema Pubblico per la gestione dell’Identità Digitale)
  • CIE (Carta d’Identità Elettronica)
  • CNS (Carta Nazionale dei Servizi)

Percorso da compiere on line

Accedere sul portale dell’INPS www.inps.it ed seguire le seguenti operazioni:

  • cliccare su “Prestazioni e servizi” poi sulla finestra “servizi”
  • cliccare su “Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche
  • cliccare su “Contributo sessioni psicoterapia

La seconda modalità è tramite il contact center multicanale dell’INPS chiamando gratuitamente il numero verde 803.164 da rete fissa; oppure chiamando a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori, da rete mobile il numero 06 164.164

Graduatoria dei Beneficiari

L’istituto di competenza provvederà a stilare una graduatoria tra i richiedenti che ne avranno diritto.
I beneficiari saranno contattati e riceveranno un codice univoco che potranno usare per prenotare il pacchetto delle sedute di psicoterapia con la/il professionista psicologa/o psicoterapeuta accreditato presso il CNOP (Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi).
Ci sarà dunque una lista di professionisti aderenti a tale iniziativa, i quali contattati dai clienti/pazienti emetteranno fattura all’INPS per l’importo relativo al Bonus Psicologo.
Il beneficiario dovrà utilizzare il contributo ottenuto entro 180 giorni dalla data di accoglimento della domanda.

Assegnazione del bonus

Il bonus psicologico è volto a sostenere le spese di assistenza psicologica. Le persone di ogni età che, durante il periodo della pandemia e di crisi economica, hanno vissuto condizioni di stress, ansia, depressione un aumento della fragilità psicologica, che siano nella condizione di beneficiare di un percorso psicoterapeutico possono farne richiesta.
I dati sul numero delle richieste a pochi giorni dall’avvio del bonus mostrano un bisogno di prestazioni psicologiche molto alto. È importante, quindi, fare presto la richiesta data la limitatezza del finanziamento fino a 10 milioni di euro.
Il bonus psicologico, viene erogato sulla base dei requisiti e delle modalità stabilite nel Decreto del Ministro della salute e del Ministro dell’economia e delle finanze. Si terrà conto, pertanto, dell’ordine di arrivo delle domande e si privilegeranno quelle corrispondenti ad un ISEE più basso.

Erogazione del Bonus Psicologo

Il contributo verrà riconosciuto, una sola volta, alle persone con un ISEE non superiore a 50mila euro, ma il beneficio sarà erogato dapprima alle persone con ISEE più basso, in base all’ordine di arrivo della domanda.
Nello specifico:

  • con ISEE inferiore a 15mila euro il beneficio (fino a 50 euro per ogni seduta) sarà erogato per un importo massimo di 600 euro per ogni beneficiario;
  • con ISEE compreso tra 15mila e 30mila euro il beneficio (fino a 50 euro per ogni seduta) sarà erogato per un importo massimo di 400 euro per ogni beneficiario;
  • con ISEE superiore a 30.000 e non superiore a 50.000 euro il beneficio (fino a 50 euro per ogni seduta) sarà erogato per un importo massimo di 200 euro per ogni beneficiario.

La dott.ssa Floriana De Michele, come sempre, è a disposizione per qualsiasi informazione

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Elettra e madre

Il Matricidio oggi

Fenomeno sociale

La cronaca ci pone davanti a situazioni che ci appaiono incomprensibili, aberranti, fuori da ogni possibilità di accettazione. Il matricidio è una di queste.
Nel quotidiano tendiamo ad allontanare queste circostanze perché troppo forti e difficili da concepire al fine di proteggere noi stessi e il nostro equilibrio. Risulta difficile accettare molte di queste dinamiche che ci appartengono a livello psichico e fanno parte della psiche universale e ne costituiscono il fondamento. Questa affermazione potrebbe sembrare molto forte, ma invito a seguire il ragionamento senza pregiudizi. Ogni cosa che l’uomo fa, in qualche modo, è immaginato, agito e non sempre pensato. L’immaginazione è il motore della nostra psiche.

Dinamiche psichiche

Consideriamo, allora, le situazioni aberranti come metafore e spostiamole a livello psichico. Iniziamo a comprendere, in questo modo, come le dinamiche ad esse sottostanti ci appartengano e ciò che appare inconcepibile altro non è che la messa in pratica delle stesse. In poche parole, l’agito rappresenta il limite e la presenza o meno di patologie.  Ora, ragioniamo sul matricidio a livello psichico. I figli che uccidono la propria madre. Come può un’azione così crudele, così fuori da ogni morale ed etica, appartenere a tutti? Come fa ad essere parte della nostra psiche? Per rispondere a queste domande dobbiamo affrontare, a grandi linee, lo sviluppo psichico di un individuo, in maniera tale da poter rintracciare tanti piccoli indizi che ci consentano di osservare il matricidio da un punto di vista diverso. Proviamo a fare  un passo indietro e ad  affrontare alcune dinamiche generazionali.

Donna figlia e madre

La madre, prima di diventare tale, è figlia. Non bisogna sottovalutare questo aspetto. Nel diventare madre la donna deve fare i conti con la “crisi evolutiva”, così definita dalla teoria sistemica. La figlia vive un momento delicato dove fa i conti con la figura materna, identificandosi con lei, infine, distaccandosi e separandosi. Dovrà interiorizzarla e conservare fino a quando interpreterà il suo ruolo. Il processo è evidente nei momenti di litigio, in cui per le figlie il bisogno di separazione e d’individuazione personale si fa palese. I comportamenti della propria madre vengono giudicati ed espressi:“io non sarò come lei con i miei figli”. Oppure, quando la donna resta incinta si ripromette di non commettere gli “errori”, che i propri genitori hanno commesso con lei , soprattutto, la madre. 

La nascita è un lutto?

Nell’ultima fase descritta il bambino viene idealizzato, viene, cioè, caricato di aspettative, di sogni, di speranze su quello che sarà o diventerà. Si da forma in tal modo ad una dinamica di “riscatto” del sé che coinvolge tutti gli elementi della vita dei futuri genitori. Frasi o idee come:“non ho fatto l’università”, “non sono andata bene a scuola”, “volevo avere più amici”, “volevo fare un lavoro più appagante”, ma anche “deve seguire le mie orme perché sono una persona realizzata”, “deve avere molti soldi” ecc… ne rappresentano l’esempio. L’atto di partorire riporta riconduce la donna nella realtà delle cose attraverso il dolore dell’espulsione dal proprio corpo del suo bambino interiore, ideale che diventa bambino reale. Il parto rappresenta un punto cardine nella psiche della madre-figlia e sarà vissuto anche come un “lutto”. 

Diade madre-bambino

La madre “incubante” deve cedere il passo alla madre “accudente”. Il nascituro è un essere “autonomo” nel respirare e nell’espressione di bisogni impellenti come quello di nutrirsi e la donna-madre deve fare fronte ad una nuova dipendenza, un nuovo equilibrio da realizzare. La fusione iniziale della diade madre-figlio inizia pian piano a sfaldarsi. Il processo psichico dell’individuazione è molto complesso ed avviene nel tempo, molto gradualmente. Si sviluppano sensazioni delicate di rinnovata identità da parte, non di un solo individuo, ma di due. Schematizzando al massimo, facciamo alcuni esempi di tale percorso. Durante l’allattamento, momento così intimo e personale, oltre al nutrimento fisico, la madre fornisce al bambino il proprio sguardo, dove egli si rispecchia.

Reverie o fase del rispecchiamento

La letteratura definisce questa funzione “reverie”. Una funzione di specchiamento reciproco attraverso cui i due soggetti  madre-figlio si ri-conoscono e si confermano nel proprio ruolo. Lo sguardo della madre riflette il bambino, lo riconosce, lo guarda come essere umano e gli consente di fare altrettanto. Lo sguardo della madre resta fondamentale anche quando il bambino inizia a esplorare l’ambiente, donandogli la fiducia necessaria in sé stesso. 

Sviluppo della fiducia come sicurezza

La capacità del bimbo di provare fiducia gli faciliterà il contatto con gli stimoli del mondo in modo autonomo. Egli cercherà nello sguardo materno. Il bambino incuriosito da qualcosa, la prima cosa che fa è volgersi alla madre. Nello sguardo leggerà se lo stimolo è sicuro ed affrontabile.  La madre è il mediatore con il mondo esterno e con tutti gli stimoli che da lì arrivano.

Tasselli che si ricongiungono

I tasselli pian piano cominciano a ricongiungersi. La mamma è in grado di riconoscere il bambino come essere a se stante, via via che le aspettative sul “bambino ideale” reggono alla prova nel confronto  con il “bambino reale”. Tale processo, tuttavia, rischia di far perdere la funzione di rispecchiamento alla donna se è fonte di desideri di riscatto eccessivi, surreali. Ciò significa che il bambino sarà sottoposto ad una tensione e ad una situazione d’ insicurezza nei confronti del mondo. Così la fiducia non si instaurerà.

Separazione ed individuazione

E’ appunto la madre, dunque, che nei mesi impara a riconoscere il suo bambino come soggetto sempre più autonomo, diviso da sé, aiutandolo ad individuarsi come persona. Come? Con quelle che vengono definite “frustrazioni”. Il bambino non percepirà più la madre come completamente soddisfacente perché non più completamente a sua disposizione. Lei imporrà delle regole per renderlo autonomo e faciliterà il superamento naturale della simbiosi reciproca. La letteratura ci insegna come. Melanie Klein, ad esempio, descrisse un “seno buono”  della madre nutriente, accudente, che fornisce cibo e consola il bambino. La stessa autrice descrisse anche un “seno cattivo”  della madre che si nega, che fornisce le frustrazioni necessarie alla crescita, che consente al piccolo di auto-consolarsi nel pianto, gli insegna l’attesa e lo sviluppo del desiderio.

Fase simbiotica 

All’inizio del rapporto madre-figlio, la situazione simbiotica è quella del “seno buono” dove ogni bisogno è naturalmente soddisfatto. Con il tempo viene presentato il “seno cattivo” ed i bisogni non sempre soddisfatti  vengono rinviati o repressi. Il bambino piange e la madre non arriva oppure rimanda o da un divieto, nega. Il piccolo che vive l’ambiguità emotiva e, come ci insegna M. Klein, si pone evolutivamente in una “posizione schizo-paronoide”.  

Funzione dell’odio

In questa fase evolutiva, l’odio per il “seno cattivo” è preminente : il bambino attacca il seno cattivo, vorrebbe eliminarlo, “ucciderlo”. Con la crescita e con numerosi altri procedimenti (non citati in questa sede,  il bambino si rende conto che il “seno buono” e il “seno cattivo” sono la medesima sostanza. Distruggere il seno cattivo vuol dire, quindi, dover comunque rinunciare anche al seno buono. Questo stato di cose porta il bambino a vivere un nuovo momento  evolutivo, quello della “posizione depressiva” in cui sperimenterà il sentimento della colpa dovuto all’odio provato per il “seno cattivo”.  

Matricidio

Durante lo sviluppo così detto “normale” il bambino supererà l’ambiguità affettiva attivando delle modalità riparative al fine di mantenere integro l’affetto materno e a non sentirsi cattivo. Abbiamo potuto osservare, però, che  le dinamiche di matricidio fanno parte dello sviluppo evolutivo e sono fondamenti della personalità. La “messa in atto” di queste dinamiche, dunque, non sembra così impossibile, rappresenta quello che, nel linguaggio tecnico, viene definito “acting”.

Dalla fantasia alla realtà

E’ il passaggio all’azione reale: qualcosa di psichico viene buttato nel mondo concreto, viene agito. Tutto quello che abbiamo detto fin ora, si svolge nel corso del tempo, di anni. Lo sviluppo psichico procede parallelo a quello fisico. L’individuo, infine, raggiunge l’ individuazione che tocca il suo culmine in età adolescenziale dando vita ad un’altra famosissima crisi evolutiva. Crisi per lo più dovuta alla necessità da parte del giovane di far coincidere il concreto con lo psichico. Infinita letteratura è stata scritta su questo momento dello sviluppo e tutti, in un modo o in un altro, ci siamo trovati ad avere a che fare con le necessarie e personalissime ribellioni per trovare la nostra identità.

Matricidio: figlia che uccide la madre

La letteratura classica psicologica e non, raramente prende in esame la figlia che uccide la propria madre. La questione diventa molto complessa! madre e figlia: due donne al confronto. Di loro si dice dell’amore e dell’affettuosità che sono solite manifestare, non si racconta dell’odio che provano reciprocamente. Si mescola l’individuazione con l’identificazione. Io figlia mi devo separare ed individuare come essere umano a sé stante, ma allo stesso tempo sono donna come lo è mia madre, lei è il mio specchio. Essere donna significa che sarò madre come lo è stata mia madre? Ciò é possibile  o è dovuto? Cerchiamo un aiuto sempre dalla letteratura.

Tipologie di rapporto madre-figlia

C.G.Jung, discepolo dissidente di S.Freud, fece uno studio approfondito sulla questione e suddivise il rapporto madre-figlia in 4 tipologie.

Prima tipologia 

Ipertrofia del materno: la madre troppo accudente nei confronti della figlia crea una copia di sé, la figlia si identifica con la madre e la sua identità è vincolata inesorabilmente alla maternità.

Seconda tipologia

Esagerato sviluppo dell’eros: la figlia si ribella alla madre per gelosia              e questa rivalità, data da una identificazione sotterranea, sfocia nella            tipologia di relazioni competitive, nella continua ricerca di sfide con              altre donne.

Terza tipologia

Identità con la madre: anche in questo caso la figlia si identifica completamente alla madre e la sua energia vitale viene risucchiata dalla madre in carne ed ossa, non dalla maternità.

Quarta tipologia

Difesa reattiva nei confronti della madre: la figlia viene intrappolata nella dipendenza e manifesta ostilità e mancato riconoscimento, la figli non riesce ad identificarsi e dà vita a quello che viene definito “complesso materno negativo”.

Complesso materno negativo

Questo può manifestarsi anche in maniera violenta e sfociare nell’odio, nelle aperte ostilità e, se molto forte, può effettivamente passare all’acting. È protezione? È patologia? È necessità? Rispondere a queste domande è impossibile e bisognerebbe analizzare ogni singolo caso per avviare un percorso che porti ad una soluzione, ad un abbassamento della tensione per favorire una sana individuazione. Per concludere e chiudere il nostro cerchio, vorrei rinarrare una favola, che rappresenta e spiega un aspetto del matricidio e di quello detto fino ad ora: Biancaneve, ma non la versione della Disney, bensì la prima versione dei fratelli Grimm del 1812 che potete trovare qui  . Ad alcuni sorprenderà che nella prima stesura, quella che poi sarà “la matrigna” è in realtà la madre naturale di Biancaneve.

Caso di Biancaneve

Rileggendo con la lente delle teorie presentate fino ad adesso, comprendiamo come il rispecchiamento sia fondamentale. Se la madre vede sé stessa, sicuramente nega il lutto del bambino ideale, nega l’identità alla propria figlia o figlio e scatena quello che Jung ha definito complesso materno negativo. Il passaggio all’azione è di una figlia che deve morire per resuscitare e “riscattarsi”, una figlia che rimane comunque in balia degli eventi, che non reagisce nella sua teca di vetro, una figlia che non è in grado di affrontare la vita se non facendo da “madre” a creature emarginate e sfruttate.

Vittima o Assassina/o

L’interrogativo è ambiguo e volutamente irriverente: chi è la vittima? Chi è l’assassino? Domande che non possono avere una risposta.
Per concludere, il matricidio fa in qualche modo parte della nostra natura e costituisce un “complesso” psichico di fondamentale importanza. Quando, tuttavia,  un complesso diventa troppo forte, fino a diventare incontenibile, esplode nel concreto e finisce per manifestarsi in azioni aberranti che ci destabilizzano.

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